· Città del Vaticano ·

Dedicato alla partecipazione democratica l’appuntamento dei cattolici italiani che si apre domani e si conclude domenica alla presenza del Papa

La Settimana di Trieste e la Dottrina sociale camminano insieme

 La Settimana di Trieste  e la Dottrina sociale  camminano insieme  QUO-148
02 luglio 2024

La cinquantesima Settimana Sociale che si apre domani, 3 luglio, sarà celebrata in continuità con la sua storia e con il dinamismo che il tempo attuale richiede, espressione di quella caratteristica con cui Benedetto xvi , nell’enciclica Caritas in veritate, definì la dottrina sociale della Chiesa, quella di una fedeltà dinamica. Scrivendo della coerenza del corpus dottrinale della dottrina sociale, affermò: «Coerenza non significa chiusura in un sistema, quanto piuttosto fedeltà dinamica a una luce ricevuta. La dottrina sociale della Chiesa illumina con una luce che non muta i problemi sempre nuovi che emergono» (n. 12).

Coerente alla vocazione di essere il luogo nel quale i cattolici fanno discernimento sulle questioni sociali più urgenti del nostro tempo, in un clima ecclesiale che è quello del Cammino sinodale della Chiesa in Italia, i delegati di Trieste si metteranno alla scuola dell’enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco.

Una Settimana sociale è diversa da un convegno di Dottrina sociale della Chiesa, come anche da un Convegno ecclesiale: nel corso di un secolo essa ha assunto una fisionomia che ha risposto ai segni dei tempi e ha incarnato l’ecclesiologia del Concilio Vaticano ii . La prima Settimana sociale del 1907, grazie al suo principale ispiratore, Giuseppe Toniolo, ha dato voce ai cattolici che sentivano l’esigenza di essere presenti nella società e nella politica italiane con maggiore incisività, portando la ricchezza della loro visione; fino agli anni Settanta, i cattolici hanno fatto discernimento sulle grandi questioni sociali che riguardavano la vita del Paese e le sue trasformazioni, con tematiche sempre attente alle grandi sfide della storia, come ad esempio quella su Costituzione e Costituente nella Settimana di Firenze, nel 1948.

Le Settimane sono tornate agli inizi degli anni ’90, dopo una parentesi di circa vent’anni, e hanno sempre avuto uno sguardo rivolto alla dottrina sociale, che offre i criteri per il discernimento comunitario. Dopo la Settimana di Taranto, nella quale lo studio e le scelte sono state illuminate dalla Laudato si’, oggi, il tema della partecipazione alla vita democratica, sollevato dalla Fratelli tutti, è all’attenzione di quanti hanno a cuore il bene comune.

Il documento preparatorio della Settimana non ha voluto essere un cahier de doleances di ciò che manca alla politica e alla società, con una narrazione che racconta soprattutto un’Italia dei «senza cittadini, senza abitanti, senza fedeli, senza lavoratori».

Si ribadisce: «Possiamo dispiacerci della mancata partecipazione, del non voto, della fuga dalle chiese, del disinteresse per molti temi sociali e politici, cercando di portare — impresa impossibile — le persone a fare le cose che un tempo facevano spontaneamente. Oppure possiamo provare a comprendere che cosa desiderano, cosa cercano».

La preparazione alla Settimana — non dimentichiamo che non è un evento, ma un processo — è stata caratterizzata dall’ascolto, impresa facilitata dal clima ecclesiale del Cammino sinodale, in cui si sono focalizzate le fatiche e i desideri della partecipazione alla vita dell’Italia e le buone pratiche di presenza su tutto il territorio nazionale, con uno sguardo sempre aperto al mondo.

Nel report dei percorsi preparatori sono emerse le fatiche della partecipazione, a cui abbiamo potuto dare nomi precisi: la carenza di figure, di pratiche e di capacità di mediazione; la carenza di «corpi intermedi» che accompagnino i processi di trasformazione sociali, specie quelli del «sistema Paese».

Le buone pratiche, raccolte nei villaggi delle Piazze di Trieste in un centinaio di stand, daranno l’idea di un’azione che partecipa alla vitalità dei territori; altre hanno un capitale di cultura, come le scuole di formazione all’impegno socio-politico, che non si può «materializzare» in uno stand, ma che certamente ha reso e sta rendendo consapevoli tanti uomini e donne sul loro ruolo nella società e nella politica.

Le relazioni sul tema della democrazia presenteranno una visione, che affonda le sue radici nel personalismo comunitario e che nel corso del ventesimo secolo e nei primi due decenni del xxi , ha dialogato con tante altre visioni antropologiche e politiche, ma non ha perso la sua identità, grazie al discernimento costante fatto alla luce della dottrina sociale della Chiesa.

Le relazioni sulla cura della democrazia nell’ora presente, sulla necessità di costruirla in prima persona, sulla sua grammatica, sul rapporto tra cittadinanza e istituzioni, costituiranno il punto di partenza per i tavoli della partecipazione in cui i circa mille delegati si confronteranno e condivideranno soprattutto le attese di chi vuole vivere da testimone del Vangelo il momento presente.

Per la prima volta non ci si è voluti fermare alle relazioni e ai tavoli, ma sono state organizzate le Piazze della democrazia, che presenteranno il variegato e complesso mondo delle questioni sociali del momento. Temi come la cura delle periferie o la democrazia digitale, sono alcune delle grandi questioni su cui i cattolici potranno trovarsi uniti con tutti coloro che hanno a cuore il bene comune dell’umanità.

Ma è la Fratelli tutti che ci dà i criteri per rileggere il senso della partecipazione alla vita democratica dell’Italia e dell’Europa. Avremo a cuore, nel suo insegnamento, la memoria contro ogni revisionismo, il concetto di popolo, il dialogo sociale.

Al n. 14 dell’enciclica Papa Francesco aiuta a interrogarci su alcune espressioni come democrazia, libertà, giustizia, unità, che sono state manipolate e deformate da forme di revisionismo storico. La democrazia ha una sua storia da non dimenticare e tempi di sconfitte ed emarginazione, superati anche grazie al sacrificio di alcuni. Occorre inoltre recuperare il concetto di popolo, «che non è una cosa automatica, anzi: è un processo lento, difficile... verso un progetto comune» (n. 158). Senza questo recupero avremmo la deriva dei populismi e la perdita della democrazia.

Infine, l’attenzione al dialogo sociale, «che non esclude la convinzione che è possibile giungere ad alcune verità fondamentali che devono e dovranno essere sempre sostenute» (n. 211).

Dal presidente della Repubblica italiana giungerà certamente un messaggio di speranza, alla luce della Costituzione che è garanzia di democrazia per tutti; il Papa ci aiuterà ad incarnare la carità sociale e politica che continua a edificare silenziosamente il Paese.

*Arcivescovo di Catania
presidente del Comitato scientifico
e organizzatore delle Settimane sociali

di Luigi Renna *