· Città del Vaticano ·

L’intervista Maurizio Cattelan risponde alle domande delle donne della Giudecca

Vulnerabilità e innocenza: questo mi interessa

 Vulnerabilità e innocenza: questo mi interessa  ODS-023
06 luglio 2024

«Perché i piedi?». «Cosa vogliono dire quei piedi sporchi e consumati?». A intervistare Maurizio Cattelan e a chiedergli di spiegare l’affresco che ha scelto di realizzare per il Padiglione della Santa Sede alla Biennale di Venezia sono le stesse donne che in questi giorni accompagnano i visitatori tra opere d’arte e vite recluse all’interno della Casa di reclusione femminile della Giudecca. «L’Osservatore di Strada» le ha incontrate e ha chiesto loro di preparare una serie di domande da rivolgere all’autore, uno dei protagonisti della scena artistica contemporanea e di questa originale iniziativa della Santa Sede.

Solo alcune di loro hanno potuto vedere l’opera intitolata “Father” che ricopre l’intera facciata esterna dell’antica chiesa della Maddalena e che è un tutt’uno con le mura perimetrali della casa di reclusione. Le altre l’hanno vista attraverso qualche fotografia, come quella che c’è sui fogli degli appunti che stringono tra le mani per sentirsi più “sicure” mentre vestono i panni di guide. Molte hanno incontrato di persona Cattelan e ne conservano un ricordo gioioso, nel quale la parola più ricorrente è «grazie». E proprio con un “grazie”, che abbraccia tutti coloro che hanno pensato e realizzato il Padiglione della Santa Sede, comincia questa intervista tra le residenti della Casa di reclusione femminile della Giudecca e l’artista.

Il carcere non è per niente rose e fiori. Perciò vogliamo dire grazie a lei e a tutti gli artisti che hanno portato tra queste mura un’aria diversa. Che significa per un artista uscire dai musei e dalle gallerie ed entrare in un luogo come questo, tra persone come noi?

Grazie a voi! È stato un momento importante, mi ha dato la possibilità di vedere il mondo con i vostri occhi, come recita il titolo del padiglione, di mettermi nei panni di una persona a cui è stata tolta la libertà. Spero che abbia portato qualcosa in cambio anche a voi: penso sia molto importante che questi momenti di incontro tra dentro e fuori siano di vero scambio, e non solo così per dire.

Da cosa è nato il suo “piacere” per l’arte?

È successo per caso: ho visto un’opera d’arte in una vetrina di una galleria nella città dove abitavo e ho pensato che mi sarebbe piaciuto fare arte per vivere, mi era sembrata l’unica opzione piacevole. Ho fatto ogni genere di lavoro, dall’infermiere al becchino, ed ero sempre più sicuro di non voler lavorare come dipendente.

All’inizio della visita al Padiglione, noi presentiamo la sua opera. Parliamo anche del suo percorso artistico, dei riferimenti al Mantegna e al Caravaggio. Ma se dovessimo usare parole sue, cosa dovremmo dire? Perché non ha scelto la figura intera, ma un particolare, quello di due piedi? Che cosa significano quei piedi sporchi e consumati?

Il mio lavoro consiste nel creare immagini, e spesso per farlo faccio riferimento a opere che esistono già nella storia dell’arte, cambiandole e rendendole attuali. I piedi nudi sono una parte del corpo che raramente è in vista, perché li teniamo chiusi dentro le scarpe la maggior parte del tempo. I piedi nudi sono un segno di vulnerabilità e di innocenza: li “indossano” solo i bambini che non camminano o le persone che vivono in strada e non hanno alternative, e per questo mi interessano. Qualche tempo fa ho visto una persona che camminava senza scarpe in città, chiaramente per scelta. Tutti lo guardavano come se avesse perso la testa, e invece ho scoperto che è un movimento, si chiamano “scalzisti”.

Nelle sue opere c’è il bene e il male?

Credo che in quelle meglio riuscite il male e il bene coesistano, come nella vita.

Fin qui le domande di Giulia, Paola, Marceby, Antonella, Rosaria, Patrizia e Angelica residenti della Giudecca. Ma ce né un’altra che riguarda direttamente «L’Osservatore di Strada» che non possiamo fare a meno di rivolgere a Maurizio Cattelan.

Perché proprio noi? Perché ha pensato per la sua partecipazione al Padiglione della Santa Sede anche alla realizzazione di un’opera editoriale, affidandola proprio a un giornale di strada come il nostro?

Mi ha sempre interessato rivolgermi al pubblico più ampio possibile, e non solo a quello specializzato dell’arte. Credo che sia importante parlare a tutti attraverso le opere: prenda gli artisti citati in una delle domande, ad esempio, Mantegna e Caravaggio, entrambi hanno lavorato per trovare un linguaggio che fosse leggibile da tutti, pur nell’innovazione.