· Città del Vaticano ·

DONNE CHIESA MONDO

La mia Maria
Il monologo tratto dal testo di Erri De Luca

Così materna e lucida

 Così materna e lucida   DCM-007
06 luglio 2024

In nome della madre mi era piaciuto subito. Avevo letto il libro di Erri De Luca quando era uscito, molto tempo prima della mia interpretazione in teatro. E – ricordo - l’avevo messo su una mensola dove conservo i libri speciali, quelli che rimangono nel cuore.

Del testo mi aveva colpito la spiritualità così intensa, il mistero contenuto nelle piccole cose nel quotidiano – un cielo stellato, una carezza, l’odore del sale - le parole semplici che definivano e, nello stesso tempo, lasciavano il cuore aperto ad ogni movimento interiore. Mi aveva colpito Miriam - Maria, la donna che parla, che racconta e che, con la sua storia, prende e coinvolge.

Quando mi è stata fatta la proposta di realizzare una trasposizione teatrale di quel testo è successo qualcosa: con Maria sono entrata in simbiosi. Mi è sembrata di comprenderla, di entrare in contatto intimamente e intensamente. Non me l’aspettavo. In realtà un rapporto con lei lo avevo sempre avuto. Lo avevo da anni, fin da bambina, ma era segreto. Forse addirittura non consapevole. Non ho ricevuto una educazione cattolica, ma quando mi fu data una Madonnina d’argento risalente al mio battesimo la custodii ben nascosta in un cassetto. A lei mi rivolgevo nei momenti difficili, quando volevo un consiglio o una consolazione e la sua luce mi rincuorava.

Portare sulla scena il testo di Erri De Luca ha significato forse far emergere qualcosa che avevo dentro di me. Mi tornavano in mente le parole di Dante della preghiera di San Bernardo:

Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d'etterno consiglio…

Interpretare la Madonna era difficile. Era lecito? Ne avevo timore.

Dovevo dare voce, gesti, pensiero alla figura femminile più nota e più importante della storia dell’umanità. Avevamo però un punto in comune: la sfera della maternità, profonda, ricca, misteriosa, quello speciale essere due, quel dialogo irripetibile. La nascita di un figlio resta sempre dentro, ti può far pensare e sognare per tutto il tempo della tua vita. Questo era avvenuto per Maria. Questo è vero per ogni donna.

Mi sono accorta che dovevo smontare tutto. Il mio mestiere, quello che avevo svolto per anni, tante figure femminili, donne comuni, tragiche, eroine non mi bastavano. Per interpretare Maria non avevo nessun precedente al quale poggiarmi, dovevo esplorare altri territori, dovevo dare uno spessore, un colore, alla madre di Gesù. Che lingua parlava Maria? Che tono, che accento dovevo usare per una donna misteriosa e concreta, grande eppure terrena, semplice? Ecco ho pensato, ho sentito che non mi potevo limitare solo all’italiano, alla lingua pur meravigliosa del testo. Maria mi chiedeva un’inflessione speciale, che non fosse immediatamente identificata. Che fosse solo sua, ma che comprendesse tutte. Ma non ci ho pensato molto. E’ emerso un accento mediorientale, qualcuno mi ha detto. È venuto così, naturalmente. Ed è stato giusto: Maria era una donna palestinese.

La prima volta in teatro, eravamo pochi, una prova aperta, e ho avuto timore. C’ero solo io davanti al pubblico. Un monologo, senza una musica, senza un’ interruzione, un costume, un effetto speciale. Solo uno sgabello e un velo e Maria che parla, racconta, sogna, ha paura, soffre, spera. Il tema, il contenuto: la maternità, l’amore per il figlio, la paura di perderlo, e poi di nuovo la gioia, il ricordo, sentimenti che si rincorrono e si ripetono in uno svolgimento volutamente uguale a se stesso. Eppure – ho scoperto - la monotonia incanta, avvolge lo spettatore, le parole di Maria lo prendono, lo rendono partecipe di un mistero. Maria è insieme vera e sacra. Ed è tenera, spiritosa! Complice e materna con Giuseppe. Lucida e coraggiosa. Ogni volta che il monologo comincia e la luce illumina la figura sul palcoscenico per me comincia un viaggio. Che mi porta da lei. Ogni volta mi accorgo che chi mi ascolta – chi ascolta Maria - mi segue.

di Galatea Ranzi
Attrice. In teatro è stata diretta negli anni da grandi registi in ruoli classici - Elettra, Gertrude, Antigone, Mirandolina. Al cinema ha esordito con i fratelli Taviani, è tra i protagonisti del film di Paolo Sorrentino “La grande bellezza” e di svariati film di successo.