· Città del Vaticano ·

Papa Francesco ai partecipanti al capitolo generale della Società del Verbo Divino

Costruttori di pace
e profeti di speranza

 Costruttori di pace  e profeti di speranza   QUO-146
28 giugno 2024

Essere «costruttori di pace» e «speranza profetica»: è il mandato affidato dal Pontefice ai membri della Società del Verbo Divino. Francesco li ha ricevuti in udienza stamane, venerdì 28 giugno, nella Sala Clementina, in occasione del xix capitolo generale, che ha per tema «Risplenda la vostra luce davanti agli uomini» (Mt 5, 16). In un mondo «ferito da conflitti e guerre, la pace è il grido della gente» ha detto il Papa ai verbiti, invitandoli anche ad essere «missionari della sinodalità» in una Chiesa “in uscita”.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

Saluto innanzitutto il Superiore generale, nominato arcivescovo di Ende, in Indonesia.

Avete scelto un tema suggestivo per il Capitolo Generale: «“Risplenda la vostra luce davanti agli uomini” (Mt 5, 16): discepoli fedeli e creativi in un mondo ferito». Il Capitolo è un momento di riflessione sul carisma e sulla missione di una congregazione, e poiché voi siete la Società del Verbo Divino, in questi giorni ritornate alla sorgente della vostra identità che è il Signore, Parola di salvezza.

La Parola genera, dà vita, ispira, motiva: è il punto focale della vostra missione. La Parola, che in Gesù si è fatta carne, ha mostrato il volto del Padre, il suo amore misericordioso. Così il Verbo incarnato è diventato la luce del mondo; e ai suoi discepoli ha detto: «Risplenda la vostra luce davanti agli uomini» (Mt 5, 16). Come è possibile questo? Stando con Lui e andando, rimanendo nel suo amore e testimoniandolo. Questa è la via che lo rende possibile. «L’evangelizzazione richiede la familiarità con la Parola di Dio» (Evangelii gaudium, 175). E questa, fratelli, è la sorgente dalla quale sempre nascete e rinascete come discepoli fedeli e missionari creativi. Fermiamoci un momento su questi due aspetti.

Discepoli fedeli. Tutti i battezzati sono chiamati a essere discepoli missionari, e la fedeltà a questa vocazione è il nostro impegno, sempre con la grazia di Dio. Il discepolo fedele si vede dalla gioia del Vangelo che traspare dal suo volto, dal suo stile di vita, con cui trasmette agli altri l’Amore che lui per primo ha ricevuto e riceve ogni giorno. Sperimentare l’Amore trinitario e alimentare la fiamma dello Spirito è il valore centrale per crescere come discepoli e religiosi missionari. È questa fiamma che quotidianamente ci rinnova, purificandoci e trasformandoci, mentre siamo in cammino con i nostri peccati e in mezzo alle seduzioni del mondo, ma coraggiosi e fiduciosi nella misericordia di Dio, che perdona sempre: e noi dobbiamo perdonare sempre. Mai negare un’assoluzione: perdonare sempre.

Missionari creativi. Da dove viene la creatività vostra? Quella buona, sana, non quella apparente, che sempre è autoreferenziale e mondana. Invece, la missionarietà sana viene dalla Parola e dallo Spirito, cioè da Cristo vivo in voi, che vi rende partecipi della sua missione. È Lui che attira i cuori, non siamo noi! È lo Spirito il protagonista, e la nostra “arte” è quella di lavorare con tutte le forze, spendendo tutti i nostri talenti, nella certezza che è sempre Lui che opera, è Lui che crea e il nostro agire è docilità, è strumento, è “canale”, riflesso, trasparenza… Voi operate in 79 Paesi: siete lì per annunciare il Vangelo e «rendere presente nel mondo il Regno di Dio» (Evangelii gaudium, 176). Questo — lo sapete bene — si fa nella condivisione della gioia più che con l’imposizione di obblighi. Le attività missionarie creative nascono dall’amore per la Parola di Dio; la creatività nasce dalla contemplazione e dal discernimento. E anche se è buona l’azione creativa personale, quella comunitaria è migliore per l’unità e la forza della Chiesa.

Cari fratelli, vi ringrazio perché le vostre “linee” capitolari mi permettono di sottolineare anche alcune urgenze attuali.

La prima: essere costruttori di pace. Il mondo è ferito da conflitti, guerre, distruzioni, anche distruzione dell’ambiente, violenze contro la vita e la dignità umana, ideologie fondamentaliste e altre piaghe, tante. La pace è il grido della gente: ascoltiamo questo grido e diventiamo costruttori di pace! Gesù Risorto ha ripetuto più volte agli Apostoli: «Pace a voi» (Gv 20, 19.21.26). Li vuole seminatori di pace. «Pace a voi». E poi ha detto: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (v. 21). Portiamo a tutti la pace di Cristo, specialmente ai poveri, ai migranti — soffrono tanto! —, alle donne discriminate, ai bambini, agli esclusi. Dio ha ascoltato il grido del popolo schiavo (cfr. Es 3, 9); non chiudiamo le orecchie al grido degli schiavi di oggi, e siamo creativi nel costruire la pace.

La seconda urgenza: essere speranza per ogni cultura. Voi dovete essere speranza per ogni cultura. Alla vigilia dell’anno giubilare, in un mondo ferito, le nostre comunità devono diventare segni di speranza. E questa è una profezia. Questo significa, prima ancora che dare speranza, essere speranza, esercitando il carattere che ci viene dal Battesimo, di essere speranza. Per voi, la consacrazione secondo il carisma originario viene a confermare e rafforzare il dono battesimale e diventa impegno di testimonianza, nei diversi contesti sociali e culturali in cui vi trovate. “Essere speranza profetica per ogni cultura”. È una bella sfida, questa! Solo la Chiesa può rispondervi, perché fin dall’inizio è animata dallo Spirito della Pentecoste. A me piace leggere nel Libro degli Atti degli Apostoli: cosa fa lo Spirito Santo? C’è confusione, parlano tutti, ma si capiscono tutti! Tante volte, nelle confusioni lo Spirito porta la Chiesa avanti. Non avere paura dei conflitti! Voi non create conflitti, ma non abbiate paura dei conflitti, non abbiate paura della confusione della cultura odierna. Lo Spirito può entrare lì. “Essere speranza per ogni cultura”. Voi siete esperti di interculturalità, è una delle conseguenze del vostro carisma, farvi esperti di interculturalità. Nel corso degli anni avete imparato a vivere la missione rispettando ogni cultura e ogni popolo. Ma ci vuole discernimento. Oggi, attraverso Internet e i social media, si rischia di accettare tutto indiscriminatamente, influenzando lo stile di vita e i valori delle persone. Invece San Giovanni Paolo ii disse: «Suscitare una nuova cultura dell’amore e della speranza ispirata dalla verità che ci rende liberi in Cristo Gesù. Questo è lo scopo dell’inculturazione».1 Ci vuole discernimento: chiedete allo Spirito Santo questa grazia del discernimento.

Terzo aspetto di attualità: essere missionari della sinodalità. La Chiesa che “esce” è aperta agli altri. È una comunità accogliente e avvolgente dove il Signore vive e lo Spirito è attivo. La Chiesa che esce è estroversa, invece una Chiesa settaria è introversa. Sempre aperti, con il cuore in mano! Oggi questa Chiesa deve crescere con un approccio sinodale, ascoltando tutti, dialogando con tutti e discernendo nello Spirito Santo quale sia la missione. La sinodalità non è una cosa di moda, «è di per sé missionaria e, viceversa, la missione è sempre sinodale» (Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale, 20 ottobre 2024). Pertanto, vi incoraggio a promuovere la sinodalità in ogni aspetto della vostra vita: lasciate che ogni comunità cresca e goda di uno stile sinodale in cui tutti si sentano ascoltati e accolti. Infine, fate ciò che lo Spirito dice, ma è importante il processo in cui lo Spirito si muove in modo delicato, tra i popoli semplici e nei luoghi più lontani.

Cari fratelli, nel 2025 celebrerete il 150° anniversario di fondazione della Società del Verbo Divino. Nei vostri cuori vibra la gratitudine a Dio per il suo immenso amore, che vi ha spinto ad andare in ogni parte del mondo a predicare la Parola e a diffondere l’amore di Dio, a formare comunità, a servire i poveri, a cercare la giustizia per la gente, l’educazione e l’emancipazione, a curare l’ambiente. Con questo animo grato riflettete su come condividere oggi la gioia della risurrezione di Gesù in modo creativo. Sant’Arnold Janssen ha saputo discernere la volontà di Dio e ha fatto camminare la Società secondo lo Spirito: questo è il carisma di un fondatore! A voi oggi, seguendo questo carisma, con il suo esempio e la sua intercessione, tocca fare il discernimento comunitario e fare passi coraggiosi nell’umiltà e nell’abbandono fiducioso a Dio. Grazie per ciò che siete e per ciò che fate. Vi benedico di cuore. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie.

 

1 Discorso ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura (10 gennaio 1992), 10.