«Siamo sicuri di voler continuare a chiamare “intelligenza” ciò che intelligenza non è?». È con questa provocazione che il Santo Padre ha concluso il discorso rivolto il 22 giugno scorso ai partecipanti alla Conferenza internazionale annuale della Fondazione Centesimus Annus pro Pontifice.
Questa domanda provocatoria racchiude tutto il senso dell’incontro svoltosi a Roma il giorno prima, 21 giugno, presso il Pontificio Istituto Patristico Augustinianum, sul tema «Intelligenza artificiale generativa e paradigma tecnocratico: come promuovere il benessere dell’umanità, la cura della natura e un mondo di pace».
I lavori, partendo dalla domanda «a cosa serve l’Intelligenza artificiale (ia)?» si sono posti, con un approccio antropocentrico, un triplice obiettivo: capire a che punto siamo nel processo di sviluppo dell’ia generativa, quali sono i benefici, i rischi e i problemi che solleva; quali sono gli impatti attuali e prospettici che la stessa produce sull’economia, la società e la pace e se sia possibile fare in modo che lo sviluppo digitale sia guidato dalla Dottrina sociale della Chiesa; e se l’innovazione scientifica possa trovare un limite quando sia a danno dell’umanità.
Il Santo Padre ha molto apprezzato la scelta del tema «perché l’ia influenza in modo dirompente l’economia e la società e può avere impatti negativi sulla qualità della vita, sulle relazioni tra le persone e tra Paesi, sulla stabilità internazionale e sulla casa comune». Questi impatti negativi sono stati tutti toccati in modo trasversale e multidisciplinare dai vari relatori, studiosi ed esperti provenienti da diversi Paesi.
Dalla Conferenza sono emerse alcune indicazioni comuni: innanzi tutto che l’ia, compresa quella generativa, è una innovazione complessa e articolata che va conosciuta in profondità, che è e deve essere valutata e gestita come uno strumento al servizio dell’essere umano, non il fine, che deve essere regolamentata attraverso norme globali, che il suo sviluppo e utilizzo non può prescindere dall’etica che va inglobata nel processo di sviluppo dell’ia, quindi negli stessi algoritmi e che Papa Francesco chiama “algoretica”, nelle modalità di utilizzo e di gestione e controllo.
Al tema della produzione di algoritmi etici e dell’utilizzo etico dell’ia da parte delle istituzioni, delle aziende e delle persone è stato dato molto spazio. Ed è stato osservato che per ispirare il processo innovativo all’etica bisogna averla interiorizzata e che oggi non è proprio così. Pertanto, sono state proposte azioni diffuse e trasversali per stimolare una produzione e uno sviluppo etico dell’ia che vanno dalla regolamentazione agli incentivi, dall’educazione alla comunicazione.
Perché l’ia, e soprattutto quella generativa, sia veramente uno strumento al servizio di tutti gli esseri umani bisogna renderla conoscibile, universale, generale, trasparente e soprattutto rispettosa dei diritti fondamentali delle persone. In questo modo si eviterebbe anche un ulteriore pericolo che è stato evidenziato da alcuni relatori e cioè quello di aumentare ulteriormente il già elevato potere di pochi giganti tecnologici. Spesso, infatti, le dinamiche di profitto e la concentrazione di potere portano a trascurare i rischi per raggiungere obiettivi immediati; questo pericolo è stato sottolineato dal Santo Padre nel suo discorso.
Papa Francesco ha ricordato che l’ia deve rimanere uno strumento nelle mani dell’uomo, mantenendone il controllo per evitare i purtroppo possibili effetti negativi che porterebbero «a rafforzare il paradigma tecnocratico e la cultura dello scarto, la disparità tra le nazioni avanzate e quelle in via di sviluppo, la delega alle macchine di decisioni essenziali per la vita degli esseri umani».
Il Papa ha citato Stephen Hawking, il quale ha affermato che lo sviluppo completo, non regolato e senza etica dell’ia potrebbe segnare la fine della razza umana. «È questo il futuro che vogliamo?» si è chiesto Francesco.
La terza sessione della Conferenza si è proprio occupata di analizzare se sia possibile individuare un limite all’evoluzione scientifica quando questa sia un pericolo per l’esistenza stessa dell’umanità. La risposta è stata la proposta di una regolamentazione globale dell’ia, con l’istituzione di un’Autorità mondiale cui competa il ruolo di analizzare e valutare le modalità di sviluppo dell’innovazione tecnologica, emani regole comuni e ne controlli l’applicazione. La regolamentazione dovrà essere estremamente flessibile, poiché l’ia continua ad evolversi rapidamente.
Durante la Conferenza si è discusso anche dell’impatto specifico dell’ia sul mondo del lavoro. Molti nuovi impieghi potrebbero emergere, ma ci saranno anche lavoratori che si troveranno schiacciati tra il vecchio e il nuovo mondo. È necessario un grande sforzo di accompagnamento e sensibilizzazione da parte delle organizzazioni e delle istituzioni per supportare queste persone, offrendo formazione e soluzioni innovative.
Il Santo Padre ha incoraggiato la Fondazione Centesimus Annus a continuare a occuparsi del tema e ha indicato alcuni ulteriori approfondimenti. I lavori nonostante le tante inquietudini hanno lasciato un senso di ottimismo e fiducia perché attivando le energie positive e agendo insieme si possono trovare soluzioni capaci di rendere l’umanità più coesa e migliorare il benessere generale. Papa Francesco ricorda che la nostra creatività di esseri umani, con la guida della Parola di Dio, può portare a uno sviluppo e un utilizzo positivo di questa straordinaria evoluzione tecnologica; è però necessario un impegno collettivo, maturare una consapevolezza globale riguardo ai rischi associati all’ia e attivare una comune volontà di cambiamento.
Nello specifico sono emerse le seguenti indicazioni: le istituzioni educative possono e devono giocare un ruolo cruciale nel preparare le future generazioni a un uso etico e responsabile di queste tecnologie; il mondo della comunicazione può far conoscere le potenzialità positive dell’ia e garantirne un utilizzo al servizio dell’umanità; il dialogo interculturale e interdisciplinare può aiutare a comprendere meglio le implicazioni etiche e sociali dell’ia; la collaborazione internazionale può agevolare l’introduzione di standard e regolamentazioni condivise che possano mitigare i rischi e massimizzare i benefici dell’ia; tutte le voci, specialmente quelle delle comunità più vulnerabili vanno ascoltate e considerate nei processi decisionali.
Solo attraverso un impegno collettivo e coordinato possiamo garantire che l’ia sia uno strumento al servizio dell’umanità, in grado di promuovere il benessere e la coesione sociale su scala globale e assicurare così che l’Intelligenza Artificiale contribuisca a un futuro equo e sostenibile per tutti.
di Anna Maria Tarantola
Presidente della Fondazione Centesimus Annus pro Pontifice