«Uno stile sinodale di pensare, di sentire e di fare», ispirandosi a san Juan Diego, da promuovere in tutta la regione latinoamericana per costruire «ponti di riconciliazione, d’inclusione, di fratellanza». Lo ha chiesto Papa Francesco ai partecipanti all’assemblea plenaria della Pontificia commissione per l’America latina ricevuti in udienza stamane, giovedì 27 giugno, nella Biblioteca privata del Palazzo apostolico vaticano. Di seguito una nostra traduzione dallo spagnolo del discorso del Pontefice.
Cari fratelli e sorelle,
Sono lieto d’incontrare voi membri e consiglieri della Pontificia Commissione per l’America Latina che sta celebrando la sua Assemblea plenaria. Ringrazio il cardinale Robert Prevost per le sue parole. Saluto molto cordialmente i membri, gli invitati e il gruppo che lavora ogni giorno dalla Santa Sede al servizio della Chiesa nella regione.
Le tre domande a cui cercherete di rispondere in questi giorni di lavoro sono molto importanti: Quali pratiche promuovere rispetto allo sviluppo nella regione “toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo”? Come evangelizzare l’ambito sociale promuovendo la fratellanza di fronte al fenomeno della polarizzazione? Quale servizio deve prestare la cal alle conferenze episcopali, al celam e ai dicasteri della Santa Sede?
Se guardiamo attentamente, tutte queste domande non riguardano soltanto questioni che la realtà attuale c’impone di affrontare, ma fanno anche parte della riforma sinodale che l’intera Chiesa deve abbracciare per far trasparire di più e meglio il vero volto di Gesù Cristo.
Di fatto, il Concilio Vaticano ii ci ha invitati a un profondo rinnovamento. Lo dimostrano i discorsi pronunciati da san Giovanni xxiii e san Paolo vi all’inizio della prima e della seconda sessione dei lavori del Concilio. Il primo parlò di aggiornamento (San Giovanni xxiii, Discorso di apertura del Concilio Vaticano ii, 11 ottobre 1962, n. 6). Il secondo di “florido rinnovamento della Chiesa” (San Paolo vi, Allocuzione di apertura della ii sessione del Concilio Vaticano ii, 29 settembre 1963). Anche il Decreto sull’ecumenismo dello stesso Concilio Vaticano ii afferma con coraggio che “la Chiesa peregrinante è chiamata da Cristo a questa continua riforma di cui, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno” (n. 6).
In questa stessa linea, mi piace ricordare le incisive parole del cardinale Ratzinger quando pensava alla “vera riforma” della Chiesa: “La riforma — cito — è sempre una ablatio: un togliere, affinché diventi visibile la nobilis forma, il volto della Sposa, e insieme a esso anche quello dello Sposo, il Signore vivo. Una tale ablatio, una tale “teologia negativa”, rappresenta una via verso una meta molto positiva. Solo così penetra il Divino e solo così nasce una congregatio, un’assemblea, una riunione, una purificazione, quella comunità pura a cui aneliamo: una comunità in cui un ‘io’ non sta più contro un altro ‘io’” (Ser cristiano en la era neopagana, Madrid, 1995, 19).
Attraverso la costituzione Praedicate evangelium, ho voluto collaborare proprio a questa “ablatio” per rinnovare la Curia romana e, tra le altre cose, per fare della cal una “diakonia” che consenta alla Chiesa in America Latina di poter sperimentare l’attenzione pastorale e l’affetto del Successore di Pietro (cfr. Videomessaggio all’Assemblea Plenaria della Pontificia Commissione per l’America Latina, 27 maggio 2022).
Tuttavia, la cal attualmente non è solo un esempio del rinnovamento della Curia romana, ma è anche chiamata a essere un soggetto attivo che promuova la necessaria trasformazione di cui tutti abbiamo bisogno, ossia che aiuti con discrezione, prudenza ed efficacia a far sì che viviamo la sinodalità — dimensione dinamica della comunione (cfr. Ibidem) — per camminare insieme in America Latina, mossi dallo Spirito del Signore.
Le parole discrezione, prudenza ed efficacia le menziono per sottolineare che la cal non è chiamata a sostituire nessun attore della vita ecclesiale latinoamericana. Ma è chiamata a incoraggiarli tutti, con la semplicità e la profondità di chi confida più nell’invio missionario e nel servizio che nel mero attivismo. Così facendo, la cal deve promuovere con tutti gli interlocutori, sia nella Santa Sede sia nel celam, nella ceama, nella clar e in tutti gli organismi ecclesiali che in modo diretto o indiretto servono la Chiesa in America Latina, uno stile sinodale di pensare, di sentire e di fare.
A tale riguardo, provvidenzialmente, la cal e la Chiesa in America Latina, possono trovare una fonte d’ispirazione profonda in san Juan Diego. Come sappiamo, era un indigeno estremamente modesto e semplice. La Vergine non lo sceglie per la sua erudizione, per la sua capacità organizzativa, o per i suoi rapporti con il potere. Al contrario, Santa Maria di Guadalupe si commuove perché lui sa di essere piccolo: “sono coda, sono ala; io stesso ho bisogno di essere condotto, portato in spalla” (Nican Mopohua, n. 55). La consapevolezza della sua incapacità, unita alla scoperta del grande amore e della vicinanza che la Vergine Maria prova per lui, consentono a san Juan Diego di andare a cercare il vescovo e lo aiutano a parlargli con carità e con chiarezza su ciò che la Signora del cielo gli chiede. Il vescovo, che ha a sua volta un ministero da svolgere, chiede un segno per potergli credere. San Juan Diego obbedisce e trova il segno che cercava sulla collina del Tepeyac.
In queste scene possiamo vedere, con semplicità e profondità, sinodalità e comunione simultanee. Il fedele laico annuncia la buona novella, confidando fondamentalmente nella dimensione ecclesiale e sovrannaturale della sua missione, e non tanto nelle sue forze. Questa è una bella esperienza di conversione sinodale! Questa stessa fiducia gli consente anche di accogliere, senza complicazioni, la responsabilità che il vescovo ha all’interno della comunità. Il risultato di questo esercizio sinodale e comunionale non sono solo le rose che appaiono di fronte a tutti, non è solo l’immagine miracolosa impressa sulla tilma [mantello] del santo, ma anche l’inizio di un processo di riconciliazione fraterna tra popoli nemici. Processo mai perfetto, ma che ha senza dubbio contribuito alla nascita di una nuova realtà in America Latina. In altre parole, la sinodalità ad intra dà frutti di fratellanza ad extra.
Questo è lo stile ispiratore che la cal deve promuovere in tutta la regione latinoamericana e, quando necessario, anche oltre i suoi confini. Ispirare non imporre. Ispirare, motivare e provocare la libertà affinché ogni realtà ecclesiale e sociale discerna il proprio cammino, seguendo anche le mozioni dello Spirito, in comunione con la Chiesa universale. La cal deve costruire ponti di riconciliazione, d’inclusione, di fratellanza! Ponti che facciano sì che il “camminare insieme” non sia una mera espressione retorica, ma un’esperienza pastorale autentica!
Infine, vorrei ricordarvi che siamo ormai prossimi al Giubileo ordinario dell’anno 2025. Nella bolla Spes non confundit ho osservato: “attraverso il giovane Juan Diego la Madre di Dio faceva giungere un rivoluzionario messaggio di speranza che anche oggi ripete a tutti i pellegrini e ai fedeli: ‘Non sto forse qui io, che sono tua madre?’. Un messaggio simile viene impresso nei cuori in tanti Santuari mariani sparsi nel mondo, mete di numerosi pellegrini, che affidano alla Madre di Dio preoccupazioni, dolori e attese” (n. 24).
Sono fiducioso che tutti i membri della cal parteciperanno attivamente invitando il popolo di Dio a pellegrinare e annunciare il messaggio di speranza che l’intera regione ha urgente bisogno di ascoltare e riscoprire.
Che Santa Maria di Guadalupe “Madre del verissimo ed unico Dio, colui che è l’autore della vita” (Nican mopohua, n. 26), ci sostenga e c’incoraggi a perseverare nello sforzo congiunto di fare della Chiesa una comunità sempre più nello stile di Gesù. E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me.