I tempi al momento appaiono prematuri, ma «se ci fosse apertura da parte dei cinesi il Papa andrebbe anche subito» in Cina, terra verso la quale ha sempre manifestato grande apprezzamento e stima per il suo popolo, la sua storia, la sua cultura. Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, ribadisce il desiderio mai celato di Francesco di recarsi un giorno nel grande e “nobile” Paese asiatico. Il porporato è intervenuto ieri pomeriggio, giovedì 20 giugno, alla Pontificia Università Urbaniana alla presentazione del volume Il Cardinale Celso Costantini e la Cina — Costruttore di un ponte tra Oriente e Occidente, curato dallo storico monsignor Bruno Fabio Pighin ed edito da Marcianum Press.
Ancora una volta, a distanza di un mese dal convegno sempre all’Urbaniana per i cent’anni del “Concilium Sinense” di Shangai, di cui proprio Costantini fu ispiratore, promotore e organizzatore, Parolin è tornato a evocare la figura del primo delegato apostolico in Cina, il quale gettò le basi per un dialogo di cui uno dei frutti, dopo decenni, si può considerare la firma dell’Accordo con la Santa Sede sulle nomine dei vescovi, siglato per la prima volta nel 2018 e poi rinnovato due volte nel 2020 e 2022.
L’Accordo sulle nomine
dei vescovi sarà rinnovato
a fine anno
Proprio l’Accordo è stato richiamato da Parolin nel breve colloquio con i giornalisti a margine della presentazione: «Con la Cina stiamo dialogando come da tempo, stiamo cercando di trovare le procedure migliori anche per l’applicazione dell’Accordo firmato a suo tempo e che sarà rinnovato alla fine di quest’anno» ha detto rispondendo alle domande dei cronisti.
La stima del Pontefice
per il popolo cinese
Tornano le parole del Papa al termine dell’udienza generale del giorno prima, quando salutando l’associazione «Amici del Cardinale Celso Costantini» aveva colto l’occasione per inviare un saluto «al caro popolo cinese». «Preghiamo sempre per questo popolo nobile, così coraggioso, che ha una cultura così bella», aveva detto Francesco.
«Il Papa — ha commentato Parolin — ha un grandissimo apprezzamento davvero e non manca occasione per esprimerlo nei confronti del popolo cinese e della nazione cinese. Forse perché è gesuita, quindi ha tutto il retaggio del passato… Certamente sono tutti passi che aiutano a capirsi sempre di più, ad avvicinarsi sempre di più, speriamo che questo cammino possa portare ad una conclusione positiva». E magari anche a un possibile viaggio — il primo di un Pontefice — in Cina. Su questo punto il cardinale ha risposto con cautela: «Certamente il Papa è disponibile ad andare in Cina, anzi desidera andare in Cina. Non mi pare che finora ci siano le condizioni perché questo desiderio del Papa possa realizzarsi».
«La Cina ci sta a cuore»
L’amore per la Cina il cardinale Parolin lo ha poi ribadito nel suo intervento nell’Aula Magna dell’Urbaniana: «Noi amiamo e ammiriamo la Cina, il suo popolo, la sua cultura, le sue tradizioni, lo sforzo che sta facendo attualmente» ha detto. «Davvero la Cina ci sta a cuore, sta a cuore a Papa Francesco e ai suoi collaboratori».
Il metodo Costantini
Il segretario di Stato ha poi tracciato un ritratto di Costantini, ricordando aneddoti (come quando il delegato apostolico andò nel 1946 da Pio xii a chiedere di inserire il nominativo di un vescovo cinese nel Concistoro per 32 nuovi cardinali, tra i quali figurava proprio il suo nome) ed elogiando sforzi, opere e sacrifici del porporato per «diffondere la luce del Vangelo in Cina» e, soprattutto, promuovere una Chiesa inculturata. Fu Costantini ad insistere per la realizzazione del “Concilium Sinense” di Shangai nel 1924, che fu ispirazione profetica per il Concilio Vaticano ii e pose le basi per una Chiesa cinese che nel 1963 arrivò a comporsi di 23 vescovi, nonostante l’opposizione di molti istituti missionari in Cina. «Questi vescovi hanno tracciato la linea della successione apostolica per gli attuali vescovi» ha detto Parolin.
I vescovi cinesi
in comunione con la Chiesa di Pietro
Il «metodo Costantini» nei rapporti tra la Santa Sede e il più grande Stato dell’Asia è oggi «la direzione seguita pure da Papa Francesco» ha affermato il segretario di Stato. Una linea che ha trovato traccia nel 2007 nella Lettera ai cattolici cinesi di Benedetto xvi e concretizzata con l’Accordo «provvisorio» firmato a Pechino nel 2018 per le nomine dei vescovi. Laddove «la qualifica di provvisorio — ha sottolineato Parolin — indica che si tratta di un punto di partenza. Confermato due volte in questi anni, ha trovato un’importante attuazione nei casi concreti».
«Gli sviluppi positivi registrati finora ci fanno sperare che ne seguiranno altri e maggiori» ha aggiunto Parolin. «A seguito dell’Accordo tutti i vescovi nella terra di Confucio sono in piena comunione con la Chiesa di Pietro».
Il cardinale ha infine espresso l’auspicio che «prosegua il dialogo e il processo avviato dai cattolici cinesi per favorire una maggiore concordia sotto la guida dei loro pastori, in piena comunione con il Papa che tante prove ha dato di amare quel grande popolo».
di Salvatore Cernuzio