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Hic sunt leones

La corsa africana alla conquista dello spazio

 La corsa africana  alla conquista dello spazio  QUO-140
21 giugno 2024

La cosiddetta “space economy” sta suscitando grande interesse anche in Africa essendo un mercato in grado di offrire una vasta gamma di servizi (telecomunicazioni, navigazione, monitoraggio terrestre) che sono stati, alla prova dei fatti, incorporati nei beni di consumo, come nel caso degli smartphone molto diffusi nel continente. Ma andiamo per ordine. Il primo Paese africano ad avviare un programma spaziale è stato il Sud Africa. Dal lancio del suo primo satellite, il Sunsat, nel 1998, i governi di Pretoria si sono prodigati nel promuovere l’esplorazione spaziale e nel creare un sistema satellitare nazionale.

Da allora, un numero ragguardevole di Paesi africani ha messo in orbita satelliti, con l’obiettivo, oltre che di ottenere un riconoscimento internazionale, di promuovere lo sviluppo e la sicurezza. Vi è infatti l’esigenza di portare internet nelle zone rurali e raccogliere dati da utilizzare nella gestione dei disastri naturali causati dal global warming; inoltre le tecnologie satellitari possono rivelarsi cruciali nel ricavare dati sul territorio utili a coloro che operano nel settore agricolo, così da incrementare la produttività e avviare politiche più sostenibili sulle coltivazioni, dai processi di irrigazione all’uso dei fertilizzanti e dei pesticidi. Dunque è evidente che la corsa verso lo spazio può rappresentare uno strumento per la soluzione di problematiche ataviche come l’insicurezza alimentare, la lotta alla desertificazione, alle inondazioni, la sorveglianza della sicurezza interna o internazionale, le malattie grazie alla telemedicina, la mancanza d’istruzione grazie alla scuola telematica, la gestione dei mezzi di trasporto, o ancora la localizzazione delle risorse come in primis l’acqua. In sostanza, si tratta di un aiuto concreto all’economia continentale che non va assolutamente sottovalutato avendo dato origine a un mercato servito da un numero crescente di aziende; queste peraltro sono di solito di piccole e medie dimensioni, che operano nel cosiddetto segmento “a valle” dei sistemi spaziali.

Dal punto di vista della sicurezza, invece, questi programmi possono rivelarsi un ottimo strumento di contrasto ai gruppi jihadisti che infestano ad esempio la fascia saheliana come anche il settore costiero che si affaccia sull’oceano Indiano: dalla Somalia al nord del Mozambico. Secondo Spacehubs Africa, alla data del 28 febbraio di quest’anno ben 15 Paesi africani – tra cui figurano Nigeria, l’Etiopia, l’Egitto, il Kenya, l’Algeria e il Ghana — hanno lanciato 59 satelliti. Dieci di questi sono stati messi in orbita da entità commerciali. È di questi giorni poi l’annuncio di Nape Nnauye, ministro per l’Informazione, comunicazione e tecnologia del governo di Dar es Salaam, riguardante l’istituzione di un’agenzia spaziale tanzaniana. Particolarmente rilevante è il ruolo del Sud Africa nel contesto della politica spaziale multilaterale. Emblematico è lo Square kilometre array (Ska) project, un progetto internazionale che prevede la costruzione del più grande radiotelescopio al mondo, con impianti in Australia e, appunto, in Sud Africa. Tra i Paesi che hanno manifestato intraprendenza nell’industria aerospaziale figura tra gli altri il Kenya che si è lanciato nella competizione “spaziale” con il suo primo satellite nel 2018, 1Kuns (Ikuns-Italian-Kenyan university nanosatellite) con l’obiettivo di monitorare ed acquisire immagini della regione est dell’Africa. La corsa allo spazio da parte dell’esecutivo di Nairobi è poi proseguita nel 2020 con la pianificazione e pubblicazione del primo Strategic space plan 2020-2025 con lo scopo di offrire un maggiore coinvolgimento del Paese nelle attività spaziali e permettere lo sviluppo autonomo delle capacità delle industrie nazionali, fondamentali per l’economia nazionale in settori come l’agricoltura, la sicurezza alimentare, lo sviluppo delle infrastrutture, gli alloggi, la produzione e i servizi sanitari. Nel mese di aprile 2023 il Kenya ha finalmente lanciato il suo primo satellite operativo per l’osservazione della terra, Taifa-1. Il lancio nello spazio è stato effettuato dalla base di Vandenberg, in California, a bordo del razzo Falcon 9 di SpaceX. Nel 2019 è stata istituita al Cairo in Egitto l’African space agency (Afsa), un progetto, che per molti aspetti può essere ricondotto alla struttura dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea. Infatti, l’Afsa è collocata all’interno dell’Unione africana (Ua) che si assume anche la responsabilità del suo bilancio. La prima proposta relativa alla sua istituzione risale al 2010, ma ha trovato una sua reale e adeguata collocazione solo nel programma di sviluppo economico elaborato dalla stessa Ua per gli anni 2014-2017. È stato proprio in questo periodo che è avvenuta la scrittura di un progetto di fattibilità dell’agenzia, finanziato dall’Unione europea e redatto da un consorzio europeo. I contorni della struttura organizzativa dell’agenzia sono rilevabili dal suo statuto (2018), che sembra progettato ad arte per enfatizzare il ruolo decisionale dell’Unione africana. Gli organi dell’agenzia sono il consiglio generale, il segretariato e il direttore generale e il comitato consultivo. Il problema principale però resta il reclutamento di fondi che potrebbe purtroppo portare a ritardi consistenti per la realizzazione. La dice lunga l’ultimo rapporto, pubblicato il 4  giugno scorso, di Space in Africa, una società di media, analisi e consulenza con sede a Lagos, in Nigeria. L’analisi ha messo in evidenza una diminuzione degli stanziamenti da parte dei governi africani per il comparto aerospaziale passando da 643,13 milioni di dollari del 2023 a 465,34 milioni di dollari per il corrente anno, segnalando così una diminuzione negli investimenti per i programmi spaziali del 27,86 per cento.

Diversi sono stati i fattori hanno contribuito al calo dell’aggregato del budget spaziale, in particolare la debolezza delle valute locali rispetto alle quotazioni del dollaro. Nonostante il mantenimento o l’aumento degli stanziamenti di budget nelle valute locali, i budget spaziali di Paesi come Kenya, Zimbabwe e Nigeria sono diminuiti su base annua rispetto alla divisa statunitense. Secondo le Nazioni Unite, se l’efficienza dell’industria spaziale è dimostrata, la mancanza di mezzi finanziari condiziona non poco i Paesi africani, che rappresentano la maggioranza di quelli meno sviluppati del mondo. Da questo punto di vista la Cina è comunque in prima linea. Pechino ha infatti fatto del sostegno allo sviluppo dei programmi spaziali africani un incentivo chiave con l’intento di consolidare i legami con il continente africano.

Sebbene le agenzie federali e le università statunitensi siano attivamente coinvolte in partenariati di ricerca con alcuni Paesi africani, la tecnologia spaziale non è stata finora al centro della politica estera degli Stati Uniti in Africa. Una cosa è certa: la posta in gioco è grande. Infatti, se da una parte vi è la ferma convinzione da parte dei governi africani che la via del riscatto passa anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie spaziali, dall’altra è sempre in agguato il rischio dell’indebitamento e soprattutto del fatto che a trarre i maggiori benefici siano le aziende straniere che guardano sempre e comunque alla massimizzazione dei profitti.

di Giulio Albanese