Mettersi in cammino vuol dire mettersi in ascolto. Se un uomo prende il coraggio di uscire, di uscire da sé e va verso gli altri, allora nasce la magia dell'incontro che trova il suo segreto nell’ascolto. Un ascolto vero però. Nella puntata di venerdì scorso di Parole in cammino insieme a Claudia De Cupis e Matteo Frascadore si è parlato proprio di questo, dell'importanza nell'esistenza umana, del gesto, autentico, di ascolto dell'altro. Che non è semplicemente “sentire”, ma un processo che va oltre il fatto fisico legato al senso dell'udito, al mero lavoro del timpano. Nel Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2022 Papa Francesco aveva dedicato la sua riflessione al tema dell’ascolto che viene dal cuore: «Tutti abbiamo le orecchie, ma tante volte anche chi ha un udito perfetto non riesce ad ascoltare l’altro. C’è infatti una sordità interiore, peggiore di quella fisica. L’ascolto, infatti, non riguarda solo il senso dell’udito, ma tutta la persona. La vera sede dell’ascolto è il cuore».
Da ascoltare l’altro ad ascoltare l’Altro il passo è stato breve. Con Claudia De Cupis che ha analizzato una delle migliaia di opere pittoriche dedicate alla scena evangelica dell’Annunciazione abbiamo riflettuto sull'apertura verso una voce che arriva da fuori di noi e ci trasforma la vita, spesso salvandola. Qui il discorso ha assunto uno sfondo inevitabilmente biblico.
Nell'Antico Testamento il tema dell'ascolto è centrale: Shemà Israele! È il grido che il Signore rivolge al suo popolo invocando il suo ascolto. Nella Bibbia Dio innanzitutto parla. È Parola, Logos. Logos creativo, logos che ha bisogno di dia-logos, di ascoltatori. Uditori della parola, questi sono gli esseri umani secondo la definizione del teologo Karl Rahner. Dio dunque preferisce parlare anziché apparire, rispetto ai cinque sensi, predilige l'udito alla vista. Infatti Paolo ai Romani dirà «fides ex auditu», «la fede viene dall’ascolto» (Rm 10,17) e questo rivela qualcosa dello stile di Dio che è uno stile discreto, di chi si propone e non s'impone, di chi scommette sulla libertà dell'interlocutore. Infatti una visione (si pensi alla televisione) si impone, mentre una voce si presenta più discreta, fragile. È il “mormorio di una brezza leggera”, di cui parla la famosa scena della teofania sul monte Oreb al profeta Elia. Si pensi alla radio: in mezzo alle mille voci e suoni che pervadono l'aria che ci circonda quotidianamente è opportuno fare un lavoro di vigilanza e discernimento per cogliere la voce dell’Altro.
È opportuno, anche, fare ogni tanto un po’ di silenzio. La battuta finale dell’ultimo film di Fellini, Le voci della luna, affidata al personaggio interpretato da Benigni, esprime esattamente questo concetto: la necessità del silenzio. Per ascoltare l’altro ci vuole un lavoro paziente, “artigianale”; nello stesso Messaggio del 2022 il Papa annotava che «in effetti, stiamo perdendo la capacità di ascoltare chi abbiamo di fronte». Questo lavoro porta infine all’umiltà, che permette di accostarsi correttamente all'altro, non con finalità strumentali ma perché si è davvero interessati alla persona che si ha di fronte, come ha acutamente osservato lo scrittore inglese C.S.Lewis: «...un uomo davvero umile, se vi capiterà di incontrarlo […] probabilmente vi troverete di fronte un uomo vivace e intelligente, che si interessa davvero a ciò che voi gli dite». Sembra poco ma è tantissimo.
di Andrea Monda