· Città del Vaticano ·

L’incontro di Papa Francesco con i comici raccontato da Luciana Littizzetto

Artisti della leggerezza sul palcoscenico della vita

 Artisti della leggerezza sul palcoscenico della vita  QUO-139
20 giugno 2024

«Noi comici siamo sempre stati figli di un Dio minore. Perciò, che il Papa riconosca l’utilità della leggerezza è una cosa assolutamente inaspettata. Lo è stato per me ma credo per tutti gli altri miei colleghi». Sono trascorsi alcuni giorni dall’udienza di Francesco ai rappresentanti del mondo dello humor, svoltasi il 14 giugno in Vaticano. Per la prima volta nella storia della Chiesa, il Pontefice ha accolto nel Palazzo apostolico più di cento comici provenienti da Europa, America e Asia, sottolineando che il loro talento «è un dono prezioso» e che «il divertimento giocoso e il riso sono centrali nella vita umana». Al telefono da Torino, la sua città, Luciana “Lucianina” Littizzetto — attrice, conduttrice radiofonica e televisiva e scrittrice — nel gruppo italiano dei comici presenti in Vaticano, commenta con emozione sincera quella giornata. «Noi artisti di solito ci vediamo ai funerali... E invece eravamo in questo luogo meraviglioso, in queste sale decorate da quest’arte pazzesca, in questa realtà eterna, immota. Essere lì dentro, con la nostra “gigionaggine”, è stata una cosa meravigliosa».

È stata anche una bella attesa: l’udienza è infatti cominciata alle otto e trenta di mattina perché il Papa doveva partire subito dopo per il g7. «Abbiamo fatto una lunga passeggiata prima di arrivare e poi era mattina presto», spiega. «Non un problema per me che sono una mezza monaca e mi sveglio prestissimo! Ma l’idea di essere in questo luogo meraviglioso all’alba, anche questo è stata una cosa impagabile», aggiunge. «E poi aspettavamo tutti emozionatissimi perché eravamo in un luogo che non è il nostro. Non c’era un palcoscenico, non c’erano sipari, non c’era quinte, c’era solo bellezza».

Luciana Littizzetto non si aspettava questo riconoscimento da parte del Papa del ruolo di coloro che fanno ridere. «La leggerezza — spiega — è sempre considerata un po’ come stupidità, invece è utilissima per digerire il quotidiano, per leggerlo anche in una prospettiva insolita. Il comico cosa fa? Ridimensiona, ristabilisce delle proporzioni. Attutisce anche un po’ i conflitti, prende in giro. E in questa realtà uno che ti dice: “guarda che tutto è relativo”, secondo me serve”. «Credo che Francesco volesse ringraziarci proprio per quello», conclude. «E poi le risate sono libere e la libertà è un valore grandissimo di questi tempi».

Il Papa ha ricordato il ruolo dei comici nel denunciare gli eccessi del potere, evidenziare gli abusi. Per Luciana Littizzetto, questo è un compito che si lega alla scelta del linguaggio. «Gli attori comici si devono far ascoltare, come devono fare anche i sacerdoti. Perciò devono parlare il linguaggio della gente e aiutare a comprendere le cose». Se i sacerdoti «aiutano a riconoscere i valori non negoziabili», per la comica torinese agli operatori dello spettacolo spetta la missione di «mettere in luce le incongruenze di quello che ci succede» per annullare «questo contagio di odio bestiale. L’odio — afferma — è insopportabile. Così anche il malessere, il brontolamento. Più ti lamenti e più ti lamenteresti. Quindi è essenziale cercare di distogliere l’attenzione da tutta questa malmostosità per intravedere piccole scintille di positività, delle epifanie di bellezza o anche solo la risata liberatoria».

Francesco ha aggiunto che i comici aiutano a «rompere le barriere sociali», contribuiscono a creare solidarietà fra le persone. «Sono convinta che il nostro lavoro sia un antidoto alla pesantezza di questo mondo pieno di conflitti», spiega la Littizzetto. «C’era la mia vicina di casa di pianerottolo, la signora Marisa, che purtroppo è mancata qualche anno fa, che quando le chiedevo come va mi rispondeva: “La facciamo andare!”. E a me piaceva moltissimo! Perché non è che va sempre bene, ma la fai andare in qualche modo, no?».

«Io credo che i comici — aggiunge — aiutino a darsi un po’ di respiro tonificante e forse anche un senso», come ha ricordato Francesco. «E poi ci danno una forma di intimità», commenta l’attrice. «A me piace il Papa quando alla fine dell’Angelus dice: “Buona domenica e buon pranzo!”. È bello perché è una cosa normale ma è anche un valore. Tra l’altro, la preghiera di san Tommaso Moro che ho letto alla fine dell’udienza dice proprio: “dammi una buona digestione e qualcosa da digerire!”. Anche le piccole cose del quotidiano alleggeriscono».

Quella lettura pubblica della Preghiera del buon umore, ci racconta la Littizzetto, è stata un fuori programma. Quando Papa Francesco, parlando a braccio, ha sottolineato che i comici avrebbero dovuto conoscerne il testo, il cardinale José Tolentino de Mendonça ha avuto l’idea di farla recitare in pubblico proprio a lei, al termine della cerimonia. «Anche questo non me l’aspettavo», racconta. «Io ero lì che riflettevo sulle parole del Papa e pensavo a quanto è faticoso il suo lavoro, quante mani gli tocca stringere, infondendo speranza, quando arriva il cardinale e mi chiede se posso leggere questa preghiera». «Mi è venuto un magone. Soprattutto ho guardato subito i caratteri della pagina perché non avevo preso gli occhiali!». «E poi ho letto questa preghiera cercando di comunicare la mia commozione a nome di tutti i miei colleghi che la avrebbero letta come me».

Luciana Littizzetto ha avuto con il compagno in affido due figli che ora sono grandi, la femmina 29 anni e il maschio 27. Le chiedo se ha condiviso con loro l’emozione dell’udienza dal Papa. «Sono cresciuti in una meravigliosa comunità vicino a Pavia — mi spiega — gestita da una consacrata e da un diacono e quindi hanno avuto come me un’educazione religiosa. Perciò erano un po’ invidiosi del mio incontro con il Papa, avrebbero voluto esserci, ma non si poteva portare tutta la carovana! Però domenica erano qua a pranzo e si sono fatti raccontare tutto nel dettaglio e sono stati contenti».

La telefonata volge al termine. Chiedo alla Littizzetto cosa avrebbe voluto dire al Papa, per salutarlo al termine dell’udienza. «Gli avrei chiesto quali erano i suoi sogni da bambino, cosa voleva fare da grande, perché mi pare una persona estremamente sensibile. E poi l’avrei ringraziato per questa giornata che non dimenticherò mai». Nient’altro? «Vorrei dirgli di fare attenzione alle suore, perché sono una ricchezza infinita. Sono donne e quindi sono “meno arrese”, sono sensibili, generose e devono essere più riconosciute nelle loro doti e in ciò che possono fare nella Chiesa».

di Fabio Colagrande