È uscita ieri, martedì 18 giugno, la versione italiana del libro di Papa Francesco Il successore. I miei ricordi di Benedetto xvi in conversazione con Javier Martínez-Brocal (Marsilio editori, Venezia 2024, pagine 256, euro 18). Il volume — che ricostruisce il rapporto di Papa Bergoglio con il Pontefice emerito Ratzinger e gli scandali Vatileaks che hanno scosso la Chiesa — è frutto di dialoghi personali iniziati nel luglio 2023 fino al 2024, ma anche di alcuni scambi epistolari tra il vescovo di Roma e il vaticanista spagnolo del quotidiano «abc» e della tv «La Sexta». Pubblichiamo di seguito il capitolo intitolato Dottore della Chiesa.
Benedetto xvi le riportò qualche considerazione sull’esercizio pratico del papato emerito?
Nessuna. Si sentiva molto libero, e anch’io.
Quando, nell’udienza generale, annunciò che Benedetto era molto malato usò un’espressione curiosa. Disse: «Nel silenzio sta sostenendo la Chiesa». A cosa si riferiva?
A tutto. Naturalmente non era d’accordo con alcune mie decisioni, ma con il suo silenzio le ha sempre rispettate. Servono santità e molto coraggio per questo.
Le leggo una sua frase tratta dall’intervista ad «abc» del 18 dicembre 2022, appena due settimane prima che il Papa emerito venisse a mancare: «Per me Benedetto xvi è un santo». Quale tipo di santità vedeva in lui?
Armonia e coerenza. Armonia con la vita, perché non era il tipo da provocare fratture: cercava sempre l’armonia. Un’armonia coerente.
Molti ammirano Joseph Ratzinger perché è stato un grande teologo. Anche lei ha sottolineato come il fulcro della sua vita fosse il suo «profondo radicamento in Dio».
L’ho scritto qualche anno fa nella prefazione a un libro su Benedetto (Joseph Ratzinger/Benedetto xvi, Insegnare e imparare l’amore di Dio. Testi scelti. Il sacerdozio, vol. 1, Siena, Edizioni Cantagalli, 2016). Dissi che prima di ogni altra cosa era un sacerdote, un uomo di Dio. Si vedeva che era innamorato di Dio e a lui dava un valore prioritario. Da una prospettiva di fede, se manca questo radicamento in Dio, il sacerdote si riduce a un impiegato, il vescovo a un burocrate e la Chiesa a una ong superflua.
C’è una domanda che avrebbe voluto porre a Benedetto ma che non è mai riuscito a fargli?
Al momento non me ne viene in mente nessuna.
Ho pensato che a completamento di questo volume potremmo includere alcuni discorsi chiave di questi anni in cui Benedetto ha parlato di lei o lei di Benedetto.
Certo, hai il permesso di pubblicarli. È importante che vengano ricordati.
Crede che a Benedetto verrà riconosciuto il titolo di Dottore della Chiesa?
In questo momento le nomine di nuovi Dottori della Chiesa sono un po’ ferme a causa della patologia di cui soffrono le congregazioni religiose, cioè l’insistenza sul fatto che i loro fondatori siano proclamati Dottori della Chiesa. Ho messo un freno alla cosa, perché, se cominciamo ad assegnare questo titolo a tutti, perde di senso. Ti confesso che si procede a rilento. Ma ovviamente Benedetto xvi ha tutte le caratteristiche per essere Dottore della Chiesa.
Come le piace ricordarlo?
Come un grande. È la prima parola che mi viene in mente. Mi viene da dire che è stato un grande.
E a lei come piacerebbe che fosse ricordato dagli altri Benedetto xvi?
Come l’uomo che è stato: un uomo che ha avuto il coraggio della rinuncia e che, da quel momento, ha continuato ad accompagnare la Chiesa e il suo successore.