Il dibattito sulla secolarizzazione vede impegnate molte voci all’interno di una prospettiva variegata: molte di queste non la considerano come un destino ineluttabile, bensì come una grande opportunità per conseguire una rinnovata coscienza critica della propria identità e come occasione per la maturazione della propria fede religiosa. Uno dei maggiori interpreti della secolarizzazione, Charles Taylor, prende le distanze da un’ermeneutica di questo fenomeno che sta alla base tanto di un sentimento nostalgico nei confronti di “un’epoca d’oro” caratterizzata dalla condivisione di una fede indiscussa, quanto di una sensazione di sollievo per essersi liberati dal giogo della credenza religiosa. Oggi l’adesione a una fede risulta ascrivibile a una dimensione di significatività: l’età secolare è abitata da una “cultura dei cercatori di senso” data dall’alleanza inedita tra credenti e non credenti che, con i primi, condividono una parte importante del loro cammino rispetto a una medesima esigenza di pienezza. In ambito teologico, John Milbank invita a non affrontare le sfide della secolarizzazione dando vita a una “contro-secolarizzazione”: questo atteggiamento condurrebbe ad assumere come valide premesse teologicamente discutibili. La secolarizzazione, a suo giudizio, ci invita a riscoprire la ragionevolezza della fede e la sua dimensione “festiva”, contrariamente a un accento sulla dimensione normativo-disciplinare che la svuota del suo contenuto e del suo fascino.
Per quanto riguarda il magistero della Chiesa, Benedetto xvi , pur criticando il secolarismo come deriva della secolarizzazione, indica la possibilità di considerare quest’ultima come una sfida provvidenziale per proporre risposte convincenti all’uomo di oggi, nel cui cuore è sempre presente il desiderio di Dio, testimoniato tanto dalla tristezza nel mezzo dei piaceri, quanto dalla speranza di ottenere un paradiso su questa terra (cfr. Spe salvi, 30). Nel mondo secolarizzato la Chiesa non sarà più un potere sociale dominante, ma una patria capace di dare speranza all’uomo. Anche Francesco non manca di sottoporre a giudizio critico tanto l’impoverimento religioso, morale e culturale generato dalla secolarizzazione, quanto le possibilità che emergono da questo contesto: vi è un dato che resiste all’erosione del secolarismo, ossia «l’anelito d’infinito che c’è in ogni cuore umano» (Evangelii gaudium, 165). Solo la consapevolezza della Resurrezione ci permette di non riproporre una variante “cristiana” della medesima logica secolarista, finendo così prigionieri del risentimento. In tal senso Francesco fa proprie le parole di Taylor affermando che la secolarizzazione rappresenta «l’occasione per la ricomposizione della vita spirituale in nuove forme e per nuovi modi di esistere» (Viaggio apostolico in Canada, 28 luglio 2022).
*Docente di filosofia morale
all’Università Cattolica del Sacro Cuore
di Alessandra Gerolin *