· Città del Vaticano ·

All’Angelus l’appello di pace del Pontefice anche per Ucraina, Terra Santa, Sudan e Myanmar

Basta violenze
nella Repubblica
Democratica del Congo

 Basta violenze  nella Repubblica Democratica del Congo  QUO-136
17 giugno 2024

Nella Repubblica Democratica del Congo «si faccia il possibile per la cessazione delle violenze e per la salvaguardia della vita dei civili». Lo ha chiesto il Papa al termine dell’Angelus del 16 giugno, addolorato per le notizie di «scontri e massacri compiuti nella parte orientale» del Paese africano. Affacciatosi a mezzogiorno dalla finestra dello studio privato del Palazzo apostolico vaticano, prima di guidare la recita della preghiera mariana con i fedeli raccoltisi in piazza San Pietro e con quanti lo seguivano attraverso i media, il Pontefice come di consueto ha commentato il Vangelo della domenica, che nella circostanza parlava del tema del Regno di Dio attraverso l’immagine del seme (Marco 4, 26-34). Ecco la sua meditazione.

Cari fratelli e sorelle,
buona domenica!

Oggi il Vangelo della liturgia ci parla del Regno di Dio attraverso l’immagine del seme (cfr. Mc 4, 26-34). Varie volte Gesù usa questa similitudine (cfr. Mt 13, 1-23; Mc 4, 1-20; Lc 8, 4-15), e oggi lo fa invitandoci a riflettere in particolare su un atteggiamento importante collegato con l’immagine del seme, e l’atteggiamento è l’attesa fiduciosa.

Infatti, nella semina, per quanto il contadino sparga ottima e abbondante semente, e per quanto prepari bene la terra, le piante non spuntano subito: ci vuole tempo e ci vuole pazienza! Perciò è necessario che, dopo aver seminato, egli sappia attendere con fiducia, per permettere ai semi di aprirsi al momento giusto e ai germogli di spuntare dal terreno e di crescere, abbastanza forti da garantire, alla fine, un raccolto abbondante (cfr. vv. 28-29). Sottoterra il miracolo è già in atto (cfr. v. 27), c’è uno sviluppo enorme ma è invisibile, ci vuole pazienza, e nel frattempo è necessario continuare a curare le zolle, annaffiarle e tenerle pulite, nonostante in superficie sembra che non succeda nulla.

Anche il Regno di Dio è così. Il Signore mette in noi i semi della sua Parola e della sua grazia, semi buoni e abbondanti, e poi, senza mai smettere di accompagnarci, aspetta con pazienza. Il Signore continua a prendersi cura di noi, con la fiducia di un Padre, ma ci dà tempo — il Signore è paziente — affinché i semi si aprano, crescano e si sviluppino fino a portare frutti di opere buone. E questo perché vuole che nel suo campo nulla vada perduto, che tutto giunga a piena maturazione; vuole che tutti noi possiamo crescere come spighe cariche di chicchi.

Non solo. Facendo così, il Signore ci dà un esempio: insegna anche a noi a seminare fiduciosamente il Vangelo là dove siamo, e poi ad attendere che il seme gettato cresca e porti frutto in noi e negli altri, senza scoraggiarci e senza smettere di sostenerci e aiutarci a vicenda anche là dove, nonostante gli sforzi, ci sembra di non vedere risultati immediati. Spesso infatti anche tra noi, al di là delle apparenze, il miracolo è già in atto, e a suo tempo porterà frutti abbondanti!

Perciò possiamo chiederci: io lascio seminare in me la Parola? A mia volta, semino con fiducia la Parola di Dio negli ambienti in cui vivo? Sono paziente nell’aspettare, oppure mi scoraggio perché non vedo subito i risultati? E so affidare tutto serenamente al Signore, pur facendo del mio meglio per annunciare il Vangelo?

La Vergine Maria, che ha accolto e fatto crescere in sé il seme della Parola, ci aiuti ad essere seminatori generosi e fiduciosi del Vangelo.

Dopo l’Angelus il Papa ha ricordato la beatificazione, avvenuta il giorno prima a Cracovia, del prete martire Michele Rapacz, quindi ha lanciato l’appello di pace per la Repubblica Democratica del Congo, sottolineando come tra le vittime, molti siano «cristiani uccisi “in odium fidei”». Anch’essi veri e propri «martiri» li ha definiti, prima di esortare a pregare anche per «Ucraina, Terra Santa, Sudan, Myanmar e dovunque si soffre per la guerra». Infine, salutando i vari gruppi presenti, si è rivolto in particolare a un gruppo di donne della comunità cattolica congolese di Roma — «queste mamme cantano bene» ha detto, invitandole a «cantare un’altra volta» — e ai donatori di sangue «che hanno appena celebrato la loro Giornata nazionale».

Cari fratelli e sorelle,

ieri, a Cracovia, è stato beatificato Michele Rapacz, sacerdote e martire, pastore secondo il cuore di Cristo, fedele e generoso testimone del Vangelo che ha sperimentato sia la persecuzione nazista sia quella sovietica, e ha risposto con il dono della vita. Un applauso al nuovo Beato!

Continuano a giungere notizie dolorose di scontri e massacri compiuti nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. Rivolgo il mio appello alle Autorità nazionali e alla Comunità internazionale, affinché si faccia il possibile per la cessazione delle violenze e per la salvaguardia della vita dei civili. Tra le vittime, molti sono cristiani uccisi in odium fidei. Sono martiri. Il loro sacrificio è un seme che germoglia e porta frutto, e ci insegna a testimoniare il Vangelo con coraggio e coerenza.

Non cessiamo di pregare per la pace in Ucraina, in Terra Santa, in Sudan, Myanmar e dovunque si soffre per la guerra.

Saluto tutti voi, romani e pellegrini! In particolare saluto i fedeli provenienti da Libano, Egitto e Spagna; gli studenti della “London Oratory School”; quelli della diocesi di Opole in Polonia e quelli di Budapest-Albertfalva; i partecipanti al Forum Europeo dei Laici, sul tema “Fede, arte e sinodalità”; e il gruppo di mamme della comunità cattolica congolese di Roma. Queste mamme cantano bene! Mi piacerebbe sentirvi cantare un’altra volta.

Saluto i fedeli di Carini, Catania, Siracusa e Messina; i ragazzi della Comunione e della Cresima di Mestrino, i cresimati di Castelsardo (Sassari), di Bolgare (Bergamo) e di Camin (Padova); e infine un pensiero di gratitudine ai donatori di sangue, che hanno appena celebrato la loro Giornata nazionale.

Saluto tutto voi e auguro a tutti una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!