Un’opportunità per riflettere sulla tutela dei diritti umani e sulle vie da percorrere per costruire una società libera e aperta alle differenze, capace di riconoscere e rispettare la diversità: è stato questo l’obiettivo dell’incontro — promosso dal Centro Astalli in vista della Giornata mondiale del rifugiato che si celebrerà il 20 giugno — Rifugiati. Lottatori di speranza, seminatori di pace che si è svolto ieri, 13 giugno, alla Pontificia Università Gregoriana e ha visto in dialogo l’arcivescovo Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione, e l’economista Tito Boeri.
Papa Francesco ricorda spesso l’importanza di accogliere chi è costretto a scappare da Paesi che vivono situazioni difficili come le guerre o i cambiamenti climatici. «L’insegnamento del Pontefice trova una risposta naturale in una città come Roma — ha sottolineato monsignor Fisichella — perché la nostra capitale è definita Patria communis cioè una patria che accoglie tutti. Qui nessuno si sente straniero od ospite, quindi è naturale accogliere queste persone che spesso arrivano da situazioni complicate e che hanno una grande fragilità che richiede un’attenzione particolare». Come emerge dall’ultimo rapporto Global Trends 2024 dell’Unhcr (l’agenzia Onu per i rifugiati), il numero delle persone costrette a lasciare la loro casa è in drammatico aumento: a maggio è arrivato a 120 milioni. «La situazione internazionale fa sempre più paura — ha evidenziato l’arcivescovo — e la Chiesa che è portatrice di speranza non può rimanere indifferente davanti a tanto dolore. Ricordiamo le parole di Gesù “Ero straniero e mi avete accolto”: per noi è una questione centrale. La Chiesa può diventare la voce di chi non ha più la forza di parlare, come i rifugiati che non vengono ascoltati da nessuno, ma anche le istituzioni internazionali devono intervenire per aiutare concretamente queste persone a non essere più costrette a vivere scelte e situazioni drammatiche».
Situazioni come quella di Fardusa, costretta a scappare dalla Somalia a causa della guerra che imperversava nel suo Paese. Il viaggio, in una piccola barca, è stato un incubo: «Ci picchiavano — ha spiegato con la voce rotta dal pianto — e non avevamo cibo né acqua. Dopo poche ore il motore si è rotto e siamo rimasti in mezzo al mare per cinque giorni. Volevo tornare indietro dalla mia famiglia, per non morire da sola. Poi è arrivata la Guardia costiera italiana, ci hanno portato in salvo e dopo sono arrivata a Roma dove ho incontrato il Centro Astalli». Adesso Fardusa si occupa delle persone che hanno bisogno di aiuto: «Per me è iniziata una nuova vita».
All’incontro è intervenuto anche l’economista Tito Boeri, il quale ha sottolineato come i Paesi che oggi hanno un debito molto elevato sono quelli che subiscono più di tutti gli effetti dei gas serra sull’ambiente, emessi dai Paesi più ricchi. «Sul piano ambientale — ha spiegato — i veri creditori sono i Paesi poveri rispetto a quelli avanzati. La questione del debito spesso viene dimenticata e non se ne parla, ma in realtà è la causa principale delle terribili condizioni di vita in cui queste persone sono costrette a vivere e che le porta poi a cercare una nuova speranza di vita attraverso l’emigrazione. La remissione del debito potrebbe essere l’unica soluzione plausibile per aiutarle davvero. Solo così tornerebbero a crescere e a respirare».
di Marina Tomarro