«Nel prepararci a vivere questa giornata di riflessione sul tema della sinodalità missionaria, chiediamo la carità che è dono dello Spirito Santo perché nei nostri rapporti personali, nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità ecclesiali, nutriamo sempre un sincero amore per i fratelli che il Signore ci ha messo accanto». Lo ha detto il cardinale prefetto Kevin Farrell all’Incontro annuale con i moderatori delle associazioni di fedeli, dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, promosso dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita (Dlfv), svoltosi oggi, giovedì 13 giugno, nell’Aula nuova del Sinodo in Vaticano. Le sue parole sono riecheggiate all’altare della Cattedra della basilica di San Pietro, dove il porporato ha presieduto l’Eucaristia che ha preceduto l’udienza pontificia e l’apertura dei lavori.
All’omelia il cardinale Farrell ha commentato le letture del giorno (giovedì della decima settimana del Tempo ordinario: 1 Re 18, 41-46; Sal 64; Mt 5, 20-26), sottolineando in particolare come Gesù ponga «una condizione esigente per entrare nel Regno dei cieli: avere una giustizia superiore a quella di scribi e farisei». Questi ultimi, infatti, «pur essendo molto osservanti, pensavano quasi esclusivamente al rapporto con Dio»; quindi «la loro “giustizia” si concentrava sulla dimensione verticale dell’amore, trascurando però la relazione con gli altri, la dimensione orizzontale».
In proposito, ha aggiunto il celebrante, «Gesù accenna a tre atteggiamenti che ci separano dal fratello: adirarsi con lui, chiamarlo “stupido”, chiamarlo “pazzo”». Si tratta, ha spiegato, di altrettanti «gradi progressivi di condanna: allontanare da sé il fratello con l’ira; considerare le sue idee di poco valore; presumere di entrare nell’intimo della sua coscienza, arrivando a svalutare persino la sua relazione con Dio, considerandola falsa, superficiale e ipocrita». E, ha osservato Farrell, «queste parole Gesù le pronuncia commentando il quinto comandamento: “non uccidere”», facendo comprendere così che «si può “uccidere” il fratello dentro di sé, cioè non materialmente, ma spiritualmente. Disprezzare il prossimo e condannarlo senza appello è violare il quinto comandamento, è già “uccidere” il fratello nel proprio cuore». Da qui l’invito «ad andare oltre la “giustizia dei farisei”, a superare la separazione fra culto reso a Dio e relazione con gli altri».
A raccogliere questa consegna gli oltre duecento rappresentanti di un centinaio delle 117 associazioni internazionali di fedeli, private e pubbliche, e degli altri enti con personalità giuridica, su cui il Dlfv ha diretta competenza e la cui vita e il cui sviluppo è tenuto ad accompagnare.
Al termine della messa i convegnisti si sono ritrovati nell’Aula nuova del Sinodo per l’udienza papale e successivamente per i lavori, introdotti dal cardinale prefetto. Dopo aver salutato in particolare la Comunità Magnificat, ultima associazione in ordine di tempo ad aver ricevuto il riconoscimento pontificio, Farrell ha illustrato il tema della giornata — «La sfida della sinodalità per la missione» — spiegando soprattutto che «la sinodalità non si attua inserendo semplicemente laici, uomini e donne, nei “luoghi di potere” della Chiesa, oppure creando appositamente nuovi organismi per mostrare» che essi «sono maggiormente coinvolti nei processi decisionali. Non si tratta nemmeno di riempire» con loro «i vuoti delle parrocchie, delle diocesi, delle associazioni e movimenti. In questo modo si finirebbe per “clericalizzare” i laici», come spesso avverte il Papa. «La sinodalità, e la comunione che essa promuove nella Chiesa, deve servire, invece, per camminare realmente insieme — laici e pastori, carismi e istituzioni ecclesiali — e trovare insieme la strada che lo Spirito indica per portare avanti, con nuovo slancio, la missione evangelizzatrice della Chiesa», ha concluso Farrell.
A Rafael Luciani, docente dell’Università Cattolica Andrés Bello, e ad Elisa Lisiero, officiale del Dlfv, il compito di tenere poi le relazioni principali dell’incontro, conclusosi nel pomeriggio.