Il vescovo di Roma conclude gli appuntamenti con il clero della sua diocesi
Dalle guerre in corso agli investimenti in armi, anticoncezionali e chirurgia estetica; da un maggiore impegno per la politica in tempi «di disimpegno e astensionismo», all’accoglienza nelle parrocchie verso «tutti, tutti, tutti»; fino all’indicazione ad avere prudenza nell’ammissione nei seminari di persone con tendenze omosessuali. Temi di attualità del mondo e della Chiesa hanno scandito l’ora e mezza di dialogo a porte chiuse del Papa con i sacerdoti della fascia “media” del clero della diocesi di Roma (dagli 11 ai 39 anni di ordinazione). Francesco li ha incontrati nel pomeriggio di martedì 11 giugno, nella Università Pontificia Salesiana, in zona Montesacro di Roma, dove è giunto puntuale alle 16 in auto, accolto dal vicegerente della diocesi, il vescovo Baldo Reina, e dal cardinale Ángel Fernández Artime, rettor maggiore della Società salesiana di San Giovanni Bosco.
È stato, quello di ieri, il terzo e ultimo appuntamento del Papa con i suoi preti, dopo l’incontro con i sacerdoti anziani dai 40 anni di ordinazione nella parrocchia di San Giuseppe al Trionfale, il 14 maggio, e quello con i più giovani, fino a 10 anni di messa, nella casa delle Pie Discepole del Divin Maestro, in zona Portuense, il 29 maggio. Circa 160 i preti, tra parroci, prefetti, cappellani, direttori di uffici di Curia incontrati dal Pontefice e che da lui hanno ricevuto l’invito a porre liberamente le loro domande. Diversi preti non hanno potuto essere presenti, ha informato la Sala stampa della Santa Sede, perché «coinvolti negli impegni estivi con i giovani nelle parrocchie».
«Colonne portanti» della diocesi, con i loro incarichi nei campi della carità, ma anche in scuole, carceri e ospedali, li ha definiti il vescovo Michele Di Tolve, delegato dell’Ambito per la cura del diaconato, del clero e della vita religiosa, che ha presentato al Papa l’assemblea dopo una preghiera e la lettura del Vangelo del giorno. Subito dopo si è dato il via al botta e risposta di circa un’ora e mezza, durante il quale sono state passate in rassegna questioni legate alla diocesi e al ruolo e all’identità del sacerdote, la bellezza di essere preti (il Papa ha citato il modello di don Milani, «un grande, una luce per il prete italiano»), il rischio della mondanità e il bisogno di allargare l’accoglienza nelle parrocchie «a tutti, tutti, tutti!».
Con forza è emersa la domanda sulla sofferenza delle persone, da accompagnare con vicinanza, compassione e tenerezza, tre qualità di Dio — ha detto Francesco — da vivere particolarmente «per i vecchi». Importante in questo senso la pastorale ospedaliera e le difficoltà della città di Roma, come l’emergenza abitativa per cui il Papa ha invitato alla generosità le congregazioni religiose provviste di strutture; o il diffondersi delle droghe, della tragedia della solitudine, dei tanti che vivono il proprio dolore nell’invisibilità. «Nella vita di un prete l’invisibile è più importante del visibile, perché più denso, più doloroso» ha spiegato il Pontefice. E ha aggiunto: «Il nostro lavoro come preti è andare a cercare questa gente» perché «la Chiesa o è profetica o è clericale: tocca a noi scegliere».
Il dialogo si è soffermato poi sull’attuale situazione in Europa e nel mondo, e Francesco ha citato con dolore le guerre in corso, in Terra Santa, Ucraina, ma anche in Myanmar, in Congo, come pure gli ingenti investimenti nelle armi, negli anticoncezionali, nelle spese veterinarie e nella chirurgia estetica. In tal senso ha esortato a lavorare nel magistero sociale della Chiesa, a un maggiore impegno per il bene comune, per la pace, e, in tempi di disimpegno e astensionismo, nella politica, «la più alta forma di carità».
Nel concludere il Papa ha parlato del pericolo delle ideologie nella Chiesa ed è tornato sul tema dell’ammissione nei seminari di persone con tendenze omosessuali, ribadendo la necessità di accoglierle e accompagnarle nella Chiesa e l’indicazione prudenziale del Dicastero per il clero circa il loro ingresso in seminario.
La conversazione è stata anche l’occasione per ricordare e ringraziare il cardinale Angelo De Donatis, dal 2017 vicario della diocesi di Roma e nominato ad aprile scorso penitenziere maggiore. Con i sacerdoti presenti, molti dei quali hanno avuto De Donatis come padre spirituale durante gli anni di seminario, il Papa ha lodato il porporato per la grande «capacità di capire e di perdonare», qualità preziose nel suo nuovo ruolo, dov’è chiamato ad essere «espressione del volto misericordioso del Padre». Da qui un ringraziamento anche a tutti i sacerdoti per il loro lavoro, esortandoli a continuare nel loro impegno, al discernimento comunitario e all’ascolto di tutti coloro che ad essi si rivolgono.
«Il Papa ha definito questi pastori generosi, dediti, compassionevoli, capaci di vicinanza... Sono gli unici infatti che si mettono dalla parte della gente perché molte volte — hanno detto gli stessi preti — le istituzioni sono un po’ sorde e non riescono ad ascoltare il grido dei poveri» ha spiegato ai media vaticani monsignor Di Tolve. Dal vescovo di Roma l’invito è stato a «essere forti e miti nello stesso tempo, per far sentire che la parrocchia è accanto a loro, casa tra le case e possano rivivere un’esperienza di famiglia».
Toccante durante il colloquio di circa un’ora e mezza, riferisce Di Tolve, «sentire alcuni sacerdoti che sperimentano la solitudine, l’isolamento di tanti anziani e ammalati e sentire anche la loro voce rotta dall’emozione nel raccontare alcune situazioni di dolore che hanno visto. Il Santo Padre ha raccomandato di generare dentro la comunità la capacità di ascoltare i segni dei tempi, di essere Chiesa profetica. Che vuol dire una capacità vera di prossimità oggi». Una missione che fa da contraltare a quella «condizione sociale di isolamento, di distanza, di grandi proclami e poi di poca effettiva vicinanza e condivisione con la gente».
Gente che è spesso in condizioni di emergenza: «I giovani anzitutto», rimarca Di Tolve, «a Roma ci sono ragazzi che vengono assoldati per vendere la droga e quindi lasciano la scuola in seconda media. Questo è il vero dramma che vivono. Davvero — afferma il vescovo — bisogna aiutare la gente a trovare i valori più importanti e più veri in un contesto e in una cultura dove ciascuno si sente dire: “Pensa a te stesso, realizza la tua vita. Non guardare troppo intorno realizza soltanto te stesso”. Ecco non possiamo accettare che la famiglia umana diventi così».
Nell’auditorium della Salesiana il Papa è arrivato dopo circa un quarto d’ora trascorso all’esterno a salutare i membri della comunità accademica, che hanno intonato un canto dedicato a don Bosco: professori (tra cui un sacerdote di 96 anni), studenti, collaboratori. Fuori i cancelli dell’ateneo la gente del quartiere ha formato un cordone per dare il benvenuto a Francesco. Lui ha fatto rallentare la macchina per salutare tutti. «Pensavo fosse uno scherzo... È il Papa davvero!», ha urlato una ragazza. Mentre parlando brevemente con alcuni giornalisti, Francesco ha sottolineato che in occasione del g7 — a cui parteciperà venerdì 14 giugno — parlerà di intelligenza artificiale e della pace, e che svolgerà anche alcuni colloqui bilaterali con leader presenti a Borgo Egnazia, in Puglia.
Dalla ormai nota Fiat 500 l, il Papa ha stretto le mani degli studenti assiepati da circa un’ora lungo il viale d’ingresso. Ha scherzato con un gruppo di argentini e si è fatto scattare una foto con alcune suore. Nel cortile il cardinale Artime ha presentato alcune delle persone presenti, ma altre si sono fatte avanti da sole, come suor Franca che ha stretto la mano del Papa ringraziandolo per le risposte alle sue lettere scritte negli scorsi anni. Con lei anche uno scambio di battute: «Quanti anni hai?», ha domandato Francesco. «Più di 80...». «Anche io ho più di 80 anni... Ma più vicina agli 80 o più vicina ai 90?». «Ehhh». Risate collettive trasformate in silenzio quando il Papa ha benedetto una giovane disabile in sedia a rotelle, di nome Gloria: «È molto brava», hanno detto dal gruppo. A tutti Francesco ha fatto dono di un rosario.
Pure ai sacerdoti, a fine incontro, Jorge Mario Bergoglio ha voluto lasciare un rosario come ricordo della giornata. Tanti i «grazie» da parte dei preti, in fila indiana per salutare il Pontefice; tante le richieste di «preghi per me», le lettere, i libri in dono o i saluti portati da parrocchiani, bambini del Grest (GRuppo ESTivo), familiari. In particolare il Papa ha incoraggiato la missione di un sacerdote colombiano da anni a Roma. Infine ha firmato il Libro d’onore dell’Università: «Molto contento di quest’incontro con i sacerdoti. Pregate per me. Fraternamente, Francesco».
di Salvatore Cernuzio