· Città del Vaticano ·

Il vescovo nel cuore
della “sua” Roma

 Il vescovo nel cuore  della “sua” Roma  QUO-130
10 giugno 2024

Nuvole grigie avvolgevano il più piccolo dei Colli sui quali l’Urbe vide la sua nascita, quando la Fiat 500 l ha fatto il suo ingresso ai piedi del Palazzo Senatorio. Gli squilli di tromba dei fedeli di Vitorchiano hanno salutato l’arrivo del Papa in Campidoglio, terza visita del Pontefice argentino nel cuore istituzionale di Roma, considerando – oltre a quella del 26 marzo 2019 – anche il momento di preghiera per la pace che si svolse nel 2020 nella stessa piazza.

Un Francesco sorridente ha aperto lo sportello per salutare il sindaco Roberto Gualtieri, in fascia tricolore. Strette di mano, parole sussurrate, poi insieme Pontefice e primo cittadino si sono diretti verso lo storico Tabularium, il monumento dalla facciata ad archi che domina sul Foro romano.

Al primo arco hanno sostato entrambi in silenzio, con Francesco che si è alzato dalla sedia a rotelle per posare lo sguardo su quello che secoli fa rappresentava il centro della Roma antica: i Fori Imperiali. Un momento breve, ma un fotogramma significativo che subito ha richiamato alla mente l’altro “affaccio” del 2019 con la sindaca di allora, Virginia Raggi, all’epoca però dallo studio privato. Francesco ha alzato le mani dalla inferriata come a voler benedire la “sua” città, quella di cui è vescovo. Un senso di appartenenza e vicinanza, dichiarato sin dai primi istanti di pontificato e ribadito anche nelle circa due ore di visita di questa mattina, sia nel discorso in Aula Giulio Cesare dinanzi ad assessori e consiglieri, quando ha ricordato il giro di visite di questi mesi in parrocchie di periferia «perché sentano che il vescovo è loro vicino», sia nella firma del Libro d’Oro del Comune dove ha ricordato le parole in latino di Enea che chiudono il secondo libro dell’Eneide — “e sollevato il padre mi diressi sui monti” —, aggiungendo: «Con questa decisione è nata Roma, nata da lontano, nata in cammino. A Roma, al Sig. Sindaco, ai suoi lavoratori, la mia gratitudine. Il vostro Vescovo Francesco».

La firma del Libro d’onore è stata l’ultimo atto della parte riservata della visita, con il colloquio privato con il sindaco e il saluto a familiari e membri della Segreteria del primo cittadino.

La parte pubblica, trasmessa anche dai maxi schermi in piazza del Campidoglio, dove sin dal mattino si era riunito un gruppo di cittadini, è stata l’intervento in Aula Giulio Cesare, il “parlamentino” romano, luogo di discussioni pubbliche e di democrazia. Un applauso caloroso partito dagli scranni ha accompagnato l’ingresso del Papa che, come primo gesto, ha benedetto una bambina, l’unica presente in sala, figlia di uno dei membri della giunta capitolina.

Il suo pianto, insieme ad applausi partiti spontaneamente, in particolare dopo alcune parole a braccio del Papa (in primis quelle sui rapporti tra Stato e Chiesa dettati non dai «soldi», come una certa «meschinità» sobilla, ma dall’umanità e dalla volontà di lavorare per il bene comune), ha scandito il discorso di Francesco.

Un discorso ampio, partito con lo sguardo al passato, alle origini di Roma, culla di civiltà, terra di imperatori e di Papi, sede di trattati internazionali, di Anni santi e di un Concilio, e proseguito con lo sguardo al futuro, quindi al Giubileo 2025, alle sue sfide e prospettive. Lo scambio dei doni ha concluso il momento centrale della visita: il sindaco ha donato a Francesco una medaglia d’argento e un documento di istituzione di alcune iniziative di carattere sociale; il Papa ha ricambiato con diversi doni: per il Comune, un mosaico raffigurante l’Arco di Tito; per il sindaco, un trittico di medaglie; per assessori e consiglieri, medaglie e la Bolla di indizione del Giubileo Spes non confundit.

«Grazie tante per l’accoglienza così fraterna, così cálida, così calorosa», ha commentato Francesco. «Arrivederci al Giubileo! Ci vediamo tutti lì». Il Pontefice ha voluto salutare uno ad uno tutti i presenti, poi si è diretto verso la loggia del Palazzo per un nuovo breve affaccio verso la michelangiolesca piazza del Campidoglio e il saluto a cittadini, lavoratori dell’Ama, della Protezione civile, delle forze dell’ordine, dipendenti del Comune. Un «grazie» pure a loro per l’accoglienza e una richiesta di pregare tutti insieme l’Ave Maria. Anche quello un fugace richiamo al passato, con il Papa neo eletto nel 2013 che, affacciato alla Loggia delle Benedizioni della basilica Vaticana, chiedeva al popolo dell’Urbe di invocare l’intercessione della Madonna.

Diversi momenti, infine, prima del congedo e del rientro in Vaticano: la sosta nella “Sala Laudato si’”, inaugurata nel 2019, il saluto ai dipendenti nella Sala della Protomoteca e lo svelamento di una targa commemorativa della visita di oggi: «A Sua Santità Francesco, successore di Pietro e vescovo di Roma, promotore di cura della Casa Comune e testimone di fraternità universale».

di Salvatore Cernuzio


Nel saluto del sindaco Roberto Gualtieri

L’Urbe parla al mondo di un destino comune dell’umanità


«Il Giubileo farà Roma migliore»: se n’è detto certo il sindaco capitolino, Roberto Gualtieri, rivolgendo il suo saluto a Papa Francesco nell’Aula Giulio Cesare. Con l’Anno Santo, ha affermato, Roma «parlerà al mondo», seguendo la sua vocazione di «città universale accogliente e aperta, luogo simbolo della convivenza pacifica tra popoli». Questa dimensione universale, ha continuato il primo cittadino,  «rappresenta una straordinaria ricchezza per la città, poiché ci stimola a un confronto globale sulle migliori soluzioni per garantire un futuro prospero e sereno alle nuove generazioni».

A cinque anni di distanza dalla precedente visita del Pontefice all’Amministrazione capitolina, avvenuta il 26 marzo 2019, e dopo che la città — e non solo — è passata attraverso eventi «che hanno scosso il mondo», quali la pandemia e il forte soffio dei «venti di guerra», Gualtieri ha ricordato che ora è «il tempo del coraggio, non della rassegnazione» per una città assetata di speranza. Per questo ha ribadito che, pur nella «distinzione tra le prerogative del potere civile e di quello spirituale», l’Urbe è impegnata al fianco della Santa Sede per «remare insieme» allo scopo di «imprimere un corso diverso alla storia comune», rifiutando indifferenza, paura, logiche di guerra e ingiustizie. 

Fianco a fianco, ha proseguito Gualtieri, oggi la città e la Santa Sede affrontano anche «problemi e sfide globali inedite»,  perché Roma «è una realtà e un’idea che va ben oltre le proprie mura». Una realtà e un’idea che, grazie al magistero pontificio, si traducono in fratellanza, pace, centralità della persona, dialogo interreligioso ed ecumenico, nonché in interconnessione tra natura e società umana. Perché «Roma parla oggi, ad alta voce, di un destino comune dell’umanità» e «con la sua forza umana, civile, spirituale, può dare un contributo che va oltre i suoi confini». 

Gualtieri ha evidenziato poi come la presenza della Chiesa abbia plasmato l’Urbe soprattutto in termini di sviluppo, bellezza e solidarietà: parrocchie, scuole e istituzioni caritative, ha detto, sono state e sono «collettore e propulsore» del volontariato, presente quotidianamente al fianco di poveri, senzatetto, sofferenti e bisognosi. Centrali, nel saluto del primo cittadino, anche il richiamo a temi fondamentali per Roma e per il mondo, quali l’ecologia integrale, le migrazioni e le periferie che vedono l’arrivo di coloro che fuggono «da guerre e miseria». Si tratta di tematiche, ha evidenziato Gualtieri, sulle quali la Chiesa «ha contribuito in maniera determinante» ad aprire gli occhi della città. E oggi questo contributo «è ancora più prezioso e fecondo» per «colmare quelle “distanze abissali” tra persone e quartieri». 

In quest’ottica, l’auspicio indicato dal primo cittadino è che l’Anno Santo lasci all’Urbe «un’eredità non solo di opere materiali, ma anche un patrimonio di valori etici e sociali da offrire all’umanità», così da rendere il territorio non solo «più vivibile, sostenibile e coeso», ma anche per «proiettarlo nel mondo come un punto di riferimento sulle grandi missioni di questa epoca». 

In tale contesto, il sindaco capitolino ha citato alcune iniziative, avviate come «segni di speranza» giubilari: tra queste, una dimora per persone anziane intitolata proprio “Casa della speranza” e il progetto di formazione e di avviamento al lavoro “Fratelli tutti”, pensato per i detenuti della Casa circondariale di Rebibbia. Il nome scelto non è casuale: «Il  valore fondamentale della fratellanza a cui ci richiama — ha spiegato infatti il primo cittadino — deve tradursi in azioni concrete per garantire ai detenuti dignità e futuro».

Davanti alle molteplici dimenisioni della città, ha indicato ancora il sindaco, può esserci un simbolo che le racchiuda tutte e questo potrebbe essere piazza Pia: confinante con via della Conciliazione, il luogo è attualmente sede di «uno dei grandi cantieri per il Giubileo», ma in futuro potrà essere «luogo d’abbraccio tra la Santa Sede e la città, unite nella missione comune di aprire di nuovo al mondo le porte di una Capitale universale, laboratorio di sostenibilità, pace e speranza».

Il saluto di Roberto Gualtieri si è infine concluso con un ringraziamento e una nota affettuosa nei confronti del Pontefice: «Roma e i romani — ha detto il sindaco — Le vogliono bene». 


Le parole di Svetlana Celli, presidente dell’Assemblea capitolina 

Un impegno per la pace 


Una città in movimento verso il futuro, ma ancorata saldamente alla sua storia millenaria: sono queste le caratteristiche fondamentali della città di Roma, tratteggiate dalla presidente dell’Assemblea capitolina, Svetlana Celli, nel suo indirizzo di saluto rivolto a Papa Francesco nell’Aula Giulio Cesare. Nelle sue parole anche il richiamo all’imminente Giubileo, definito «un appuntamento prezioso» sia per «rinvigorire i valori della cristianità», sia per «promuovere uno spirito inclusivo, solidale e ospitale», nell’ottica della centralità della persona umana e del bene comune. 

Celli ha rilanciato, al contempo, l’appello del Pontefice a «costruire una pace duratura» in Ucraina, Medio Oriente e «in tutte le zone di guerra nel mondo, perché sono troppe, troppe le vittime innocenti». 

Infine, la presidente dell’Assemblea capitolina ha sottolineato l’affetto tangibile e la vicinanza di  Francesco all’Urbe, nonché l’attenzione del Pontefice per le periferie: un gesto, ha concluso, che si tramuta «nel messaggio più bello in termini di umanità e generosità» che il Vescovo di Roma fa arrivare alla città e che ogni romano riceve «con immensa gratitudine», ricambiandolo con un abbraccio e una preghiera.