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Hic sunt leones

Sud Africa:
inventare l’avvenire

People attend the announcement of the election results at the National Results Operation Centre of ...
07 giugno 2024

Dopo trent’anni dalle prime elezioni democratiche in Sud Africa, che sancirono la storica ascesa del partito di Nelson Mandela, l’African National Congress (Anc), il voto dello scorso 29 maggio ha segnato un passaggio fondamentale nel processo di maturazione dell’intera nazione sudafricana. Infatti, l’Anc ha ottenuto il 40,18 per cento dei suffragi registrando un notevole declino rispetto al 57,50 per cento del 2019, calo che conferma il malessere di una quota significativa dell’elettorato. Un dato che è confermato anche dall’astensionismo: solo il 60 per cento degli aventi diritto si è recato alle urne.

Al secondo posto si è confermato il primo partito d’opposizione, la Democratic Alliance (Da), di ispirazione liberista e sostenuto soprattutto dalla minoranza bianca (il 7 per cento della popolazione), con poco meno del 22 per cento dei consensi, seguito da Umkohnto we Sizwe (in lingua zulu: Lancia della Nazione), il neonato partito dell’ex Presidente Jacob Zuma, ex membro dell’Anc e predecessore dell’attuale Capo dello Stato in carica Cyril Ramaphosa, che ha ottenuto il 14,58 per cento. Infine, gli Economic Freedom Fighter (Eff) dell’ex Presidente dell’ala giovanile dell’Anc, Julius Malema sono in quarta posizione, con circa il 9,5 per cento. Ora servirà dunque, per la prima volta nella storia sudafricana post-apartheid, una coalizione di governo.

Da rilevare che il Presidente Ramaphosa ha ammesso che il suo partito, l’Anc, ha conseguito un risultato elettorale certamente difficile da accettare, ma che alla prova dei fatti rappresenta comunque una vittoria per la democrazia. D’altronde, al di là delle percentuali relative al consenso attribuito dagli elettori alle varie formazioni in campo, contano i numeri. L’Anc ha ottenuto 159 seggi dei 400 che compongono l’Assemblea nazionale, in calo rispetto ai 230 della passata legislatura. Il capo dello Stato ha naturalmente invitato i partiti rivali a trovare un terreno comune, per consentire la creazione di un esecutivo in grado di governare il Paese. «Il nostro popolo ha parlato, che ci piaccia o no», ha dichiarato ai giornalisti Ramaphosa. «Come leader dei partiti politici, come tutti coloro che occupano posizioni di responsabilità nella società – ha aggiunto - abbiamo ascoltato la voce del nostro popolo e dobbiamo rispettare i suoi desideri». A questo proposito, John Steenhuisen, leader della Da, ha accolto l’invito di Ramaphosa, affermando: «Esortiamo tutti coloro che amano la nostra Costituzione e tutto ciò che rappresenta a mettere da parte la meschina politica e gli interessi settari e ad unire le forze ora».

Tuttavia è già evidente che sarà molto difficile, se non addirittura impossibile, un accordo tra Anc e Da in quanto quest’ultimo si oppone a due delle priorità chiave dell’Anc: le sue politiche di empowerment nei confronti della popolazione afro, che mirano a contrastare l’esclusione sociale conferendo a coloro che patirono la segregazione razziale una maggiore partecipazione nell’economia nazionale; e il disegno di legge sull’assicurazione sanitaria nazionale (Nhi), che dovrebbe garantire assistenza sanitaria per tutti.

Il fatto che l’Anc abbia fatto sapere che entrambe queste priorità non sono negoziabili nell’ambito dei colloqui per formare una coalizione di governo dimostra come i due partiti siano distanti tra loro. Per quanto riguarda le altre due formazioni politiche, i margini di trattativa sembrano esserci, anche se non mancano le difficoltà.

L’ex presidente Zuma, che ha apertamente contestato i risultati elettorali, si è comunque dichiarato disponibile a collaborare con l’Anc, ma non fino a quando il partito sarà guidato da Ramaphosa. In un’intervista all’emittente radiofonica britannica Bbc, Patrick Gaspard, ambasciatore degli Stati Uniti in Sud Africa dal 2013-2016, ha descritto i due politici come «nemici giurati».

È evidente che le trattative tra Anc e Umkohnto we Sizwe si prospettano in salita e l’accordo non potrà ignorare il risultato elettorale. Basti pensare che nella provincia del KwaZulu-Natal, da cui proviene Zuma, l’Umkohnto we Sizwe ha ottenendo il 44 per cento dei suffragi contro il 19 per cento dell'Anc.

Nel frattempo, l’Eff di si è mostrata più duttile nel confronto e disponibile a collaborare con l’Anc. Entro la metà di giugno è attesa la formazione del nuovo governo.

Si tratta dunque di una nuova fase politica in cui la Nazione Arcobaleno di Mandela, ancora una volta, è chiamata ad una decisa assunzione di responsabilità. A questo proposito è bene sottolineare che la fine dell’apartheid aveva generato un clima di grande ottimismo e l’affermazione della democrazia rispondeva alle altissime speranze e bisogni di progresso economico e di giustizia sociale, dopo i decenni di segregazionismo che avevano acuito le diseguaglianze tra i vari gruppi di popolazione differenziati su base razziale.

È innegabile che questo processo è stato sotto certi aspetti a dir poco virtuoso, non foss’altro perché venne scongiurato il pericolo di una guerra civile, vista la difficile eredità politica del Paese. Inoltre, il Sud Africa - che conta una gran varietà di gruppi etnici e 12 lingue ufficiali – si è dotato di una nuova costituzione fondata sulla garanzia del contrasto alle discriminazioni razziali, linguistiche, religiose e di ogni altro genere. Inoltre, il Pil è cresciuto in maniera significativa, più che triplicando, dal 1994 al 2011.

Purtroppo, a seguito di una congiuntura internazionale certamente non favorevole e alle debolezze sistemiche del comparto energetico nazionale (in particolare della compagnia pubblica Eskom) che hanno avuto un impatto negativo sulle attività economiche, le aspirazioni di crescita sono venute meno. Basti pensare che tra il 2012 e il 2023, il Pil si è ridotto del 13 per cento passando da 434,4 miliardi di dollari a 377,6 miliardi.

Questo fenomeno si è acuito anche a seguito della corruzione all’interno delle istituzioni preposte alla gestione della res publica. Un fenomeno che ha trovato la sua ricapitolazione nello scandalo che ha investito la presidenza di Jacob Zuma portando alle sue dimissioni nel 2018. Si è trattato del classico esempio di “State capture”, vale a dire una corruzione politica sistemica in cui gli interessi privati influenzano in modo significativo i processi decisionali dello Stato e delle sue istituzioni a proprio vantaggio.

Sta di fatto che i redditi hanno subito una forte flessione, mentre la disoccupazione ha superato il 30 per cento nel 2023. Al contempo, è tornata a salire l’incidenza di crimini violenti e omicidi. I dati riportati dal Global Organized Crime Index rivelano che tra il 2021 e il 2023 il tasso di criminalità del Sud Africa ha portato il Paese dal diciannovesimo posto su 193 Paesi al settimo, superando Stati come Iraq e Afghanistan. Il ministro della polizia sudafricana Bheki Cele, ha dichiarato che tra ottobre e dicembre dello scorso anno si sono registrati oltre 7.700 omicidi, circa 85 al giorno. Le province più colpite dal fenomeno criminale sono il Capo occidentale, KwaZulu-Natal, Gauteng e il Capo orientale.

Inoltre a pesare sull’intero scenario è poi l’eredità della segregazione razziale che condiziona tuttora lo sforzo di creare un ordine sociale coerente e inclusivo. Il Sud Africa è purtroppo, ancora oggi il Paese più ineguale al mondo, con una forte divaricazione tra ricchi e poveri, anche su base razziale.

Insomma, a 30 anni dalla nascita della democrazia sudafricana, Pretoria ha di fronte a sé non poche sfide. Anche perché il Sud Africa è comunque un Paese di riferimento a livello continentale e internazionale, non solo per il fatto di essere a pieno titolo dal 2010 membro dei Brics, ma anche in virtù della sua economia avanzata e diversificata, la seconda dell’Africa per dimensioni nel 2023 stando ai dati del Fondo Monetario internazionale (Fmi), con 377 miliardi di dollari.

In questa prospettiva, l’esito della recente tornata elettorale potrebbe essere un’opportunità per inventare l’avvenire, ridando slancio e autorevolezza ad un Paese che dispone comunque di straordinarie risorse umane, culture ancestrali e ricchezze naturali. Voce non solo del continente africano, ma più in generale del Sud Globale.

di Giulio Albanese