· Città del Vaticano ·

Il tema della settimana
Sul messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato

Dio cammina
con e nel suo popolo

 Dio cammina con e nel suo popolo  QUO-127
06 giugno 2024

In continuazione con una tradizione inaugurata da san Giovanni Paolo ii, ogni anno, in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, il Pontefice pubblica un messaggio speciale con il proposito di offrire un approfondimento teologico-pastorale su una particolare tematica in ambito migratorio. Per la Giornata di quest’anno, che segna la 110a edizione dell’evento, Papa Francesco ha scelto come tema «Dio cammina con il suo popolo», evidenziando fin dall’incipit del messaggio le analogie tra il cammino sinodale della Chiesa, la sua vocazione itinerante e l’esperienza quotidiana di tanti migranti e rifugiati: «L’accento posto sulla sua dimensione sinodale permette alla Chiesa di riscoprire la propria natura itinerante, di popolo di Dio in cammino nella storia, peregrinante, diremmo “migrante” verso il Regno dei cieli.»

Il messaggio del Santo Padre si sviluppa in due parti. La prima è dedicata alla presenza divina tra il popolo in cammino, quel “camminare con” così importante nell’esperienza del popolo dell’alleanza. In molti testi del Vecchio Testamento viene evocata l’immagine della “tenda” come luogo della manifestazione di questa presenza, garanzia di protezione e di guida certa nell’itineranza verso la Terra promessa.

La tenda si allestisce e si smonta facilmente, viaggia con il popolo e lo accompagna in ogni suo passo. E ci sono altri segni — ricorda Papa Francesco — che manifestano concretamente la presenza di Dio tra il suo popolo in esodo: «l’arca dell’alleanza rende tangibile la vicinanza di Dio (cfr. Es 33, 7); l’asta con il serpente di bronzo assicura la protezione divina (cfr. Nm 21, 8-9); la manna e l’acqua (cfr. Es 16-17) sono i doni di Dio al popolo affamato e assetato».

Il popolo di Dio continua a camminare lungo le strade degli esodi contemporanei. Il Pontefice sottolinea come l’esperienza di Dio come compagno di viaggio, guida ed ausilio, ancora di salvezza e luce nell’oscurità, sia ancora essenziale. I migranti e i rifugiati di oggi ricorrono a Dio prima di cominciare il loro viaggio, si abbandonano a lui nelle difficoltà, lo cercano nei momenti di sconforto. A testimonianza di questo, in ambito cristiano, basti pensare a quante bibbie, vangeli, libri di preghiera e immaginette sono state recuperate durante le operazioni di salvataggio nei diversi mari, oppure semplicemente restituiti dalle onde dopo i terribili naufragi. Alcuni di questi oggetti sono gelosamente custoditi oggi in una speciale teca nel corridoio del nostro Dicastero. Solo qualche settimana fa ho avuto l’onore di accompagnare alcuni vescovi per una visita a uno dei luoghi più significativi del Darién, il corridoio migratorio tra Colombia e Panamá. Ho contato centinaia di persone, che arrivavano solo con quello che avevano addosso, ma con il rosario al collo o in mano. E tutti a chiedere ai vescovi presenti una benedizione e una preghiera per il coronamento del loro sogno.

La seconda parte del messaggio si sofferma su una diversa accezione della presenza divina tra il suo popolo in cammino: Dio cammina “nel” suo popolo. Il Signore «si identifica con gli uomini e le donne in cammino attraverso la storia — in particolare con gli ultimi, i poveri, gli emarginati —, come prolungando il mistero dell’Incarnazione». Il riferimento al racconto del giudizio universale (Mt 25) è evidente: è Gesù Cristo stesso che bussa alla porta del nostro cuore in ogni fratello e sorella affamato, assetato, nudo, ammalato, straniero o in carcere e chiede di essere riconosciuto ed accolto. Sappiamo bene, però, che non è sempre facile riconoscere questa presenza divina, specie quando il Maestro si presenta sporco, sudato, trasandato o ferito, quando parla una lingua incomprensibile. Possiamo riconoscerlo negli abitanti delle periferie esistenziali solo con gli occhi della fede, che leggono nelle loro storie il prolungamento dell’incarnazione del Figlio.

L’incontro con questi nostri fratelli e sorelle è una scelta che può trasformare la nostra vita, facendoci crescere nella nostra umanità mentre ci sforziamo di restaurare quella altrui. L’incontro con i migranti e i rifugiati è un’occasione di arricchimento mutuo nello scambio vicendevole di culture, tradizioni e valori. Ma soprattutto questo incontro realizza pienamente il nostro ideale di incontro con Dio, obiettivo ultimo della nostra esistenza. Come scrive il Santo Padre, «i poveri ci salvano, perché ci permettono di incontrare il volto del Signore». Ogni incontro con il fratello e la sorella in difficoltà si trasforma così in un evento teofanico, un vera rivelazione divina. E quanto più l’altro incontrato sarà altro, tanto più ci rivelerà l’alterità di Dio.

Il messaggio si conclude con una meravigliosa preghiera da recitare con frequenza in preparazione alla celebrazione della 110a Giornata mondiale del migrante e del rifugiato il prossimo 29 settembre. Vorrei sottolinearne un breve passaggio: «Non permettere che diventiamo padroni di quella porzione del mondo che ci hai donato come dimora temporanea». Troppo spesso, infatti, ci dimentichiamo che siamo tutti di passaggio in questo mondo, tutti migranti, e ci illudiamo di essere i padroni di quanto Dio ha creato per tutta la famiglia umana.

di Fabio Baggio
Scalabriniano, sotto-segretario del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale