«Una nuova architettura finanziaria internazionale audace e creativa» che nella prospettiva del Giubileo del 2025 porti a una moratoria del debito estero dei Paesi più poveri. È tornato a chiederlo Papa Francesco, ricevendo stamane, mercoledì 5 giugno, nell’Auletta dell’Aula Paolo vi , i partecipanti al seminario “Affrontare la crisi del debito nel Sud del mondo”, promosso dalla Pontificia Accademia delle scienze. Ecco una nostra traduzione dallo spagnolo del discorso del vescovo di Roma.
Cari amici e amiche,
buongiorno e benvenuti.
Vi ho buttato giù dal letto oggi!
Sono contento di incontrarvi questa mattina. Saluto il cardinale Turkson, Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, e tutti voi che partecipate all’incontro “Debt Crisis in the Global South”, che si propone di avviare un dialogo sull’attuazione di politiche che aiutino a risolvere il problema del debito che affligge molti Paesi del sud globale, che affligge milioni di famiglie e di persone nel mondo.
Ai popoli non serve un finanziamento qualsiasi, ma quello che implica una responsabilità condivisa tra chi lo riceve e chi lo concede. Il beneficio che questo può apportare a una società dipende dalle sue condizioni, da come viene usato e dagli ambiti in cui si risolvono le crisi dei debiti che possono prodursi.
Dopo una globalizzazione mal gestita, dopo la pandemia e le guerre, ci troviamo di fronte a una crisi del debito che colpisce soprattutto i Paesi del sud del mondo, generando miseria e angoscia, e privando milioni di persone della possibilità di un futuro dignitoso. Di conseguenza, nessun governo può esigere moralmente dal suo popolo che subisca privazioni incompatibili con la dignità umana.
Per cercare di rompere il circolo finanziamento-debito sarebbe necessaria la creazione di un meccanismo multinazionale, basato sulla solidarietà e sull’armonia tra i popoli, che tenga conto del significato globale del problema e delle sue implicazioni economiche, finanziarie e sociali. L’assenza di tale meccanismo favorisce il “si salvi chi può”, dove a perdere sono sempre i più deboli.
In sintonia con il magistero dei miei predecessori, vorrei ribadire che sono i principi di giustizia e di solidarietà a far trovare piste di soluzioni. Su questa via è indispensabile operare in buona fede e con verità, seguendo un codice di condotta internazionale, con norme di valore etico, che tuteli i negoziati. Pensiamo quindi a una nuova architettura finanziaria internazionale che sia audace e creativa.
Nel Giubileo dell’anno 2000 san Giovanni Paolo ii osservava che il tema del debito estero «non è solamente di carattere economico, ma investe i principi etici fondamentali e deve trovare spazio nel diritto internazionale» e riconosceva che «il Giubileo può costituire un’occasione propizia per gesti di buona volontà [...], [per] condonare i debiti o almeno ridurli [...] in funzione del bene comune» (Udienza generale, 3 novembre 1999). E questa era una tradizione del popolo ebreo, nell’anno giubilare si condonavano i debiti. Vorrei farmi eco di questo appello profetico, oggi più urgente che mai, tenendo presente che il debito ecologico e il debito estero sono due facce di una stessa medaglia che ipoteca il futuro. Per questo, cari amici, l’Anno Santo del 2025 verso cui ci stiamo incamminando ci chiama ad aprire la mente e il cuore per essere capaci di sciogliere i nodi di quei cappi che strangolano il presente, senza dimenticare che siamo solo custodi e amministratori, e non padroni.
Vi invito a sognare e ad agire insieme nella costruzione responsabile della nostra casa comune; nessuno può abitarla con la coscienza tranquilla quando sa che attorno a sé c’è una moltitudine di fratelli e sorelle affamati e anche immersi nell’esclusione sociale e nella vulnerabilità. Permettere che ciò accada è peccato, peccato umano, anche se uno non ha fede, è peccato sociale. Quello che state facendo è importante, prego per voi. Che Dio vi benedica. E vi chiedo anche di non dimenticarvi di pregare per me. E per tutti chiedo al Signore che vi benedica. Amen.