· Città del Vaticano ·

La relazione dell’arcivescovo Gallagher a una conferenza su “Libertà religiosa e sviluppo umano integrale”

Il primo tra i diritti

 Il primo tra i diritti   QUO-126
05 giugno 2024

 “Libertà religiosa e sviluppo umano integrale” è il tema della conferenza internazionale che si svolge oggi, mercoledì 5 giugno, a Roma, nella Villa Magistrale, una delle sedi di governo del Sovrano militare ordine di Malta (Smom). Organizzata dall’Ambasciata dello Smom presso la Santa Sede, Atlantic Council, Notre Dame University, University of Sussex, John Cabot University e Pontificia Università Urbaniana, riunisce oltre sessanta accademici, tra docenti e ricercatori universitari, provenienti da 19 Paesi e in rappresentanza di diversi governi e religioni. L’incontro rappresenta il frutto di un’approfondita collaborazione tra istituzioni diverse per offrire una piattaforma nuova di dialogo aperto ed equilibrato nell’affrontare temi urgenti come le persecuzioni e le discriminazioni religiose. La giornata di studio è stata aperta dall’arcivescovo  segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali (pubblichiamo ampi stralci della sua relazione in una nostra traduzione dall’inglese) e comprende quattro sessioni. Nel pomeriggio sono in programma interventi del Gran maestro fra’ John Dunlap, che conclude i lavori, e del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato.

Il diritto alla libertà religiosa, in termini sia storici sia logici, occupa il primo posto tra i diritti di libertà. [Essa] può essere considerata un prisma attraverso il quale si possono vedere tutte le libertà.

La violazione del diritto alla libertà religiosa ha l’effetto di minare non un solo diritto, bensì l’intera categoria dei diritti umani.

È motivo di preoccupazione il fatto che, secondo alcune stime, quasi 4,9 miliardi di persone vivano in Paesi dove si verificano violazioni gravi o molto gravi della libertà religiosa. Nel mondo, l’esercizio dei diritti nelle questioni di coscienza di almeno sette cittadini su dieci viene impedito o leso. Da questo punto di vista i cristiani sono i più vulnerabili. Oltre 365 milioni di cristiani (circa uno su sette) subiscono alti livelli di persecuzione per la loro fede. Gli attacchi a chiese e a proprietà dei cristiani sono aumentati in modo significativo nel 2023, e il numero di cristiani che denunciano aggressioni violente non è mai stato così alto.

È preoccupante che il numero di persone perseguitate a motivo delle loro credenze religiose stia aumentando, in contrasto con la tendenza generale osservata per le violazioni di altri diritti umani. Ci sono diversi fattori che contribuisco all’aumento inatteso e importante dell’intolleranza, della discriminazione o perfino della persecuzione a ragione delle credenze religiose della persona.

Anzitutto, il fondamentalismo religioso, che non è limitato all’islam. Spesso si mescola a forme di nazionalismo che stanno rendendo esplosive realtà che un tempo erano immuni all’intolleranza religiosa. Il fenomeno non deriva solo dalla violenza pubblica, dalla natura non democratica del sistema statale, ma anche dalla crescente violenza di gruppi privati.

Può nascere anche per ragioni politiche ed economiche. In tal senso, la violenza che i cattolici — vescovi, sacerdoti, laici — subiscono in diverse realtà è unica, poiché la Chiesa si oppone alla diffusione di un’economia del saccheggio, che favorisce il crescente divario tra i (pochi) ricchi e la moltitudine di poveri.

Un’altra fonte è il sovranismo che, in nome della conservazione delle identità nazionali, porta a forme più o meno esplicite di intolleranza verso le minoranze religiose. Ciò solleva, tra le altre, la delicata questione dei limiti legittimi che vengono o possono essere posti all’esercizio di un diritto che in una società democratica deve essere sullo stesso piano degli altri diritti.

C’è anche un’intolleranza che mostra il suo volto minaccioso nei Paesi ricchi dell’emisfero settentrionale, nell’Occidente che si vanta dei risultati raggiunti nel riconoscimento e nella tutela dei diritti umani. È paradossale, poiché da un lato questi Paesi si vantano di essere gli “esportatori” dei diritti umani, talvolta perfino di quelli che erroneamente chiamano “diritti”: basti pensare alle lotte per l’universalizzazione dell’aborto come diritto o, più in generale, dei cosiddetti diritti riproduttivi; o anche alle richieste sul tema del gender. Dall’altro, trascurano il primo dei diritti in questione, la libertà religiosa.

Spesso ciò è dovuto a un evidente fattore ideologico, vale a dire la laicità dello Stato e delle istituzioni pubbliche. Qui la neutralità riguardo alla libera scelta dei cittadini nelle questioni religiose è sostituita da un’ideologia intollerante nei confronti di altre credenze, che di conseguenza vengono emarginate al punto di sparire dalla pubblica piazza.

L’assenza di qualunque riferimento alla libertà religiosa dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è indicativa della riluttanza della comunità internazionale a riconoscere la dimensione religiosa nella vita delle persone. Il documento tralascia di affrontare tale questione [e] la religione è vista come un mero attributo tra le tante caratteristiche che definiscono la persona umana.

La libertà di religione svolge un ruolo determinante nel realizzare lo sviluppo umano integrale. Di fatto, la libertà religiosa, fondata sulla dignità della persona umana e sulla rivelazione cristologica, non fa altro che fornire la matrice di un’idea che la modernità ha difeso con vigore. Deve comunque essere chiaro che la libertà religiosa è una questione di diritto naturale, sul quale si basa ogni riflessione teologica, e che entrambe portano a una comprensione antropologica della domanda in questione.

Il rapporto tra religione e società sta vivendo un’importante trasformazione. Da un lato, la dimensione religiosa dell’esperienza umana è stata messa ai margini. Da l’altro, stanno crescendo forme di fondamentalismo, che promuovono il ri-affioramento della religione nella sfera pubblica, talvolta con elementi di fanatismo. In tale contesto, c’è la pressante necessità di una integrazione antropologica e politica tra l’individuo e le dimensioni collettive della libertà religiosa.

Alla base [di quest’ultima] c’è la capacità della persona umana di realizzarsi nel suo rapporto con l’interiorità spirituale. Occorre porre l’enfasi sulla coscienza, che ogni persona ha il dovere di seguire. Inversamente, nessuno può costringere una persona ad agire contro la propria coscienza, specialmente nelle questioni religiose. Le autorità civili hanno il dovere di rispettare e di far rispettare questo diritto fondamentale.

La libertà religiosa non può essere equiparata all’arbitrarietà di una coscienza priva di un obiettivo e di un riferimento trascendente. Non si tratta soltanto di una questione di interpretazione giuridica; piuttosto, riguarda la verità della persona umana, che la Chiesa crede di poter salvaguardare come dono prezioso ricevuto nella rivelazione. Inoltre, non va intesa come un tentativo di imporre detta verità a tutti, piuttosto come un tentativo di dimostrarla.

La difesa della libertà religiosa può essere intesa come difesa della verità della persona umana dinanzi a limiti che possono essere imposti da gruppi religiosi fondamentalisti o Stati totalitari, come anche dinanzi a una neutralità dello Stato compresa come indifferenza al contributo che persone o gruppi religiosi possono dare all’edificazione della vita sociale.

Chi può godere del diritto alla libertà religiosa può anche realizzare il proprio sviluppo integrale e potrà essere agente di sviluppo nella società in generale.

di Paul Richard Gallagher