· Città del Vaticano ·

Dal Papa suor Geneviève Jeanningros e persone trans e omosessuali

«Grazie a lui ci sentiamo accolte»

 «Grazie a lui ci sentiamo accolte»  QUO-126
05 giugno 2024

«Eccola qua, la enfant terrible…». Papa Francesco sta finendo il giro del sagrato della basilica di San Pietro dopo l’udienza generale; tra i saluti a bimbi malati, sacerdoti e giovani sposi, incrocia il guizzo azzurro degli occhi di suor Geneviève Jeanningros, piccola sorella di Gesù, quasi un’icona del «Vangelo vissuto terra terra», cioè di una pastorale svolta da 56 anni in mezzo alle comunità Lgbtq+ e ai giostrai del Luna Park di Ostia Lido, con i quali condivide la vita abitando in una roulotte insieme alla consorella Anna Amelia.

Giacchetto a coprire le spalle minute e il velo blu ad incorniciare un volto dai tratti quasi botticelliani nonostante le rughe degli 81 anni, la suora è seduta in prima fila. È l’ultima dopo un «gruppo mischiato»: persone omosessuali, transessuali, una coppia di catechisti, una ragazza impegnata nella pastorale carceraria tra i transgender di Rebibbia. Lei in realtà non li conosce, né domanda chi sono o quale sia il loro orientamento sessuale: «No, non chiedo».

Francesco si ferma a salutare, consegna un rosario ad Ada che oggi festeggia il compleanno, poi stringe le mani, fa una battuta, dà una benedizione. Con suor Geneviève poche parole e un sorriso veloce; è lo scambio con un’amica che si vede spesso. D’altronde la religiosa francese quasi ogni mercoledì è all’appuntamento in piazza San Pietro per salutare il Pontefice e fargli incontrare gruppi di gente: nomadi, circensi, transgender, omosessuali, coppie di vario tipo. «In questi mondi vediamo passare gente di tutti i tipi e il tuo cuore si apre», racconta suor Geneviève, ricordando pure l’incontro coi familiari (mamma, papà, sorelle, compagno) di un medico statunitense gay, morto di Covid per il suo impegno “in trincea” durante la pandemia a cui però sono stati rifiutati i funerali in Chiesa perché omosessuale. «Il padre ha detto: “Io a questa Chiesa non credo più”. Tramite una sorella degli Usa li abbiamo fatti venire a Roma e hanno salutato il Papa che li ha benedetti... E loro sono ripartiti, in tutti i sensi».

La suora ha conosciuto il Papa già tempo fa; gli aveva scritto dopo l’elezione ricordando la storia di una zia missionaria in Argentina desaparecida durante la “Guerra sporca”. Il rapporto epistolare non si è mai interrotto e Francesco in un’udienza ad artisti di strada le aveva fatto anche intonare gli auguri di buon compleanno. In mezzo alla pandemia di coronavirus, mentre la gente viveva «il dramma» di ritrovarsi senza lavoro né cibo e sommersa da bollette, insieme al parroco della Beata Vergine Immacolata di Torvaianica, don Andrea Conocchia, ha pensato di bussare alla porta di «don Corrado», il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski: «È venuto con un furgoncino pieno di roba. Se avete bisogno anche per le bollette portatecele, ci ha detto. Io l’ho fatto per gli amici del Luna Park, don Andrea per la comunità di trans: circa 40/50, molte sudamericane, più di un’argentina».

Dopo questa prima emergenza, i medici «del colonnato» sono andati a Torvaianica e a Ostia, curando queste persone che stavano male e facendo loro anche il vaccino. «Le donne — racconta suor Geneviève — hanno detto: vogliamo ringraziare Francesco! Ci siamo detti: ma come saranno accolti? Dal Papa non avevo dubbi, ma in generale… Sa, ci sono un po’ di pregiudizi. Li capisco, eh. Pure io da giovane li avevo ma poi incontri la gente, vedi la loro sensibilità. Piangi e ridi con loro».

Insomma suor Geneviève, districandosi tra messaggi WhatsApp ed e-mail, è riuscita a scrivere direttamente al Papa. E ha ricevuto in risposta dei «buoni biglietti» per l’udienza. Un mercoledì ha accompagnato Claudia, Marcella e tante altre: «Anche una ammazzata poco dopo. Con il Papa si erano fatte una foto, gliel’ho portata e lui ha pregato per lei». Dopo questo è iniziato il flusso di biglietti, lettere, delle empanadas preparate dalle argentine. «Gli vogliono tanto bene perché è la prima volta che trans e gay sono stati accolti da un Papa. Lo hanno ringraziato perché finalmente hanno trovato una Chiesa che è andata incontro a loro». Il rapporto ormai stabilito è sincero, senza opportunismi ma fatto di benevolenza e gratitudine. Un rapporto che non è stato scalfito nemmeno dalle recenti polemiche sulle espressioni che il Papa avrebbe pronunciato in un incontro a porte chiuse: «Forse all’inizio c’è stata un po’ di sofferenza, ma ripensando si sono fatte una risata e hanno detto: nella realtà non è così. Il Papa ama i piccoli, non li butta certo via». Il prossimo mercoledì Geneviève Jeanningros sarà di nuovo all’udienza generale: «Accompagno 10 persone, 7 omosessuali. Vengono da Milano e da altre parti per ribadire al Papa il loro affetto».

di Salvatore Cernuzio