La guerra
L’invito a farsi «voce di una cultura della pace» e «spazio in cui affermare che la guerra non è mai “inevitabile” mentre la pace è sempre possibile», è stato rivolto dal Papa ai membri delle Associazioni cristiane lavoratori italiani (Acli), ricevuti in udienza nella mattina di oggi, sabato 1° giugno, nell’Aula Paolo vi , in occasione dell’ottantesimo anniversario di fondazione. Di seguito il testo del discorso pronunciato dal Pontefice.
Cari fratelli e sorelle delle ACLI!
Sono felice di accogliervi mentre state celebrando il vostro ottantesimo anniversario. È una storia lunga e ricca, che testimonia il vostro impegno e la vostra dedizione nel servizio alla comunità. Avendo ottant’anni siete un po’ più giovani di me, ma il vostro percorso è molto significativo; e questo anniversario è una buona occasione per rileggere la vostra storia, con le sue gioie e i momenti difficili, e per esprimere gratitudine. Ringrazio con voi il Signore che vi ha accompagnato e sostenuto lungo questo cammino, anche ispirando tante persone che, attraverso le acli, hanno dedicato la loro vita al servizio dei lavoratori, dei pensionati, dei giovani, degli stranieri e di tanti che si trovano in situazioni di bisogno. Le acli sono un luogo dove è possibile incontrare dei “santi della porta accanto”, che non finiscono sulle prime pagine dei giornali, ma a volte cambiano concretamente le cose, in bene!
Questa storia è un patrimonio da cui trarre energie vitali per guardare avanti con speranza e determinazione. In essa troviamo i valori che hanno ispirato i vostri fondatori e che generazioni di aclisti hanno incarnato nel corso degli anni, attraverso una presenza importante nella società. A questo proposito, oggi vorrei soffermarmi su cinque caratteristiche di questo stile vostro, che ritengo fondamentali per il vostro cammino.
La prima è lo stile popolare. Si tratta non solo di essere vicini alla gente, ma di essere e sentirsi parte del popolo. Significa vivere e condividere le gioie e le sfide quotidiane della comunità, imparando dai valori e dalla saggezza della gente semplice. Uno stile popolare implica riconoscere che i grandi progetti sociali e le trasformazioni durature nascono dal basso, dall’impegno condiviso e dai sogni collettivi. Ma la vera essenza del popolo risiede nella solidarietà e nel senso di appartenenza. Nel contesto di una società frammentata e di una cultura individualista, abbiamo un grande bisogno di luoghi in cui le persone possano sperimentare questo senso di appartenenza creativo e dinamico, che aiuta a passare dall’io al noi, a elaborare insieme progetti di bene comune e a trovare le vie e i modi per realizzarli. È questa la vocazione dei vostri “circoli”: aprire le porte, tenerle aperte, accogliere le persone, permettere loro di costruire legami di solidarietà e senso di appartenenza, per intraprendere insieme un cammino di integrazione che sviluppa «una cultura dell’incontro in una pluriforme armonia» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 220).
Seconda caratteristica: lo stile sinodale. Lavorare insieme, collaborare per il bene comune è fondamentale. Questo stile sinodale è testimoniato dalla presenza di persone che appartengono a diversi orizzonti culturali, sociali, politici e anche ecclesiali, e che oggi sono qui con voi. Ma è anche uno stile che vi appartiene strutturalmente perché, come ha scritto il vostro Presidente presentandovi, siete un insieme di associazioni “multiformi e inquiete”. È bello questo: voi siete pluriformi e inquieti, e questo è una cosa bella. È bello questo: la varietà e l’inquietudine — in senso positivo —, che vi aiuta a camminare insieme tra voi e anche a mescolarvi con le altre forze della società, facendo rete e promuovendo progetti condivisi. Vi chiedo di farlo sempre più e di avere attenzione verso quelli che nella società sono deboli, perché nessuno sia lasciato indietro.
La terza caratteristica: uno stile democratico. La fedeltà alla democrazia è da sempre un tratto distintivo delle acli. Oggi ne abbiamo tanto bisogno. Democratica è quella società in cui c’è davvero un posto per tutti, nella realtà dei fatti e non solo nelle dichiarazioni e sulla carta. Per questo è importante il molto lavoro che fate soprattutto per sostenere chi rischia l’emarginazione: i giovani, ai quali in particolare destinate le iniziative di formazione professionale; le donne, che spesso continuano a patire forme di discriminazione e disuguaglianza; i lavoratori più fragili e i migranti, che nelle acli trovano qualcuno capace di aiutarli a ottenere il rispetto dei propri diritti; e infine gli anziani e i pensionati, che troppo facilmente si ritrovano “scartati” dalla società, e questa è un’ingiustizia. A queste persone prestate un servizio importante, che non deve soltanto restare nell’ambito dell’assistenza, ma promuovere la dignità di ogni persona e la possibilità che ciascuno possa mettere in campo le proprie risorse e il proprio contributo.
Quarto: uno stile pacifico, cioè da operatori di pace. In un mondo insanguinato da tante guerre, so di condividere con voi l’impegno e la preghiera per la pace. Per questo vi dico: le acli siano voce di una cultura della pace, uno spazio in cui affermare che la guerra non è mai “inevitabile” mentre la pace è sempre possibile; e che questo vale sia nei rapporti tra gli Stati, sia nella vita delle famiglie, delle comunità e nei luoghi di lavoro. Il Cardinale Martini, durante una veglia di preghiera per la pace, pose l’accento sulla capacità di “intercedere”, cioè di situarsi tra i contendenti, mettendo una mano sulla spalla di entrambi e accettando il rischio che questo comporta (Un grido di intercessione, 29 gennaio 1991). Costruisce la pace chi sa prendere posizione con chiarezza, ma al tempo stesso si sforza di costruire ponti, di ascoltare e comprendere le diverse parti in causa, promuovendo il dialogo e la riconciliazione. Intercedere per la pace è qualcosa che va ben oltre il semplice compromesso politico, perché richiede di mettersi in gioco e assumere un rischio. Il nostro mondo, lo sappiamo, è segnato da conflitti e divisioni, e la vostra testimonianza di operatori di pace, di intercessori per la pace, è quanto mai necessaria e preziosa.
Infine, uno stile cristiano. Lo menziono per ultimo non come un’appendice, ma perché si tratta della sintesi e della radice degli altri aspetti di cui abbiamo parlato. A chi possiamo guardare per capire che cosa vuol dire essere operatori di pace fino in fondo, se non al Signore Gesù? Dove possiamo trovare ispirazione e forza per accogliere tutti, se non nella vita di Gesù? Assumere uno stile cristiano, allora, vuol dire non soltanto prevedere che nei nostri incontri ci sia un momento di preghiera: questo va bene, ma dobbiamo fare di più; assumere uno stile cristiano vuol dire crescere nella familiarità con il Signore e nello spirito del Vangelo, perché esso possa permeare tutto ciò che facciamo e la nostra azione abbia lo stile di Cristo e lo renda presente nel mondo. In particolare, a fronte di visioni culturali che rischiano di annullare la bellezza della dignità umana e di lacerare la società, vi invito a coltivare «un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole» (Lett. enc. Fratelli tutti, 6). È il sogno di San Francesco di Assisi e di tanti altri santi, di tanti cristiani, di tanti credenti di ogni fede. Fratelli e sorelle, sia anche il vostro sogno!
Cari amici delle acli, vi ringrazio per il vostro impegno e vi esorto a portarlo avanti con coraggio. Che lo Spirito Santo continui a rendere feconda la vostra opera e a guidarvi nel servizio alla comunità. Avanti con gioia e nella speranza! Vi benedico di cuore. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie.