Rischi di un’escalation
Mentre in Europa si allarga il fronte del sì e si allunga la lista dei Paesi che rimuovono il divieto sull’utilizzo di armi Nato sul territorio russo, il cardinale Pietro Parolin parla di «prospettiva inquietante». Autorizzare l’esercito ucraino a colpire la Russia con armi consegnate dai Paesi occidentali — ipotesi al centro del vertice informale dei ministri degli Affari esteri in programma tra in questio giorni a Praga — porterebbe, secondo il segretario di Stato, a «un’escalation che nessuno potrà più controllare».
«È una prospettiva davvero inquietante», afferma il cardinale da Milano, dove ieri pomeriggio, nella Biblioteca Ambrosiana, ha presentato un libro su Bernardino Nogara, il banchiere italiano fondatore dello Ior, dal titolo “Al servizio dell’Italia e del Papa” a cura di Angelo Caleca. Il cardinale Parolin non nasconde la sua preoccupazione per questi possibili scenari; dovrebbe essere la stessa preoccupazione, afferma, di «ogni persona che abbia a cuore le sorti del nostro mondo». Il rischio è reale.
Quanto alla Santa Sede, essa nel contesto del conflitto ucraino prosegue l’impegno «sul piano umanitario”, soprattutto — spiega Parolin ai cronisti — sulla questione del ritorno in patria dei bambini ucraini portati via con la forza». Un meccanismo avviato con la visita del cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei, dello scorso anno a Kyiv e a Mosca e «che continua non in maniera molto rapida ma che sta portando dei frutti». «Lavoriamo su quegli ambiti, altri spazi non ci sono», sottolinea il porporato.
Rispondendo poi alle domande sulle prossime elezioni europee, il cardinale rimarca che la posizione della Chiesa «non è mai partitista» e che «non possiamo esprimerci in favore o contro l’uno o l’altro». Tuttavia, ribadisce l’importanza di «partecipare, esprimere il proprio voto, perché questo significa attuare ed esercitare la democrazia». Al contempo bisogna «tenere conto dei valori dei candidati che sono vicini, affini alla sensibilità cattolica. Direi che sono questi i principi ai quali attenerci per quanto ci riguarda».
Infine, guardando alla figura e all’opera di Nogara, «uomo di Chiesa fedele al Papa, al Vaticano, che ha promosso un modo nuovo di gestire le finanze della Chiesa», il cardinale Parolin illustra quali siano le qualità richieste a chi opera in ambito finanziario: «Essere competenti, onesti e trasparenti». Il segretario di Stato commenta pure, sollecitato dai giornalisti, lo stato delle finanze vaticane. E se ricorda che «da parte del Papa c’è stato un grande sforzo per rimettere ordine le finanze», è vero pure che «ci sono state anche tante esagerazioni sulle finanze vaticane, non dico fake news ma certamente esagerazioni».
«Credo — aggiunge — che il lavoro compiuto dal Papa possa risultare benefico e permettere alla Santa Sede di andare avanti con serenità, anche se evidentemente la situazione generale non è particolarmente favorevole, soprattutto per quanto riguarda le offerte da parte dei fedeli». Offerte che «tendono a diminuire», come un po’ dappertutto, «anche a livello delle diocesi».
Per il porporato “la ricetta” è quella di «una credibilità maggiore da parte della Chiesa, essere affidabile e sentirla come affidabile». D’altra parte, «la Chiesa fa un sacco di bene, non dobbiamo dimenticarlo questo. Ed avere fiducia che la gran parte di quello che si dà va per il bene della gente».
di Salvatore Cernuzio