Quel filo che lega
«Il profondo radicamento in Cristo, con la consapevolezza del proprio limite e del rimanere discepolo, e lo sguardo attento agli uomini del loro tempo»: ecco il “filo rosso” che lega Benedetto xiii e san Paolo vi . Lo ha indicato il cardinale Leonardo Sandri, vice-decano del collegio cardinalizio, durante la messa nel terzo centenario dell’elezione di Papa Orsini celebrata a San Giovanni in Laterano nel pomeriggio di mercoledì 29 maggio, memoria liturgica del santo Pontefice Montini.
In mattinata Papa Francesco aveva inviato un messaggio ai partecipanti alla celebrazione presieduta dal cardinale Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei santi, a Gravina in Puglia, la città che il 2 febbraio 1649 dette i natali al religioso domenicano Vincenzo Maria Orsini, poi divenuto Benedetto xiii , la cui fase diocesana del processo di beatificazione si è conclusa nel 2017.
«Tu ci sei necessario, solo vero maestro delle verità recondite e indispensabili della vita, per conoscere il nostro essere e il nostro destino, la via per conseguirlo» — ha pregato il cardinale Sandri nella basilica lateranense, citando la supplica e invocazione di Paolo vi — e «per scoprire la nostra miseria e per guarirla; per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità; per deplorare i nostri peccati e per averne il perdono». Parole che riecheggiano nella preghiera ripetuta ogni giorno da Papa Orsini: «Datemi, Vi supplico, spazio di penitenza; concedetemi un transito felice ed in grazia vostra, affinché io Vi ami con tutto il cuore, Vi lodi e Vi benedica in eterno».
In queste orazioni, ha sottolineato Sandri, è racchiusa la profondità spirituale di due discepoli divenuti pastori del gregge, «che però hanno saputo incontrare e servire le aspirazioni più alte dei loro fratelli in umanità, ponendo gesti autentici e gravidi di testimonianza. Pensiamo — ha aggiunto — alla scelta» di Paolo vi «di deporre la tiara donandone il ricavato ai poveri» o a quella di Benedetto xiii «di abitare in semplici stanze e richiamando a maggiore essenzialità la Corte pontificia».
Papa Orsini, ha evidenziato il cardinale vicedecano nell’omelia nella cattedrale di Roma, «aveva tutte le caratteristiche per vivere come uomo del mondo, nobile nel lignaggio e ricco per possedimenti, primo nella linea dinastica e pertanto erede designato: probabilmente anche così avrebbe potuto servire il Signore e la Chiesa». Invece ha scelto di andare controcorrente, «in modo pacato ma fermo, ottenendo dal Papa il permesso di entrare nell’Ordine dei Frati Predicatori». Questa spoliazione esteriore, professando i voti di povertà, castità e obbedienza, «divenne sempre più segno distintivo del suo cuore e delle sue scelte»: avrebbe preferito rimanere semplice religioso domenicano, ha rimarcato il porporato, «dapprima, e successivamente soltanto Vescovo piuttosto che accettare l’elezione al soglio pontificio, ma ha continuato a pronunciare il suo sì al Signore Gesù, consapevole della chiamata e della sua appartenenza a Lui più che a sé stesso e alla propria tradizione». Perché Orsini era soprattutto un uomo di preghiera, al punto che dopo l’elezione al pontificato rimase i primi tre giorni in profonda orazione.
Da questi tratti salienti della vita di Papa Orsini, ha ribadito Sandri, emerge pienamente la sua dimensione di discepolo del Signore, «la cui nobiltà d’animo derivava più dalle scelte di vita che dal lignaggio famigliare». Una dimensione che, come in un mosaico, era formata da tante piccole dimensioni: a esempio, ha puntualizzato il cardinale, quei gesti, compiuti da vescovo e da Pontefice, che testimoniavano radicalità evangelica e povertà, «lo sguardo acuto nel cogliere il bisogno dei più indigenti, istituendo per loro gli ospedali di San Gallicano e di Santa Maria della Pietà, o il penitenziario di Cometo, pensato non solo per far espiare la pena dei detenuti ma soprattutto per riabilitarli, precorrendo di secoli una visione del sistema carcerario».
Seguendo l’insegnamento ancora attuale di Benedetto xiii , ha concluso il celebrante, ognuno è chiamato a dare l’adesione personale al Signore, riflettendo costantemente sul «tesoro prezioso della fede, al quale siamo stati conquistati non a prezzo di argento e oro o altre dimensioni corruttibili, ma per il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia».