· Città del Vaticano ·

Disarmare il cuore

Ero pronto ad uccidere l’ideologia era la grammatica della mia vita

 Ero pronto  ad uccidere l’ideologia era  la grammatica  della mia vita  ODS-022
01 giugno 2024

Mi chiedevo se me la sarei cavata. Non so quando, non so come. Forse portare il fuoco dentro mi avrebbe aiutato a sopravvivere. Sopravvivere. Ero stato un assassino. Non avevo ucciso nessuno. Ma ero pronto al gesto estremo, senza pietà, senza rimorsi, perché l’ideologia, la prassi, la coerenza erano la grammatica della mia vita. Spargere il sangue sulla terra, senza lasciare speranza, scatenare la violenza efferata dell’odio.

Porto ancora il fuoco dentro. Quel fuoco mi ha fatto imbracciare armi, attuare strategie di violenza, organizzare agguati. Il sistema della guerra aveva pervaso la mia coscienza ed ogni gesto si realizzava nel conseguente perseguimento del fine ultimo. Uccidere. Il sistema organizzato della guerra non è solo la guerra militare, questo è l’esito ultimo. La guerra era il principio spirituale di quel mondo. Quel fuoco mi scindeva in due parti: una belligerante, l’altra ferita e mancante.

La mia vita ha vissuto il gesto distruttivo della morte. Accanto a me sono caduti due compagni, fratelli. La lotteria della vita e della morte non ha calato il suo asso su di me. Mi ha appena sfiorato. Sono rimasto, sanguinante, in una fossa piena di pioggia stagnante. Quell’ultimo tratto non l’ho percorso. Non so bene perché.

Mi chiedo ancora come si possa realizzare l’amore per il prossimo. Come posso realizzare io l’amore per l’altro? Posso pensare che l’amore per il prossimo si possa raggiungere solo passando necessariamente attraverso l’evento distruttivo della morte? Non ho risposte.

Mi sveglio all’alba. Lo sguardo smarrito, la notte piena di sogni ricorrenti... viaggiare attraverso un mondo ridotto in cenere, in direzione del mare, dove forse un sole livido mi trasmetterà un po’ di tepore e qualche barlume di vita. Mi affaccio allo specchio madido di sudore e non so vedere altro che un uomo che era pronto ad uccidere e che la morte lo ha appena toccato. Quel gesto lieve, che racchiude il senso di una amicizia o di un amore profondo, la mano sulla spalla della persona che amo. La morte mi ha toccato, come il gesto di quella mano. Ora non sto in pace, io non sono in pace. Inquietudine mai risolta attizza quel fuoco che mi spinge ad azzerare ogni velleità suicidaria dell’umano che è rimasto in me. È un lavoro che parte da una coscienza perennemente oscillante tra una eccedenza di vita e il mortificare la vita. Un movimento interiore di sensazioni sempre nuove, un movimento sincero, umile, di sofferta consapevolezza, l’ultimo approdo è la pace, la pace interiore.

Arrendiamoci. Devo arrendermi, donarmi la pace.

di Mario Guerra