· Città del Vaticano ·

DONNE CHIESA MONDO

Approfondimento
Gli studi di Rita Charon sul rapporto medico-paziente

Le parole che curano

 Le parole  che curano   DCM-006
01 giugno 2024

“L’artista è colui che fissa e rende accessibile
ai più umani tra gli uomini lo spettacolo
di cui fanno parte senza vederlo.”

Maurice Merleau-Ponty,
“Il dubbio di Cézanne”, Senso e non senso (1948).


La Medicina narrativa nasce alla Columbia University di New York intorno al 2000 grazie alle intuizioni di Rita Charon, con lo scopo di ri-fondare la relazione medico/paziente su basi che tengono conto della storia e del mondo di vita delle persone malate, oltre che delle singole patologie e rispettivi protocolli clinici. Dedicata in particolare alla formazione di studenti, medici e operatori della salute e oggi diffusa in tutto il mondo, invita a esplorare il proprio e l’altrui universo interiore dialogando con opere letterarie e artistiche. Secondo Rita Charon, infatti, la conoscenza degli elementi in gioco in un testo, una poesia, un dipinto, una fotografia o un brano musicale di valore consente di interpretare il racconto del paziente riconoscendogli pari dignità. Gli operatori capaci di una sensibilità di questo tipo sapranno individuare molto più facilmente percorsi di cura personalizzati ed efficaci.

Grazie alla Medicina narrativa la complessa condizione esistenziale dei malati e di chi si prende cura di loro diventa un elemento imprescindibile della medicina contemporanea, sempre più orientata – almeno nelle intenzioni – verso la partecipazione attiva e l’interazione di tutti i soggetti coinvolti: pazienti, familiari, medici di base e specialisti, infermieri, terapisti della riabilitazione, psicologi, assistenti sociali...

In Italia la Medicina narrativa si è affermata soprattutto in oncologia, nel campo delle malattie croniche, fisiche o psichiche, e in quello delle cure palliative e riguardanti il fine vita. Si rivela utilissima anche all’interno di progetti dedicati a operatori, volontari e utenti del Terzo settore.

I princìpi fondamentali della Medicina narrativa sono dunque tesi a far comprendere, accogliere, interpretare ed essere mossi all’azione dai racconti di malattia. I tre movimenti che la caratterizzano sono: attenzione ‒ ricettività, coinvolgimento; restituzione ‒ capacità di tradurre creativamente in parole o in immagini ciò che si è percepito; affiliazione ‒ con i pazienti e con i colleghi, nel comune impegno per la giustizia sociale.

Il contesto multietnico delle istituzioni clinico-assistenziali delle società occidentali impone che la Medicina narrativa segua un approccio a-confessionale. Sarebbe un controsenso, oltre che un abuso di potere, invitare alla comunicazione profonda una persona malata atea o con una fede diversa dalla mia esercitando in parallelo segrete pressioni per imporle il mio punto di vista sul vivere e il morire. Al contempo, la vulnerabilità individuale e collettiva messa a nudo dalla pandemia di Covid-19, per esempio, rende urgente la ricerca di risposte che né la medicina basata sull’evidenza né le discipline umanistiche sembrano in grado di offrire. Quelle risposte appartengono alla sfera della spiritualità.

Naturalmente nulla vieta che siano cercate all’interno di ambiti di formazione o di cura esplicitamente cristiani o di dialogo interreligioso. Qui le tecniche della Medicina narrativa si rivelano adattissime nel facilitare una comprensione sempre più intima dei testi evangelici che hanno al centro Gesù come Maestro di empatia e di guarigione.

di Guia Sambonet
Teologa e guida spirituale, conduce progetti di Medicina narrativa dal 2014