Alla ricerca
«E adesso rivolgetemi delle domande». In un mondo che cerca spasmodicamente risposte su tutto, Papa Francesco ci sta re-insegnando il valore della domanda, la fecondità del dubbio quando è aperto ad una ricerca sincera del vero, del buono e del bello. Sempre più nei suoi incontri — particolarmente con i giovani, come stiamo registrando anche in queste settimane e da ultimo nella Giornata Mondiale dei Bambini — il Pontefice mette da parte il testo preparato per intessere un dialogo con chi gli sta davanti. E preferisce “rischiare” una comunicazione libera e spontanea, come libera e spontanea deve essere ogni autentica relazione tra persone. Del resto, più volte ha sottolineato che per comunicare bisogna incrociare gli sguardi, vedere il volto dell’altro e ciò non è possibile se si tengono gli occhi fissi su un foglio. Questo ricentrare la comunicazione sulla domanda, e dunque in definitiva sull’ascolto piuttosto che sulla risposta, ha evidentemente un significato pedagogico e non solo comunicativo. Bergoglio, gesuita ed educatore, ha certamente assorbito fin da giovane questa dimensione attingendo a quella spiritualità ignaziana che proprio sul discernimento — dunque sul domandarsi più profondo — ha uno dei suoi cardini che continua a ispirare anche oltre i confini della Compagnia di Gesù.
Le domande sono spesso scomode — lo sperimentiamo tutti quotidianamente — specie se a porle sono i bambini, che non hanno filtri e sovrastrutture. Già nel 1985, d’altronde, un grande pensatore come Karl Popper osservava che la nostra pedagogia «consiste nel riversare sui fanciulli risposte senza che essi abbiano posto domande e alle domande che pongono non si dà ascolto». Quarant’anni dopo, l’uomo contemporaneo è sempre più in affanno per la mancanza di tempo (ma la tecnologia non doveva “regalarci” molto più tempo libero?) e sembra dunque essere infastidito da interrogativi che lo costringono a fermarsi e ragionare. Contemporaneamente assistiamo ad un fenomeno paradossale: mai l’uomo ha rivolto tante domande alle macchine, ai computer come avviene oggi. Ogni giorno il motore di ricerca Google riceve 99 mila domande al secondo, ovvero 8.5 miliardi di ricerche ogni 24 ore. Ma quante di quelle domande esprimono una ricerca di significato? Non sono piuttosto dei riflessi condizionati, quasi degli interrogativi automatici? I dati sembrano tendere più verso questa seconda opzione se è vero che tra le 5 “query” più popolari rivolte a Google in questi primi mesi del 2024 troviamo: Che ora è?, Quante settimane ci sono in un anno?, Quanti giorni mancano a Natale?
In tale contesto, la nuova dirompente realtà dell’Intelligenza artificiale ci pone una sfida antropologica prima ancora che tecnologica. Pone infatti proprio la questione del dialogo — coessenziale alla natura dell’uomo — in una nuova forma che apre l’orizzonte a imprevedibili sviluppi. È dell’essere umano infatti elaborare una domanda e trovare una risposta. È così che l’uomo ha sviluppato ogni tappa del suo vivere su questa Terra e del suo convivere con i suoi simili. Ed è così, dialogando appunto, che l’uomo cresce nella conoscenza del suo Creatore, nel porgli delle domande e nel riceverle, come la Bibbia ci testimonia fin dalle sue prime pagine. Ecco perché è particolarmente significativo che il Papa partecipi al g7 in Puglia incentrato sull’Intelligenza artificiale. In un consesso dove si cercano soprattutto risposte pragmatiche, Francesco avrà infatti l’occasione di porre quelle domande di senso senza le quali non si potranno trovare soluzioni durature e valide per tutti, nessuno escluso.
di Alessandro Gisotti