Voci dell’infanzia innocente
Joana rimane sempre abbracciata a padre Ibrahim. Sorride ora. Canta una canzoncina e mostra orgogliosa di sapersi presentare in italiano. Ha sei anni. È da due mesi in Italia, passati per lo più al Rizzoli di Bologna. Tirata fuori dalle macerie della sua casa, con una gamba maciullata che le è stata ricostruita. Suo papà non ce l’ha fatta. Come tanti dei suoi parenti morti sotto i bombardamenti israeliani a Gaza. Oggi partecipa alla Giornata mondiale dei bambini insieme ad altri piccoli che sono riusciti ad uscire dall’inferno di Gaza, e spera di poter mostrare anche a Papa Francesco di saper parlare italiano.
Due poco più piccoli di lei gattonano velocissimi sul pavimento dell’albergo che li ospita a Roma, hanno imparato rapidamente a muoversi anche senza la gamba che hanno perso. A Sehima, 5 anni, gliel’hanno amputata malamente in una tenda e senza anestesia; le occorreranno più operazioni perché sul moncherino possa essere innestata una protesi. Con loro anche bambini arrivati a Roma per l’occasione da Betlemme e dalla Cisgiordania. Sono guidati da fra Paulo Francisco, che dirige la scuola della Custodia di Terra Santa di Beit Hanina intitolata ad Helen Keller.
Celin Ahmad Abu Tayer è una di loro. È cieca dalla nascita, ha una voce meravigliosa. Canta per i suoi amici una canzone che dice: «Gerusalemme sei la capitale della Resurrezione. Perché anche noi da vivi possiamo e vogliamo risorgere». Victor, da Betlemme, guarda intorno un po’ stupito un mondo di cui ha sentito parlare da dentro il muro in cui vive. I maschietti indossano tutti la maglietta dell’Inter campione d’Italia: è un regalo di padre Faltas, perché il calcio italiano è molto seguito dai ragazzini palestinesi. Le bambine invece vestono i costumi tradizionali della loro terra, con il rosso il verde e il nero.
Molti di loro sono musulmani, ma non fa differenza: per tutti Francesco è un nonno buono che li attende. «Molti di questi bambini hanno perso gli affetti più cari, genitori, zii, nonni. Hanno un grande bisogno di amore e di figure di riferimento. E lo vedi da come volentieri si fanno abbracciare e coccolare senza alcuna timidezza”» spiega padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa. «Viviamo qui in una sospensione di spazio e di tempo», dice Safwat Kahlout, il collega di Al Jazeera riuscito ad uscire da Gaza insieme alla moglie e i suoi sette figli. «Ma è una sospensione fatta di amore e solidarietà che non scorderemo quando torneremo a Gaza. Perché noi a Gaza torneremo».
di Roberto Cetera