Le parole di Siri
Nessuna causa buona da difendere può mescolarsi con l’antipatia né con l’odio perché l’indicazione che ci ha dato Gesù è di amare anche i nemici. Sono parole dette più di mezzo secolo fa, quando non esistevano i blog e i social media, ma che risultano illuminanti per leggere la realtà odierna. L’audio dell’omelia restituisce la sua voce forte e chiara: celebrando delle ordinazioni nel Seminario di Genova il 26 febbraio 1972, il cardinale arcivescovo Giuseppe Siri commenta le parole di Gesù riportate nel vangelo di Matteo e spiega che «se vogliamo seguire Cristo... dobbiamo distruggere nella nostra anima ogni moto di antipatia a qualunque titolo».
Diceva il cardinale ai futuri sacerdoti: «Cari, richiamo tutta la vostra attenzione sulla gravità, sulla solennità, sulla perentorietà assoluta, inderogabile, irreversibile del brano del Vangelo che abbiam letto, che si riduce a questo: amate i vostri nemici. È la cosa più dura che la Legge di Dio ci chiede: non solo perdonare — questo è sottinteso, Gesù l’ha detto tante volte e forse è il punto nel quale si è fermato di più. Non solo perdonare, non solo dimenticare, non solo fare l’indiano: amare. Capite?».
Siri continuava: «Il fatto di amare i nemici non fa convergere lo sguardo sui nemici... ma su noi. Pertanto, a questo mondo, se vogliamo essere con Cristo non possiamo avere nessuno che ci sia antipatico. Nessuno. Dobbiamo distruggere nella nostra anima ogni moto di antipatia a qualunque titolo... Allora, non esiste nessuna causa nella quale possiamo essere presi dall’entusiasmo, dal fanatismo, dalla foga del crociato per difendere chissà che cosa... anche quando abbiamo una causa buona da difendere, anche quando abbiamo le ragioni più gravi, più grandi del nostro ministero, del nostro dovere per difendere le cose di Dio, non possiamo mescolare tutto questo né con l’antipatia né — a più forte ragione — con l’odio».
Per il cardinale «tutte le cause — in questo momento è uno degli elementi di confusione del nostro tempo — tutte le cause, dette anche buone, sono tutte – o quasi tutte — rivendicate con l’odio. E chi ha questo, come può entrare in chiesa? Come può presentarsi davanti all’altare? Dice Gesù Cristo, nello stesso capitolo di Matteo: «Se hai qualche cosa contro il tuo fratello, pianta lì la tua offerta davanti all’altare e vattene! Vattene. Prima va a metterti d’accordo con il tuo fratello, poi verrai e farai la tua offerta»».
L’arcivescovo Siri definiva questo come «il discorso più duro di tutto il Vangelo. Ma: o di qua, o di là. O siamo con Gesù Cristo, e allora vale questo discorso; o non vale questo discorso: nessuno si illuda di poter essere con Gesù Cristo. Nessuno!». E continuava l’omelia ricordando i due argomenti portati da Gesù per questa impegnativa legge dell’amore incondizionato. L’argomento positivo è: «“Siate perfetti come il Padre vostro celeste è perfetto, il quale fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi, fa scendere la pioggia vivificatrice sui giusti e sugli ingiusti”. Vedete che Dio non fa tante distinzioni che facciamo noi». Mentre l’argomento negativo è: «“Ma, se voi amate soltanto quelli che vi vogliono bene, voi siete dei pagani — pagani!”. E credo che qui non ci sia nessuno che abbia l’intenzione di far la chiesetta per voler bene a quel gruppo di adepti, di iniziati, di amici, perché glielo dico fin d’ora: non cristiano, pagano! L’ha detto Lui». Lo stile del Signore, concludeva il cardinale è «dare, infinitamente dare. È allora che imitiamo il Signore: quando restituiamo bene per male».
Il Vangelo, come ci ricordano le parole di Siri pronunciate più mezzo secolo fa, è una costante sfida per tutti noi che ci riteniamo cristiani, perché non cediamo alla tentazione di usare linguaggi di odio o di scherno, ma parole buone, per esprimere l’amore di Dio che vuole salvare e non condannare.
di Andrea Tornielli