· Città del Vaticano ·

Sabato 18 maggio la visita del Pontefice a Verona
A colloquio con il sindaco Damiano Tommasi

Per essere città dell’incontro

 Per essere città dell’incontro  QUO-111
17 maggio 2024

«Abbiamo l’ambizione di essere davvero la città dell’incontro, la città dove c’è quello spazio che a volte bisogna creare tra due parti che vogliono dialogare. Quello spazio che è terra di nessuno e di tutti, ma che spesso non si trova; perché quando non c’è lo spazio, c’è un muro. Vorremmo che Verona diventasse questo spazio. Lo è già per tante cose, perché è crocevia di due corridoi commerciali europei. Logisticamente questo ruolo ce l’abbiamo, la consapevolezza di poterlo essere anche nei valori è una grande sfida e un impegno che possiamo provare ad assumerci a partire da questa visita papale». Ha le idee chiare Damiano Tommasi, sindaco di Verona, la città che domani, sabato, accoglierà Papa Francesco. Del resto da atleta, ex calciatore, campione d’Italia con la Roma e 25 presenze con la nazionale, non ha certo paura delle sfide. E sa che per raggiungere un risultato bisogna impegnarsi. E sa anche che la presenza del Pontefice in città, con la sua partecipazione all’iniziativa Arena di Pace, il momento centrale della giornata, non potrà che dare slancio a tale aspirazione.

È stato proprio Papa Francesco a invitare i movimenti popolari italiani a dare vita a un grande momento di riflessione sulla pace. Ad ospitare questo grande raduno sarà appunto l’Arena di Verona, rispolverando un format già collaudato fino ai primi anni Duemila e che ha impegnato in particolare il mondo missionario. «C’è grande entusiasmo per questa visita. Ci stiamo preparando davvero a poter raccogliere il messaggio del Papa — ci dice Tommasi — e, per potergli dare concretezza, sono stati messi in agenda parecchi eventi, incontri con personalità del mondo della scienza, della cooperazione, anche missionari, che si stanno impegnando sul fronte del disarmo, nella promozione della non violenza. L’obiettivo? Capire se è possibile un linguaggio comune che generi comportamenti che a loro volta seminino piccoli, grandi gesti di pace. Importante è il coinvolgimento dei giovani e credo che la presenza di Papa Francesco, grazie alla sua empatia, alla sua capacità di essere loro vicino, saprà offrire uno stimolo in più».

Per iniziativa del Comune, a marzo la città ha ospitato un convegno sul tema sport e pace, al quale hanno partecipato persone delle istituzioni e atleti di altissimo livello, tra cui alcuni ex olimpionici, nella consapevolezza che anche il mondo dello sport possa portare un contributo positivo. «A Verona sono state assegnate — racconta il sindaco — la cerimonia della chiusura delle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina e l’apertura delle Paralimpiadi 2026. Questo, poi, è un anno olimpico, con i Giochi di Parigi, e siamo riusciti ad inserire nel programma dell’Arena di Pace anche un momento per confrontarsi sulla tregua olimpica. Al convegno di marzo abbiamo parlato di sport come momento di incontro, di dialogo, di abbattimento delle differenze, dei muri, non solo quelli fisici. Lo sport è capace di questo, l’ha dimostrato in passato, ce l’ha nel Dna».

In diverse situazioni, al di là di gesti iconici e simbolici, la diplomazia dello sport è arrivata talvolta là dove la politica si era fermata. E nel convegno si è anche cercato di capire come far emergere i valori dello sport non solo nelle competizioni internazionali, ma anche nella quotidianità, nei quartieri, delle società sportive. «Lo abbiamo fatto — aggiunge Tommasi — per sottolineare quanto sia importante lo sport nel quotidiano come strumento di interazione, di inclusione; un modo per far sentire davvero tutti sullo stesso piano mantenendo allo stesso tempo le proprie individualità. In questo senso sappiamo come lo sport costituisca, nella nostra città come in altre, una delle tante soluzioni da proporre in quartieri difficili o in realtà complicate».

A proposito di sport e pace, nel 1994 Tommasi — che proprio oggi, 17 maggio, compie 50 anni — da obiettore di coscienza opta per il servizio civile invece del classico anno nella “Compagnia atleti” con la possibilità di continuare l’attività agonistica, primo calciatore professionista a compiere questa scelta. Una volta a Roma, per i tifosi giallorossi diventa l’“anima candida”. «Una scelta — dice — che ho sempre visto come nulla di straordinario, in linea con quelli che sono i miei valori, come la possibilità, in tempi di pace, di costruire la pace».

Una scelta che veniva anche da un’esperienza di fede e dall’ammirazione verso un personaggio che ancora oggi, da sindaco, ama spesso citare: don Lorenzo Milani. E se gli si chiede se c’è un insegnamento, una parola in particolare che lo ispira più di altre, la riposta è: «Probabilmente consapevolezza. Che vuol dire — spiega — rendersi concretamente parte della propria realtà familiare e sociale coscienti di ciò che ci portiamo dietro attraverso la formazione che abbiamo avuto, gli studi che abbiamo fatto, i valori che ci hanno ispirato. Avere questa consapevolezza ti fa fare le cose in maniera più profonda, soprattutto con responsabilità, che tu sia studente, sportivo, genitore, amministratore. Sì, questa parola è molto presente nella mia vita».

L’ultima riflessione della conversazione è sulla città e parte da una provocazione: nonostante la sua vocazione all’incontro, cui si unisce una grande tradizione culturale, non soltanto musicale, il recente passato di Verona non ha brillato quanto ad accoglienza e ad apertura. Alcuni episodi di intolleranza e di razzismo hanno infatti gettato un’ombra sulla città. E su questo il sindaco ha un’opinione precisa: «Verona tendenzialmente si è fatta raccontare male — spiega il primo cittadino —, si è lasciata raccontare da episodi negativi più di quanto fosse corretto e corrispondente alla realtà. Una realtà ricca, che ospita da tempo un evento importante che è quello delle Arene, che vede una forte presenza di movimenti missionari. Abbiamo sul nostro territorio davvero un terzo settore e un volontariato che fanno invidia a tante altre realtà. Invece ci siamo fatti raccontare da altro. L’auspicio è — conclude Tommasi — che l’Arena di Pace ci dia anche questa responsabilità. Il Papa ha definito Verona un crocevia di popoli e di culture. Lo siamo sempre stati nella storia. E questo ci impone il ruolo di mediatori. Dobbiamo assumerci la responsabilità, la consapevolezza di esserlo, che non vuol dire cambiare pelle, ma cambiare il racconto della nostra città, che a sua volta porta a enfatizzare le cose positive».

dal nostro inviato
Gaetano Vallini