Il Papa ricorda che i Paesi poveri inquinano di meno ma soffrono di più le conseguenze della crisi climatica
Un «debito ecologico»
Cambiamento climatico, perdita di biodiversità, degrado ambientale, disparità globali, insicurezza alimentare e «una minaccia alla dignità delle popolazioni coinvolte»: sono le «sfide sistemiche distinte ma interconnesse» che il Papa denuncia davanti ai partecipanti all’incontro promosso dalle Pontificie Accademie delle scienze e delle scienze sociali sul tema «Dalla crisi climatica alla resilienza climatica». E nel farlo ribadisce come siano «i poveri della terra a soffrire maggiormente, nonostante contribuiscano in misura minore al problema».
Da qui i suoi appelli odierni per «un’azione rapida e risoluta, in grado di produrre decisioni politiche», invertendo «la curva del riscaldamento» e puntando alla de-carbonizzazione con l’eliminazione dei combustibili fossili. Inoltre «vanno rimosse le grandi quantità di anidride carbonica dall’atmosfera, mediante una gestione ambientale» che abbracci più generazioni. Ma, soprattutto, Francesco invita a sviluppare «una nuova architettura finanziaria che risponda alle esigenze del Sud del mondo e degli Stati insulari gravemente colpiti dai disastri climatici». In particolare il vescovo di Roma auspica «la ristrutturazione e riduzione del debito» insieme a «una nuova Carta finanziaria globale entro il 2025, riconoscendo una sorta di “debito ecologico”».