L’imprenditore, nella sua attività decisionale, non deve mai perdere di vista i principi della responsabilità e dell’incontro: il primo perché «traduce la libertà morale e rappresenta quel modo essenziale della vita personale attraverso cui si risponde o non si risponde alla chiamata del Bene»; il secondo in quanto «non c’è nessun esercizio autentico della libertà e della responsabilità senza la relazione con gli altri». Lo ha detto il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, intervenendo alla prima edizione del Rome Summit, forum economico promosso dai giovani dell’Unione cristiana imprenditori dirigenti (Ucid), svoltosi ieri pomeriggio a Roma nell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede.
Nell’introdurre l’incontro a Palazzo Borromeo, il porporato ha sottolineato come il meeting, orientato a favorire un dialogo concreto e costruttivo che porti il magistero sociale della Chiesa al centro della vita economica del Paese, risponda all’invito del “Patto per l’economia” dei giovani con Papa Francesco, firmato ad Assisi il 24 settembre 2022. Ma, ha ricordato Parolin, già in precedenza Leone xiii, Pio xi , Giovanni xxiii, Paolo vi e Giovanni Paolo ii avevano mostrato grande attenzione ai temi legati al lavoro e all’economia. Partendo da «questo patrimonio della Dottrina sociale della Chiesa», il porporato ha ribadito che i valori di responsabilità e di incontro quali «cardini dell’imprenditoralità cristiana» rappresentano «due problematiche di assoluta attualità. La responsabilità, per sua natura, ha un accento chiaramente personale ma è anche congiunta alla vita comunitaria. In questo senso non c’è nessun esercizio autentico della libertà e della responsabilità senza la relazione con gli altri nell’incontro».
Di fronte a tali fenomeni, ha precisato il segretario di Stato, «la fede cristiana, così come le iniziative della Chiesa in ambito locale e della Santa Sede in campo internazionale, hanno l’obiettivo di imprimere uno stile alla qualità della vita nel mondo, contribuendo a trovare ragioni che diano significato all’esistenza delle singole persone e, parimenti, alla società e alla comunità degli Stati». Proprio nell’ambito di questa stretta correlazione tra persone e società, la Dottrina sociale della Chiesa, ha aggiunto Parolin, offre «tre raccomandazioni in favore di una presenza attiva e capace di governare le situazioni concrete con efficacia». La prima è che le imprese siano «a servizio dell’uomo e della famiglia dei popoli per contribuire al bene comune universale». Un’impresa infatti, ha puntualizzato, «può perseguire il bene comune solo se rispetta la dignità umana come valore fondante, se è capace di condividere i beni con chi è più bisognoso e se, quando opera, è in grado di coordinare le diverse attività valorizzando ogni singola comunità locale».
La seconda raccomandazione riguarda l’attività di programmazione, che deve essere svolta nella certezza «che i diritti e i doveri dell’uomo e i grandi valori della dignità della persona, della giustizia e della pace sono radicati in un ordine delle cose e non dipendono dal consenso della maggioranza». In un mondo in cui ci sono troppe persone affamate, troppi conflitti violenti, troppe persone perseguitate per il loro credo, ha rimarcato il cardinale, è questa la strada da percorrere per «eliminare ogni discriminazione cosicché tutte le persone possano godere della propria dignità intrinseca uguale a quella degli altri».
Da ultimo il segretario di Stato ha evidenziato che occorre sempre «coltivare la convinzione della trascendente dignità della persona», riconoscendo la vera natura dell’uomo e operando perciò «attraverso scelte imprenditoriali rispettose della vita in ogni circostanza». Nell’iniziativa economica fondata su tali pilastri, ha spiegato, l’uomo esprime «la propria soggettiva creatività», dove il senso di responsabilità «si configura tanto come virtù personale, indispensabile alla crescita umana del singolo, quanto come una teoria sociale necessaria allo sviluppo di una comunità solidale». E in ciò, ha concluso, la Dottrina sociale della Chiesa aiuta a promuovere le condizioni idonee per far rimanere l’imprenditore «nel solco del bene comune», a fargli «sopportare la fatica e il coraggio nel suo difficilissimo compito», e anche «a stimolare la nascita di profili di imprenditori che si mettano in gioco per l’utilità comune».