· Città del Vaticano ·

Il tema della settimana

Grazia giubilare

 Grazia giubilare  QUO-110
16 maggio 2024

Nella bolla di indizione del Giubileo solennemente proclamata giovedì scorso, Papa Francesco afferma tra l’altro che il dono dell’indulgenza «permette di scoprire quanto sia illimitata la misericordia di Dio» (Spes non confundit, 23). Potremmo dire, infatti, che l’indulgenza è la grazia giubilare per eccellenza, lo scopo stesso per cui innumerevoli fedeli, dal primo Anno santo del 1300 fino a oggi, non cessano di mettersi in cammino — fisicamente, ma prima ancora spiritualmente, in un moto di conversione interiore — per ottenere il perdono totale e pienissimo delle colpe e delle pene per i loro peccati.

Ricordo che, se il sacramento della Penitenza ci riconcilia pienamente con Dio cancellando i nostri peccati, questi lasciano delle conseguenze, come delle tracce di sporco che ancora appesantiscono la nostra anima. L’indulgenza cancella tali conseguenze, smacchia completamente l’anima. È come se chi ottiene l’indulgenza fosse riportato indietro al momento del Battesimo, riacquistando quella purezza e quello stato di grazia originari simboleggiati nel rito dalla veste bianca. Tornano alla mente le parole del salmista: «Aspergimi con rami d’issòpo e sarò puro; lavami e sarò più bianco della neve» (Sal 50, 9).

La Penitenzieria apostolica è il dicastero cui spetta, per volontà del Papa, disporre tutto ciò che concerne la concessione e l’uso delle indulgenze (cfr. Praedicate Evangelium, 190-193). Con un apposito decreto, in esecuzione a quanto previsto nella bolla di Papa Francesco per l’indizione del prossimo Anno santo (cfr. Spes non confundit, 23), essa ha stabilito le modalità con cui i fedeli possono ottenere l’indulgenza giubilare.

Rimangono sempre valide le condizioni ordinarie previste per l’ottenimento di ogni indulgenza plenaria: la Confessione sacramentale, la Comunione eucaristica e la preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice, associate al distacco da qualsiasi peccato. Ad esse si deve aggiungere il compimento di alcune opere peculiari del tempo giubilare, ritenute particolarmente corrispondenti al tema scelto per il prossimo giubileo: Pellegrini di speranza.

Così, i fedeli potranno conseguire l’indulgenza anzitutto compiendo un pellegrinaggio in una delle basiliche romane o della Terra Santa, ma anche nelle altre chiese giubilari istituite a Roma o altrove, così come nei luoghi sacri designati dagli ordinari all’interno delle proprie circoscrizioni ecclesiastiche. Nella città di Roma, in particolare, il decreto della Penitenzieria invita i fedeli a visitare le quattro basiliche papali, ma anche le altre chiese tradizionalmente associate al pellegrinaggio giubilare, riscoprendo magari l’antica pratica della “visita alle sette Chiese” tanto cara a san Filippo Neri, oppure altri luoghi ricchi di spiritualità quali il santuario del Divino Amore, le chiese dedicate alle donne patrone d’Europa e a dottori della Chiesa o le antiche catacombe cristiane. Al di fuori dell’Urbe è raccomandato il pellegrinaggio alle basiliche papali di Assisi, Loreto, Pompei e Padova, nelle basiliche minori, chiese cattedrali e concattedrali e santuari designati dai vescovi diocesani o eparchiali.

Papa Francesco ha sottolineato l’importanza di riscoprire la dimensione positiva del pellegrinaggio, del mettersi in cammino alla ricerca del senso della vita. Nella nostra società iperconnessa, in cui siamo bombardati da infiniti stimoli — reali e virtuali — e si vorrebbe avere tutto subito e a portata di un clic, «il pellegrinaggio a piedi favorisce molto la riscoperta del valore del silenzio, della fatica, dell’essenzialità» (Spes non confundit, 5).

Non vengono esclusi dalla misericordia di Dio, tuttavia, quanti per gravi motivi non possono partecipare fisicamente a tali pellegrinaggi: i religiosi e le religiose di clausura, gli anziani, i malati e coloro che prestano continuamente servizio ad essi. Per tutti costoro la Penitenzieria apostolica ha stabilito la concessione dell’indulgenza giubilare se, alle medesime condizioni, uniti in spirito ai fedeli in presenza, essi reciteranno alcune preghiere conformi alle finalità dell’Anno santo.

La bolla di indizione dello stesso invita i fedeli a trasformare i segni dei tempi che il Signore ci offre in segni di speranza (cfr. Spes non confundit, 7). La Penitenzieria ha inteso raccogliere l’invito del Santo Padre di essere, in questo Anno giubilare, «segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio» (Spes non confundit, 10). Per questo, oltre alle pie visite e ai pellegrinaggi, è stabilita la concessione dell’indulgenza anche per coloro che compiono nei confronti dei fratelli opere di misericordia corporale (dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti) e quelle di misericordia spirituale (consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti).

Inoltre, l’indulgenza giubilare potrà essere conseguita anche mediante iniziative che attuino lo spirito penitenziale proprio della ricorrenza giubilare. Il decreto della Penitenzieria invita in particolare a riscoprire il valore penitenziale del venerdì, a sostenere opere di carattere religioso o sociale, per esempio in difesa della vita in ogni sua fase, e a dedicarsi ad attività di volontariato. Credo sia utile ricordare che non solo è possibile, ma è perfino ammirevole scegliere di applicare l’indulgenza, nelle modalità sopra esposte, in favore di una sorella o di un fratello defunto. Come ha affermato il Santo Padre, infatti, «l’indulgenza giubilare, in forza della preghiera, è destinata in modo particolare a quanti ci hanno preceduto, perché ottengano piena misericordia» (Spes non confundit, 22). Applicare l’indulgenza per le anime del purgatorio è un esercizio lodevolissimo di carità, che esprime il vincolo che lega i fedeli ancora pellegrinanti sulla terra con coloro che ci hanno preceduto.

Infine, mi pare bello sottolineare l’invito che la Penitenzieria rivolge ai ministri ordinati — vescovi e sacerdoti — nella parte finale del decreto, di agevolare cioè il più possibile, in questo tempo giubilare, l’accesso dei fedeli alla misericordia di Dio, offrendo con generosa disponibilità il più ampio spazio di tempo disponibile per l’ascolto delle Confessioni e programmando iniziative di catechesi che illustrino i principi fondamentali del messaggio cristiano e, in particolare, il senso e il significato della ricorrenza giubilare.

Può forse sembrare strano, anche a molti cattolici, parlare di indulgenze ancora nel 2025. Alla luce di quanto detto, sembra però evidente che l’indulgenza, così come viene intesa dalla Chiesa, non è affatto una specie di meccanismo, o di automatismo, avulso dalla vita cristiana, ma è vita cristiana essa stessa, ne è espressione e culmine. In parole povere, l’uso delle indulgenze indica che bisogna imparare ad amare Dio e il prossimo. La sequela di Gesù, attraverso la fede e le opere di misericordia, cresce e si sviluppa, rinvigorita dai Sacramenti e sostenuta dalla comunione dei santi. L’anima così guarita giungerà alla vera liberazione, alla completa rigenerazione, all’esperienza piena della misericordia di Dio; in altri termini, vivrà non solo nel rito, ma nella propria vita, l’esperienza vivificante della Pasqua del Signore.

di Krzysztof Józef Nykiel
Vescovo reggente della Penitenzieria apostolica