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Non più, non solo, misure per mitigare la crisi climatica ma provvedimenti immediati per adattarsi ai suoi effetti. Non c’è più tempo: mentre il riscaldamento globale corre verso il paventato traguardo dell’1,5 gradi in più entro la prima metà del 2030, gli effetti sono già evidenti e affliggono gravemente porzioni sempre più ampie della popolazione mondiale. Bisogna agire e occorre farlo a livello locale per avere effetti globali. E a livello globale per avere effetti locali. È ciò che si propone il summit che si è aperto questa mattina presso la Casina Pio iv in Vaticano, sede delle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali, dal titolo “From climate crisis to climate resilience”: tre giorni di lavoro cui parteciperanno rappresentanti di organizzazioni internazionali, ricercatori, leaders religiosi, esperti e soprattutto amministratori locali al fine di condividere le proprie esperienze e porre le basi di un impegno condiviso.
Risultato tangibile del vertice — scrivono infatti gli organizzatori — sarà la realizzazione di un “Protocollo di resilienza climatica planetaria con tutti i partecipanti come cofirmatari. Questo protocollo, che sarà modellato sulla falsariga di quello Montreal, fornirà le linee guida per rendere tutti resilienti al clima. Il protocollo sarà sottoposto alla United Nations Framework Convention on Climatre Changes per portarlo a tutte le nazioni. Quando il riscaldamento supererà la soglia di 1,5° entro il 2030, il protocollo potrà essere modificato per includere norme rigorose al fine di piegare drasticamente la curva delle emissioni e aumentare la spesa per le misure di adattamento».
I lavori del summit si articoleranno attorno a quattro elementi chiave della crisi climatica: l’acqua, l’aria, il cibo e l’energia, per poi passare ad esaminare le best practices già messe in campo dagli amministratori locali. La prima sessione, questa mattina, è stata aperta dai saluti del cardinale Peter K.A. Turkson, cancelliere delle Pontificie accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali, e dei presidenti delle stesse accademie, rispettivamente Joachim von Braun e suor Helen Alford, la quale ha osservato come la sottoscrizione del succitato protocollo può rappresentare un pilastro dello sforzo di mitigazione della crisi climatica e di adattamento alla stessa.
I dati della crisi del resto sono impressionanti. Li ha evidenziati in particolare Housung Lee, presidente per il 2023 dell’Ippc (Integrated Pollution Prevention and Control), il quale ha evidenziato come la lotta al cambiamento climatico sia quanto mai complessa: sebbene, per esempio, le politiche di decarbonizzazione siano applicate ormai da molti paesi del mondo, i suoi effetti potrebbero essere resi vani dal contemporaneo massiccio aumento dell’uso di dispositivi digitali. Questo mentre in generale le misure per la mitigazione del riscaldamento potranno cominciare ad evere effetto, molto limitato, solo a partire dal 2030, con effetti concreti addirittura rimandati al 2100. Lo scienziato Veerabhadran Ramanathan, dell’università della California San Diego e della Cornell University e consigliere del Pontificia Accademia delle Scienze, ha ricordato la frase di Thomas Edison: “When you have exhausted all possibilities, remember this: you haven’t”, al fine di sottolineare la necessità di passare ormai dalla prevenzione all’adattamento a una situazione che è ormai divenuta realtà: «È troppo tardi — ha detto — per affidarsi solo alla mitigazione del riscaldamento globale. L’adattamento al rischio climatico è già in ritardo ed è diventato il tema centrale delle azioni climatiche. Serve uno sforzo globale per costruire una resilienza climatica».
Esattamente ciò che si intende fare attraverso l’iniziativa “Mast” (Mitigation, Adaptation, Social Transformation). I provvedimenti sociali appaiono essere particolarmente urgenti, anche in relazione al fatto che, come ha sottolineato Marcelo Suárez-Orozco, della University of Massachusettes, e consiglire della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, oggi solo chi è relativamente istruito e ha disponibilità economiche lascia il territorio affetto dai danni climatici: il resto è semplicemente intrappolato. È lì che occorre intervenire. Cruciale è dunque l’azione della politica locale, come ha riconosciuto il governatore del Commonwealth of Massachusetts, Maura Haley: «Dobbiamo cambiare. E per cambiare dobbiamo sapere ascoltare, anche perché come amministratori siamo ormai costantemente messi alla prova e continueremo ad esserlo». Hakey ha poi illustrato le iniziative già messe in campo nel suo Stato, come una Green Bank per favorire la decarbonizzazione, «la prima degli Stati Uniti» o il fondo per la riqualificazione dei lavoratori. Provvedimenti, come quelli illustrati anche dal sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, intervenuto stamani, che stanno cercando di dare un nuovo volto alle città, facendo leva, ha sottolineato quest’ultimo, «anche sulla fraternità delle relazioni», perché, a parziale correzione di quanto affermato da Edison, quando le risorse finiscono, se ne devono, e se ne possono, necessariamente trovare altre. Molti altri amministratori di grandi città interverranno nei prossimi giorni. Tutti, insieme agli altri partecipanti, verranno ricevuti da Papa Francesco giovedì prossimo.
di Marco Bellizi