La speranza proposta
«La tregua olimpica ha nel mondo l’impatto della speranza, del seme, dell’esempio, dicendo a tutti: è possibile fare un passo nella direzione della pace, dell’armonia e del rispetto tra le culture pur nella diversità. Non dobbiamo sottovalutare il valore dei giochi perché esso è sì un simbolo ma ispira la realtà. La tregua olimpica rappresenta anche un modello di pace e si spera possa far fruttare quei tanti semi di collaborazione che verranno gettati negli incontri tra gli atleti». Lo ha affermato il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione, presentando stamane nella Sala stampa della Santa Sede — attualmente in via dell’Ospedale — il convegno internazionale su sport e spiritualità “Mettere la vita in gioco”, in programma il 16 e il 17 maggio presso l’auditorio di San Luigi dei Francesi, a Roma. Seguirà sabato 18 un evento sportivo al Circo Massimo con una simbolica staffetta solidale.
L’appuntamento, che intende offrire un’analisi poliedrica dello sport, è stato organizzato congiuntamente dal Dicastero e dall’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede, con Athletica Vaticana come partner. Con il cardinale sono intervenuti alla conferenza l’ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, Florence Mangin, il professore di filosofia dello sport all’Università di Roma “Foro Italico” Emanuele Isidori, e Arturo Mariani, coach e atleta paralimpico che ha disputato un mondiale e un europeo con la nazionale italiana di calcio amputati. L’organizzazione di questo convegno, ha osservato il cardinale, si propone «di capire perché lo sport è così popolare, identificare i suoi rischi, valutare la sua rilevanza per la costruzione di una società più fraterna, tollerante ed equa». Se si guarda alla storia dello sport in parallelo con la storia della Chiesa, ha rimarcato, ci sono stati molti momenti in cui esso è stato un’ispirazione e una metafora per la vita dei cristiani, e «il cristianesimo stesso ha arricchito lo sport con la sua visione umanistica». La Chiesa, ha proseguito, non vuole controllare lo sport o crearne uno alternativo ma «umanizzarlo attraverso una visione cristiana». Questo, ha concluso il cardinale de Mendonça, è ciò che questo convegno vuole spiegare portando riflessioni dall’interno e dall’esterno della Chiesa.
I Giochi di Parigi 2024, ha puntualizzato l’ambasciatrice francese ripercorrendo gli appuntamenti di Mettere la vita in gioco, porranno «l’accento sull’inclusività e con un’attenzione particolare ai più poveri. S’impegneranno a essere anche durevoli, con la promozione dello sport nella vita quotidiana dei giovani e come mezzo di inclusione sociale».
Di necessità da parte della società di apprendere come valorizzare e sfruttare i principi intrinseci dello sport in modo umanizzante ha parlato Isidori, evidenziando come il convegno miri a comprenderne le radici culturali e «apprezzarne l’importanza nella costruzione di una società più fraterna, valutarne il potenziale pedagogico e, soprattutto, approfondirne la rilevanza spirituale».
Ha preso quindi la parola Arturo Mariani, coach e atleta paralimpico. «La decisione dei miei genitori di accogliere la mia vita così com’era», dopo aver ricevuto la diagnosi «che sarei venuto al mondo con una sola gamba, ha posto le basi del mio rapporto con l’affidamento e la fiducia in un disegno superiore», plasmando «il mio approccio alla vita, e quindi allo sport. E così ho proposto la parola “proabilità” per cambiare la percezione delle persone riguardo il concetto di disabilità». “Pro”, cioè a favore delle abilità uniche della persona e non più “dis”, «che porta distinzione, separazione, esclusione». Da qui, ha concluso, è nata Academy Proabile, «da me fondata: un’isola felice dove tutti possono esprimersi attraverso lo sport, in base alla loro condizione psicofisica».