· Città del Vaticano ·

Parole in cammino: “Incontrare ”

L’assoluto si gioca
nella prossimità

 L’assoluto si gioca  nella prossimità  QUO-102
06 maggio 2024

La sesta puntata del programma Parole in cammino alla Radio Vaticana si è concentrato sul tema dell’incontro. Qualcosa che può avvenire se un uomo è disposto a mettersi in cammino, ad uscire da se stesso. L’esodo può assumere la forma sinistra dell’attraversamento del deserto, che può all’inizio paralizzare, ma poi, se si ha il coraggio di camminare, si scopre che il deserto è popolato. Sulla strada si “rischia” di incontrare gli altri uomini. L’incontro avviene dunque lungo la strada, fuori dalla propria comfort zone. C’è un’immagine, di cui si è parlato durante la trasmissione ed è quella di Abramo che, alle querce di Mamre, mentre egli sedeva sulla soglia della tenda, incontra il Signore, sotto forma della visita che riceve di tre viandanti. Interessante notare la “posizione” di Abramo: egli sta sulla soglia, questa  dimensione della soglia è la dimensione dell’incontro. Stare sulla soglia significa non stare chiuso in casa, troppo al riparo, rinchiuso nella propria comfort zone, ma nemmeno “troppo fuori”, cioè disperso all’esterno, fuori di sé, nel deserto dove l’esito inevitabile è la dispersione, lo smarrimento. La sosta è il luogo del dinamismo, dell’apertura e dell’accoglienza.

Dalla Bibbia al Vangelo il passo è stato breve ma prima, con l’aiuto di Chiara Mancini, studentessa di Lettere Antiche,  abbiamo parlato di musica e letteratura, poesia e cinema e in particolare ci siamo concentrati su L’Odissea, «poema degli incontri» (come si può leggere nel testo di Chiara in questa pagina). E poi si è parlato appunto dell’altro «poema degli incontri», cioè il Vangelo di Gesù, secondo la versione dei quattro evangelisti, che può essere letto anche come il racconto degli incontri di Gesù.

Gesù infatti praticamente in ogni pagina del Vangelo incontra qualcuno. O perché è lui che va incontro alle persone, pensiamo a Zaccheo, o perché è verso di lui, «incontro a lui», che le persone si muovono, come nel caso del centurione o del giovane ricco. Gesù non sta fermo, non si mette sopra un piedistallo per insegnare ma scende e si muove verso gli altri, per creare le condizioni affinché un incontro possa nascere, per realizzare quello che diceva Oscar Wilde (in un aforisma che è stato più volte citato durante il programma): «Le cose vere della vita non si studiano, né si imparano, ma si incontrano». Perché è vero quello che si dice, che un incontro può cambiarti la vita. Questa possibilità la vediamo in modo evidente proprio nel Vangelo: pensiamo all’incontro con la donna samaritana presso il Pozzo di Giacobbe narrato nel quarto capitolo del Vangelo di Giovanni. A volte questo effetto “performativo” non accade, come nel caso del giovane ricco, oppure nel caso di Erode, con il quale Gesù preferisce non parlare. Erode... e viene spontanea la domanda: ma Pilato, il suo incontro con Gesù, gli cambiò la vita?

Quel giorno, quell’ultimo giorno, Gesù incontrò tante persone, Pilato, Erode, il Sommo Sacerdote, Simone da Cirene, le donne di Gerusalemme e, infine, i due ladroni crocifissi insieme a lui. Il racconto del Vangelo di Luca sembra far intuire che anche qui avvenne tutto secondo il principio del libero arbitrio: uno dei due ladroni rimase chiuso nel suo risentimento mentre l’altro si aprì alla novità rappresentata da quell’incontro, in punto di morte, con Gesù, il Re che gli promette di accoglierlo in Paradiso. Questa scena e quest’esito è stato efficacemente raccontato in musica da Fabrizio De Andrè nella canzone Il testamento di Tito, che chiude l’album La Buona Novella. In questa intensa ballata cantata in prima persona come ricapitolazione autobiografica, ascoltiamo della storia di Tito, il buon ladrone, una vicenda composta da un accumulo di incontri falliti, relazioni spezzate, ferite ricevute, ma ecco che alla fine della vita, proprio nell’ultima ora dell’ultimo giorno, avviene l’imprevedibile, un incontro che riscatta la sua triste vicenda biografica.

Gesù l’uomo degli incontri. Fino alla fine, fino all’ultimo giorno e anche dopo. Gesù risorto continua a fare quello che aveva fatto durante la vita: continua a incontrare gli uomini, così fa lungo la strada verso Emmaus, quando incontra i due discepoli che scappano, delusi, da Gerusalemme. Gesù va loro incontro lungo il cammino ed “entra” nelle loro conversazioni. I due discepoli all’inizio non riconoscono Gesù nello sconosciuto che parla con loro lungo la strada. Ma il cristiano sa che in ogni sconosciuto che incontra nella sua giornata v’è celato Gesù. Ogni incontro è una “vocazione”. Come scrive Marilynne Robinson nel romanzo Gilead: «Questa è una cosa importante, che ho detto a molte persone, e che mio padre disse a me, come il suo a lui. Quando incontri un’altra persona, quando hai a che fare con una persona qualsiasi, è come se ti venisse posta una domanda. Allora devi pensare: Che cosa mi chiede il Signore in questo momento, in questa situazione? ( …) Quest’ultima [l’altra persona] probabilmente riderebbe all’idea che il Signore te l’abbia mandata per il tuo (e il suo) beneficio, ma proprio in questo consiste la perfezione del travestimento: il fatto che l’altro ne sia all’oscuro».

Così come il filosofo ebreo Emmanuel Lévinas nel saggio L’epifania del volto, afferma che: «Nel semplice incontro di un uomo con l’Altro si gioca l’essenziale, l’assoluto. Nella manifestazione, nell’“epifania” del volto dell’Altro scopro che il mondo è mio nella misura in cui posso condividerlo con l’Altro. E l’assoluto si gioca nella prossimità, alla portata del mio sguardo, alla portata di un gesto di complicità o di aggressività, di accoglienza o di rifiuto».

di Andrea Monda