· Città del Vaticano ·

La sofferenze dei bambini malati e orfani di Gaza dopo quasi 7 mesi di guerra

Gli ostacoli
alla riconciliazione uccidono anche la speranza

 Gli ostacoli alla riconciliazione uccidono anche la speranza  QUO-099
02 maggio 2024

Come seguire e percorrere le strade della pace senza ostacoli? Non stanchiamoci di pregare, di implorare, di costruire ponti e relazioni. Siamo in tanti a camminare insieme e uniti ma la pace non arriva, non si vede, non si tocca e la speranza di vivere e di sopravvivere si allontana.

Pochi giorni fa è morta Lara mentre insieme alla madre cercava di raggiungere la libertà, percorrendo la strada verso Rafah. Lara aveva lasciato la parrocchia latina di Gaza dove si era rifugiata dal 7 ottobre e dove suo padre era morto il 21 dicembre per la mancanza di cure che non aveva potuto ricevere. Lara aveva diciotto anni, la voglia di vivere, il desiderio di studiare per cambiare la propria vita e quella del suo popolo. Tutte le sue speranze si sono fermate a causa di un colpo di sole, delusa da chi le aveva promesso che una nuova vita l’aspettava fuori da Gaza.  

Elham, Mahmoud, Faiq sono tre bambini che soffrono a causa di una malattia genetica rara, l’epidermolisi bollosa, la cosiddetta “sindrome dei bambini farfalla”, e che potrebbero essere curati in Italia, a Modena. Questa malattia rende la loro pelle tanto fragile da riempirsi di bolle e di piaghe che si infettano. La sindrome viene detta dei “bambini farfalla”, perché la pelle diventa fragile, delicata e quasi trasparente come quella delle ali di una farfalla. Le sofferenze di questi bambini stanno aumentando con l’arrivo del caldo e possono essere alleviate solo con la continua applicazione di bende cremose e di cure specifiche che a Gaza mancano. Elham, Mahmoud, Faiq e i loro accompagnatori con grandi difficoltà sono arrivati a Rafah dal nord ma non è facile farli uscire da Gaza. Sto incontrando molte difficoltà per aiutarli a raggiungere l’Italia, dove sono attesi da uomini e donne che percorrono strade di pace, aprendo il cuore a bimbi così sofferenti.

Lara non ha potuto raggiungere il suo sogno, Elham, Mahmoud, Faiq non riescono a ricevere sollievo a dolori insopportabili per bambini resi fragili anche dalla malnutrizione e dalla mancanza di igiene.

Sono solo alcuni casi dolorosi, tra le tante sofferenze di Gaza, che potevano e possono essere aiutati, percorsi di vita che potrebbero cambiare per non far aumentare maggiormente l’orribile numero di 15.000 bambini finora morti dal 7 ottobre.

Ho saputo che a Gaza i tanti bambini feriti, rimasti soli e senza famiglia vengono identificati con una sigla: Wcnsf, che sta per “wounded child no surviving family”, “bambino ferito senza familiari sopravvissuti”.

Un nuovo nome per un altro grave trauma difficile da affrontare e da superare.

Come interrompere questo percorso che invece di andare avanti su una strada dritta e lineare, torna sempre indietro al punto di partenza?

In questi ultimi giorni si è affacciata la speranza di una possibilità di fermare la violenza di sette mesi, ma una nuova delusione è tornata a far parte della vita in Terra Santa. L’attesa e la speranza fanno parte di questa vita ma la delusione e la disperazione stanno diventando sempre più presenti fra la gente che vive in questa Terra benedetta.

Ho sempre pensato che ognuno di noi, dal potente alla persona più semplice, potesse essere operatore di pace.

Ho sempre creduto che ognuno di noi debba superare il proprio interesse, debba superare l’indifferenza e mettersi a disposizione con coscienza a favore del prossimo. Per noi cristiani dovrebbe essere un impegno e uno stile di vita concreto perché la strada del perdono ci è stata indicata dalla Croce, da Cristo che non ha risposto alla violenza con la violenza, non ha risposto alle offese con parole di odio, non ha chiesto la vendetta, ma ha seminato la pace e la riconciliazione.

di Ibrahim Faltas