I salvati e i sommersi

Sono rimasti per due giorni in balia dell’oceano Atlantico, le mani disperatamente aggrappate al relitto del loro barcone, le bocche riarse dalla sete, gli occhi sbarrati dalla paura. Due giorni, 48 ore, 3.000 minuti di sofferenza per nove migranti, gli unici sopravvissuti al naufragio della loro imbarcazione avvenuto ieri al largo delle isole Canarie. Provenienti dall’Africa subsahariana, i naufraghi erano salpati nove giorni fa da M’Bour, in Senegal. In totale, sulla precaria piroga che li trasportava, erano in 60. Ed ora all’appello ne mancano 51.

L’imbarcazione in difficoltà è stata avvistata ieri da una petroliera, la “Beskidy”, battente bandiera liberiana, sulla rotta che va dal Brasile alla Spagna. Una volta allertato, il Salvataggio marittimo ha soccorso i 9 sopravvissuti e li ha traferiti sull’isola di El Hierro, dove sono stati ricoverati in ospedale con sintomi di disidratazione e dolori addominali. Nessuna speranza, putroppo, per i 51 dispersi, tra i quali non ci sono donne o bambini: le loro ricerche proseguono, ma finora l’oceano non ha restituito alcun corpo.

Resta la certezza, invece, della pericolosità della rotta migratoria atlantica, la più letale per chi è in fuga da fame, povertà, conflitti: secondo l’ong Caminandos Fronteras, solo nel 2023 almeno 6.618 persone sono morte o scomparse nel tentativo di raggiungere la Spagna, di cui 6.000 nel viaggio verso le Canarie. Una cifra che rileva un aumento del 177 per cento rispetto al 2022. Eppure, i migranti intraprendono ugualmente questi viaggi mortali, perché la disperazione è più forte della paura. Dall’inizio del 2024 — riferisce il Ministero dell’interno spagnolo — sono stati 17.529 i naufraghi giunti nel Paese in modo irregolare. Una cifra tre volte superiore rispetto ai 5.208 arrivi del 2022. E stamani, altri 81 migranti in difficoltà imbarcatisi per le Canarie sono soccorsi dalla Marina reale del Marocco.