· Città del Vaticano ·

Parole in cammino: “Camminare”

È grazie allo squilibrio
se mettiamo un piede
avanti all’altro

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30 aprile 2024

Dopo aver sognato, desiderato ed essere partiti, uscendo da casa, finalmente, giunti alla quarta puntata di Parole in cammino, si può camminare.

Nella conversazione tenuta alla “Radio Vaticana” venerdì scorso con Chiara Bartolucci e Francesco Porceddu (in questa pagina si possono leggere i loro contributi), si è sottolineata innanzitutto la dimensione sensoriale dell'esperienza del cammino. Camminare è un'azione che coinvolge i sensi umani in pienezza, espandendoli.

Poi, da brava ex-studentessa del liceo classico, Chiara han citato il famoso indovinello che la Sfinge rivolge ad Edipo la cui risposta evidenza il fatto che l'uomo è l’animale che cammina, sempre. Quando il cucciolo d’uomo comincia a camminare lo fa “a quattro zampe”, gattonando; si muove trascinandosi e “mettendo le mani avanti” a tastare il terreno, cercando un appoggio affidabile, accompagnando con l’esperienza del tatto il suo atto di affidamento necessario per affrontare la sfida del camminare. E quando poi finalmente recupera la postura propria dell'essere umano, homo herectus, animale bipede, il bambino prova a camminare sui suoi piedi e puntualmente cade, cade e si rialza, e poi cade di nuovo, finché non cadrà più. Ma in realtà il camminare è tutt’uno con il cadere, nel senso che è la ricerca continua di un equilibrio che è sempre precario: camminare è un “crollo” dopo un altro, per recuperare l'equilibrio che continuamente si perde. Su questo Papa Francesco offre un’ipotesi molto saggia e stimolante secondo la quale lo squilibrio è migliore dell'equilibrio. Sì perchè lo squilibrio mette in moto un dinamismo vitale, mentre l’equilibrio può rivelarsi un'armonia abbacinante quanto statica, paralizzante. Abbiamo quindi letto questi versi tratti dalla poesia Ti stringo la mano mentre dormi di Elena Buia Rutt: «Ma al risveglio del mattino/ una forza indissolubile/ ci unisce/ e ci sbilancia/ in avanti e in alto/ acrobati-operai/ sulla maestosa impalcatura/ di una bellezza/ inspiegabile a noi stessi». La vita come cammino provocato da questo continuo sbilanciarsi ed essere sbilanciati. È il segno dell'inquietudine, cifra inconfondibile dell'uomo, l'animale che cammina, che attraversa il mondo e cerca, esplora, interroga tutto e tutti, a partire da se stesso.

E così fa il Figlio dell'Uomo, Gesù, che in un breve e denso saggio Christian Bobin definisce “L’uomo che cammina”. In trasmissione abbiamo letto un brano che sottolinea come il passo di Gesù sia irraggiungibile dagli altri uomini: «Pochissimi riescono a tenere il suo passo. Una manciata di uomini e alcune donne». È' un camminatore instancabile, perché «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». (Mt 8,20) Aggiunge Bobin: «Non sembra seguire un percorso a lui noto. Potremmo addirittura parlare di esitazioni. Cerca semplicemente qualcuno che lo ascolti. È una ricerca quasi sempre delusa, il suo cammino è quello delle delusioni, da un villaggio all'altro, da una sordità alla seguente». Gesù cammina, Gesù passa (e commenta sant’Agostino, citato spesso dal Papa: «Ho paura che Gesù passa ed io non me ne accorgo»). E Gesù cammina fino alla fine, per amore: la via crucis è il suo ultimo gesto, un cammino. Questo aspetto del cammino continuo, “urgente”, lo coglie molto bene Pier Paolo Pasolini quando dirige il suo film sul Vangelo in cui Gesù sta sempre in movimento e si muove, spesso girandosi indietro per rivolgersi ai suoi amici, incapaci di tenere il suo passo, per incoraggiarli, incalzarli.

Gesù cammina per le strade e non ha un rifugio, un “tetto” dove stare. La sua sembra un predilezione per la strada rispetto alla casa. La stessa che ha Giorgio Gaber nella sua famosa ballata, C'è solo la strada, con cui chiudeva i suoi spettacoli teatrali nella metà degli anni '70. Mentre in casa si marcisce e si muore, nelle strade c’è la possibilità di salvezza, perché “gli angeli non danno appuntamenti” se non nelle piazze, nelle strade.

La conversazione si è conclusa sul tema della sinodalità, la “frontiera” su cui il Papa ha sospinto la Chiesa in questi anni, spingendola a “uscire” e a “camminare insieme”. Il sin-odo, la strada in comune, chiede il coinvolgimento di tutti, la sin-fonia, e la ricerca di una sin-tonia e sin-cronia. Tutte cose non date, non scontate, ma da ricercare, così come quando si passeggia con un compagno: è molto più bello ma anche impegnativo. E rischioso: ci si potrebbe contaminare a vicenda, ma questo è un bel tema per la prossima conversazione.

di Andrea Monda


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