Come Dio scrive
Preti del mondo a scuola di sinodalità: per apprendere, ma anche per condividere esperienze e confrontarsi. Da ieri, 29 aprile, in oltre duecento sono riuniti presso la Fraterna Domus di Sacrofano, alle porte di Roma, nell’ambito dell’incontro internazionale “Parroci per il Sinodo”, organizzato congiuntamente dalla segreteria generale del Sinodo e da tre Dicasteri: per il Clero, per le Chiese orientali e per l’Evangelizzazione (Prima sezione per la Prima evangelizzazione e le nuove Chiese particolari). Un avvenimento che si conclude poi in Vaticano con l’udienza papale di giovedì 2 maggio, per proiettarsi quindi verso la prossima assise sinodale in programma dal 2 al 27 ottobre. Ha introdotto i lavori il cardinale segretario generale del Sinodo — il cui intervento pubblichiamo in una nostra traduzione dall’inglese — seguito dal porporato coreano Lazzaro You Heung sik, prefetto del Dicastero per il Clero, che ha parlato del Congresso tenutosi a febbraio sulla formazione permanente dei sacerdoti. «Puntando su brevi relazioni, la comunicazione di buone pratiche e poi sulla conversazione nello Spirito in piccoli gruppi, abbiamo raccolto frutti sorprendenti», ha detto con riferimento al metodo sinodale. Tutto ciò, ha aggiunto, «aiuta la Chiesa a essere a fuoco sia nella dimensione della comunione sia in quella dell’annuncio del Vangelo grazie a una ricoperta della “corresponsabilità”». Tra quanti hanno preso la parola anche monsignor Hyacinthe Dioné, del Dicastero per l’Evangelizzazione, e i sottosegretari del Sinodo, il vescovo agostiniano spagnolo Luis Marín de San Martín e la religiosa francese suor Nathalie Becquart. Da parte sua il gesuita Giacomo Costa, segretario speciale dell’ultimo Sinodo, ha fatto il punto sul cammino finora compiuto, indicando nella Relazione di sintesi della prima assise, quella dell’ottobre scorso, il documento imprescindibile cui fare riferimento durante i lavori che hanno per tematica generale «Come essere una Chiesa sinodale locale in missione», articolata ogni giorno in vari sottotemi: il volto della Chiesa sinodale; tutti discepoli, tutti missionari; tessere legami, costruire comunità.
Nel suo libro più recente, Reading Genesis (2024) la vincitrice del premio Pulitzer americano, Marilynne Robinson, ripercorre le storie contenute nel libro della Genesi. Meglio conosciuta per i suoi romanzi, l’autrice legge il libro della Genesi come una serie di storie, ma non come un’opera narrativa. Sono storie vere dell’umanità: di sofferenza e gioia, disperazione e speranza, sacrificio e ricompensa, abbandono e provvidenza, morte e vita. Ciò che rende queste storie ancora più vere è il fatto che non sono semplicemente storie vere dell’umanità. Sono anche storie vere di Dio. La provvidenza divina opera in e attraverso storie umane. «La mente del testo sorvola un lungo arco di tempo, durante il quale una provvidenza assolutamente singolare opera attraverso e tra gli esseri umani che sono fallibili in diversi modi e gradi e che possono non comprendere la parte che le loro vite svolgeranno nel lungo corso della storia sacra» (p. 177).
Forse vi starete chiedendo che cosa la Genesi e Marilynne Robinson hanno a che fare con il nostro incontro odierno. Ecco la mia risposta. Proprio come il libro della Genesi, anche noi siamo una raccolta di storie. Ognuno qui è una storia, porta con sé una storia che coinvolge molte altre persone, la storia della comunità parrocchiale a voi affidata, la storia della Chiesa locale! Abbiamo storie molto diverse, a seconda della nostra provenienza, della nostra storia, delle persone coinvolte nel nostro lavoro. Eppure, nonostante tutto ciò che ci rende diversi, molte sono le esperienze che rendono le nostre storie simili: le esperienze di sofferenza e gioia, disperazione e speranza, sacrificio e ricompensa, abbandono e provvidenza, morte e vita. E soprattutto, ciò che Robinson dice sulla Genesi si applica anche alle nostre esperienze come parroci e alle vite delle nostre parrocchie: una provvidenza assolutamente singolare opera attraverso e tra esseri umani che sono fallibili in diversi modi e gradi e che possono non aver compreso il ruolo che le loro vite stanno svolgendo nel lungo corso della storia sacra.
Robinson aggiunge una cosa importante: «queste storie primordiali non finiranno mai». Io aggiungerei, non finiranno mai, non soltanto perché sono primordiali, ma anche perché Dio sta ancora scrivendo la sua storia. In un certo senso, la sua storia è ancora senza una conclusione. La Provvidenza sta ancora lavorando oggi, nelle nostre storie, nelle nostre parrocchie, nelle nostre diocesi e nella società in generale.
Abbiamo parlato molto di sinodalità, e continueremo a farlo nei prossimi giorni. Ricordate che il significato principale e primordiale del prefisso syn in sinodalità deve riferirsi a Dio. Essere sinodali non significa semplicemente camminare insieme, piuttosto camminare con Dio. E sarebbe ancora meglio dire Dio che cammina con noi. È questo il significato primordiale di sinodalità. La sinodalità riguarda Dio, prima di riguardare la Chiesa. Gesù Cristo cammina con noi. Le nostre storie sono storie umane, ma storie umane in cui Cristo è presente. Esse descrivono i nostri percorsi, percorsi ai quali Cristo si lega. Sono anche storie di Dio.
Come abbiamo affermato nel Documento preparatorio della 16a Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (07.09.2021), il lavoro di evangelizzazione non sarebbe comprensibile «senza la costante apertura di Gesù all’interlocutore più ampio possibile, che i Vangeli indicano come la folla» (art. 18). «Pur nella diversità delle chiamate e delle risposte di accoglienza del Signore, il tratto comune è che la fede emerge sempre come valorizzazione della persona: la sua supplica è ascoltata, alla sua difficoltà è dato aiuto, la sua disponibilità è apprezzata, la sua dignità è confermata dallo sguardo di Dio e restituita al riconoscimento della comunità» (art. 17). Ciò si applica anche a voi, cari parroci. Per definizione il parroco è un uomo del popolo e per il popolo; come Gesù, è aperto alla folla per aiutare tutti e ciascuno a comprendere che «siete una lettera di Cristo... scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente» (2 Cor 3, 3).
Spesso è difficile capire i modi in cui le nostre storie potrebbero essere le storie di Dio. Le nostre parrocchie sono probabilmente lontane dall’essere la parrocchia migliore che si potrebbe desiderare. Le nostre storie sono tutto tranne che perfette. Non sorprende quindi che troviamo difficile capire come le nostre storie siano anche di Dio. A volte abbiamo bisogno degli altri perché ci aiutino a vedere la presenza di Dio nelle nostre storie. Ed è ciò che speriamo che questi giorni insieme ci consentiranno di fare. Giorni per condividere storie, aiutarsi reciprocamente a vedere la presenza di Dio nelle proprie storie e a comprendere che la sua provvidenza sta ancora scrivendo la storia della Chiesa oggi.
Non siete venuti per ascoltare qualche insegnamento o intervento sulla sinodalità. Noi non siamo qui per insegnare a voi. Siete venuti qui per raccontarci la vostra storia, perché la storia di ognuno di voi è importante. Vogliamo ascoltare le vostre storie, vogliamo ascoltare come Gesù sta ancora operando oggi. Potrebbero non essere storie perfette, ma sono storie reali. È questa la cosa più importante. È perché le vostre storie sono vere e non invenzioni che vogliamo camminare con voi per ascoltare come il Signore sta ancora camminando oggi con voi e le vostre comunità in quella parte del mondo da cui provenite.
di Mario Grech