Nel segno del legame
«Pietro, Marco, il Papa ci richiamano a essere Chiesa, a partire dalla preghiera e trovando forza dalle origini»: lo ha confidato il patriarca Moraglia tracciando per i media vaticani un bilancio della visita poche ore dopo che il Pontefice aveva lasciato Venezia.
In una città «storicamente accogliente» Francesco «ha voluto iniziare proprio con un gesto di accoglienza nel carcere femminile, dove ha incoraggiato le ospiti alla speranza, alla ricostruzione della loro vita», ha spiegato il presule. Inoltre, ha aggiunto, egli «ha voluto salutare una per una le detenute, guardandole negli occhi, che è anche il tema della mostra del Padiglione della Santa Sede alla Biennale». Del resto «il secondo momento nella casa di reclusione è stato il dialogo con gli artisti con cui il Papa ha ricordato il valore dell’arte che non deve diventare mercato».
Passando poi alla terza tappa della visita pastorale, l’incontro con i giovani, Moraglia ha rimarcato due verbi usati da Francesco «alzarsi e andare». Infine durante la messa il Papa all’omelia ha definito Venezia «terra che fa fratelli». Per il patriarca si tratta della «sintesi di altre considerazioni: Venezia è città dove il bello deve essere offerto con generosità, ma anche una città che si difende da un turismo che potrebbe divorarla. Venezia deve restare città abitata, dell’incontro, non un luogo di passaggio ma di costruzione di presente e di futuro. Il Papa ci ha parlato di un’idea futura di Venezia, in cui l’inclusività è fondamentale», ha concluso. (alvise sperandio)