· Città del Vaticano ·

In alcune missive consegnate al Pontefice storie di dolore e di speranza

Lettere dal carcere

 Lettere dal carcere  QUO-097
29 aprile 2024

«Vi ricorderò! E avanti e coraggio, non mollare, coraggio e avanti!». È un congedo che nasce dal cuore quello di Papa Francesco dalle detenute del carcere femminile di Venezia, situato sull’Isola della Giudecca. Un momento molto confidenziale, di vicinanza fraterna, che ha concluso il primo appuntamento della visita pastorale compiuta dal Pontefice domenica mattina nella città lagunare.

In un’atmosfera colma di speranza e di fiducia, molte tra le ottanta detenute presenti hanno voluto confidargli le loro esperienze di vita — storie di fragilità e dolore, ma anche di sogni che stanno accompagnando il percorso di detenzione e, in molti casi, anche di redenzione — scrivendole su alcune lettere che hanno consegnato nelle mani di Francesco.

Come Dolores, che nella missiva ha confidato i suoi momenti di preghiera nella disperazione, quando la figlia in fin di vita stava entrando in sala operatoria: «ho chiesto a Dio di darmi il coraggio di affrontare ciò che stava succedendo», sentendo così la forza «di superare ogni ostacolo senza il peso e il dolore», anche quando le speranze erano poche. Pochi mesi fa la donna è entrata in carcere, e ora soffre terribilmente per la lontananza dalla figlia che avrebbe bisogno del suo aiuto.

Un’altra detenuta, sulla sessantina, reclusa dal 2016 per espiare una condanna a trent’anni, ha affidato a Francesco una lettera con dentro «ciò che tengo nel più profondo del mio cuore»: la sua vita, segnata nell’infanzia da un papà alcolizzato, una mamma poco propensa a trasmettere amore, e soprattutto la responsabilità “pesante” di una sorella più piccola da tutelare. E poi un matrimonio presto rivelatosi fallimentare a causa dell’uso di eroina da parte del marito. Ma intanto era rimasta incinta del primo figlio. Successivamente, dopo un periodo in comunità il marito era riuscito a compiere un percorso di recupero ed erano tornati insieme. A quel punto erano in attesa della seconda figlia, quando il marito si è ammalato di linfoma, tornando a fare uso di droghe. Dopo 5 anni l’uomo è morto e la donna è crollata fisicamente e psicologicamente, ricorrendo agli psicofarmaci e perdendo la forza necessaria per stare vicina alla figlia di 8 anni. Da qui le scelte di vita sbagliate che l’hanno condotta al carcere, dove ha tentato anche il suicidio: «Quando mi sono ripresa ho guardato in alto e ho chiesto: “Signore mio, ho fatto del male, sono in carcere per questo e tu mi hai salvata... Perché?”. E dopo un po’ ho capito che voleva darmi una chance per riprendere in mano la mia vita». Un percorso di redenzione, dunque, che la donna ha voluto definire «di rinascita, dove non c’è posto per la rabbia e il rancore» ha scritto, concludendo la lettera con la richiesta di preghiere al Santo Padre, perché la figlia da oltre quattro anni non vuole più saperne di lei.

L’arrivo alla Giudecca


L’elicottero proveniente dal Vaticano con a bordo il Papa, era atterrato poco prima nel cortile interno della casa di reclusione, dove su una parete campeggiava tra le finestre sbarrate la scritta “Siamo con voi nella notte” in neon blu. È visibile anche nelle ore notturne quasi a voler accompagnare queste donne nel tentativo di alleviarne la pena.

Le ottanta recluse hanno atteso Francesco nel chiostro del penitenziario, che nei secoli scorsi è stato un convento di convertite, ex prostitute. All’avvicinarsi del rumore del velivolo è partito spontaneo un primo applauso e alcune hanno cominciato a stringersi reciprocamente le mani tremanti, per condividere emozioni e tensioni accumulate in questi giorni di attesa.

Quando il Pontefice ha fatto il suo ingresso, spinto sulla carrozzina, è stato accolto da un secondo applauso e da un corale «Viva il Papa!». Passando tra le file di panchine in ferro su cui erano sedute le detenute, le ha volute salutare una ad una, così come aveva fatto un mese fa, nel pomeriggio del 28 marzo, all’interno del carcere femminile romano di Rebibbia, dove si era recato per celebrare la messa in Coena Domini del Giovedì santo con il rito della lavanda dei piedi.

Anche nel penitenziario veneziano il vescovo di Roma ha scambiato sorrisi e carezze, ha ascoltato confidenze e ha consegnato coroncine del rosario. Una detenuta voleva donargli la propria fede nuziale, ma Francesco ha preferito benedirla e restituirgliela. E molte di loro, come appunto Dolores, hanno scelto la riservatezza di una lettera.

Quando Francesco ha pronunciato il suo discorso, alla presenza anche del personale amministrativo, degli agenti della Polizia penitenziaria e dei volontari che prestano servizio all’interno del carcere, altri applausi sono partiti: soprattutto quando ha affermato che sarebbe uscito lui per primo più ricco da questo momento di fraternità, e poi successivamente quando con forza ha esclamato: «nessuno toglie la dignità di una persona, nessuno!».

Al momento dello scambio dei doni, alcune donne hanno consegnato una cesta con prodotti cosmetici biologici, realizzati all’interno del carcere, dove c’è anche un orto curato dalle detenute. Dal laboratorio di sartoria gli hanno offerto una papalina, altre gli hanno consegnato una cassetta contenente rose di lana realizzate all’uncinetto, grazie alla collaborazione dell’associazione di volontariato “Il granello di senape” e alla cooperativa sociale “Il cerchio”. Con le stesse rose avevano anche addobbato il pozzo del chiostro, perché come hanno raccontato al Papa, «abbiamo bisogno di colori». Da parte sua Francesco ha lasciato in dono un’icona mariana raffigurante la Madre della Tenerezza.

La prima volta di un Papa alla Biennale


Al termine il Papa ha raggiunto la chiesa della Maddalena, cappella del carcere, al cui ingresso era ad attenderlo il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione e commissario del padiglione della Santa Sede — curato da Chiara Parisi e Bruno Racine — alla Biennale d’Arte di Venezia.

Qui, sotto i vestiti delle detenute raccolti in intrecci colorati pendenti dall’alto, opera della brasiliana Sonia Gomes, ha avuto luogo l’incontro del Pontefice con gli artisti. Il porporato lo ha introdotto spiegando il significato del titolo scelto da lui stesso per il padiglione, “Con i miei occhi”, allestito all’interno del penitenziario. Quindi ha sottolineato il lavoro di squadra con le stesse detenute: molte di loro infatti fanno da guide ai visitatori. E nella circostanza indossavano la t-shirt celebrativa del padiglione con la scritta «With my eyes».

Il Pontefice, nel suo discorso, ha ricordato la visita che gli artisti avevano compiuto nel giugno scorso nella Cappella Sistina. Forte l’appello, riprendendo il tema generale della Biennale — “Stranieri ovunque” —, affinché le pratiche artistiche possano costituire una rete per realizzare “città rifugio” in cui nessun essere umano è considerato un estraneo.

La partecipazione della Santa Sede con un proprio padiglione espositivo e la visita di un Papa alla Biennale di Venezia, giunta alla sua sessantesima edizione, costituiscono una realtà inedita. E da questo punto di vista è sicuramente senza precedenti la scelta del carcere come “quartier generale”, altrettanto essenziale sia per permettere l’ideale abbattimento di muri, grate e barriere, sia per consentire all’universo esterno di aprirsi all’isolamento carcerario e dischiudere la gabbia del preconcetto. Così un luogo “straniero” e invisibile alla comunità, che poteva esistere solo nell’immaginario, si è materializzato divenendo realtà.

Le opere esposte nel padiglione hanno come denominatore comune l’arte, la poesia, la spiritualità, l’umanità e il prendersi cura del prossimo, in particolare degli ultimi e degli emarginati, valorizzandone la dignità.

Infine il Papa ha salutato i presenti nella cappella del carcere, tra cui l’arcivescovo Giovanni Cesare Pagazzi e il vescovo Paul Tighe, segretari del dicastero organizzatore. Quindi, a nome della casa di reclusione, la dirigente della Polizia penitenziaria Lara Boco e l’agente Francesca De Simone hanno donato al Pontefice una targa commemorativa e un’opera in vetro di Murano realizzata dai maestri Giovanni Nicola e Muriel Balensi.

Il vescovo di Roma è poi uscito all’esterno del carcere dove è esposto il gigantesco murale — ricopre l’intera facciata dell’ingresso — realizzato da Maurizio Cattelan dal titolo “Padre” su cui sono rappresentati due piedi, nudi e sporchi, nel loro prospetto plantare; proprio quella parte del corpo che in natura costituisce il contatto con la terra, l’appoggio durante i cammini e i percorsi della vita, e, al tempo stesso, quello da cui inizia qualsiasi partenza o ripartenza.

Proprio all’uscita del carcere, prima di salire sulla motovedetta che lo avrebbe portato alla basilica della Madonna della Salute, Francesco si è intrattenuto con alcuni bambini. Uno di loro gli ha chiesto di acquistare al prezzo simbolico di un euro il Libro dei vostri sogni, un quaderno realizzato artigianalmente con tutti i fogli interni ancora bianchi, per un futuro tutto da scrivere. Il Pontefice si è fatto convincere dall’audace commerciante, consegnandogli in cambio 5 euro.

dal nostro inviato
Fabrizio Peloni