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Bailamme

Il gusto di un’avventura avvincente

 Il gusto di un’avventura avvincente  QUO-095
26 aprile 2024

«Si trova nel mondo, più spesso di quanto convenga, sotto il nome di cristianesimo, un codice di condotta morale e religiosa la cui preoccupazione principale sembra quella di scoraggiare gli slanci, di colmare gli abissi, di schivare l’audacia, di svuotare la sofferenza, di ricondurre a una conversazione domestica i richiami dell’Infinito».

È l’inverno del 1944 — giusto ottant’anni fa — e sembra vederlo, Emmanuel Mounier mentre scrive L’avventura cristiana nel suo rifugio di Dieulefit, in clandestinità, dopo l’esperienza del carcere per la sua opposizione al governo filonazista di Vichy, con l’Europa trasformata nel più sanguinoso campo di battaglia dagli inizi della storia umana.

Pensa al dopo guerra, il non ancora quarantenne Mounier, si interroga con passione e inquietudine sul futuro del cristianesimo. «Sulla persistenza delle cerimonie e l’ondata sonnolente delle folle, già si scorgono, minuti ma sempre più numerosi come le prime gocce di un uragano, i segni furtivi della più grande tempesta, forse, che debba sommergere gli edifici della cristianità».

Vede, in anticipo, il crollo di una religiosità abitudinaria, anemica, contaminata da uno spirito perbenista e piccolo borghese. Capisce che di fronte allo scettico sarcasmo di Nietzsche e degli altri “maestri del sospetto” padri dell’ateismo moderno, a poco servirà esibire “titoli storici” o il ricco bagaglio della propria teologia. «Il portiere della storia non guarda le loro ragioni, guarda i loro visi».

Non è dunque più urgente, per la Chiesa, «formare degli uomini dimostrativi, oltre a mantenere le dimostrazioni tradizionali in buono stato di servizio?».

Se la casa borghese è una «casa chiusa» e il cuore borghese è un «cuore guardingo, pieno di precauzioni», bisogna chiedere al buon Dio il dono di un cristianesimo «all’aria aperta», non affetto da quel «malumore contro la vita che sfigura tante virtù».

Una vita cristiana che abbia il gusto di un’avventura avvincente, lo sguardo mai ripiegato su di sé. «Se dovessi scegliere degli adepti per un movimento della gioventù cristiana, vorrei far loro a bruciapelo questa domanda: «Pensate spesso alle stelle?», dopo essermi assicurato, beninteso, che prima pensino ai loro piedi». 

di Lucio Brunelli