· Città del Vaticano ·

Il magistero

 Il magistero  QUO-094
25 aprile 2024

Sabato 20

La civiltà
dell’incontro prevalga
sull’inciviltà dello scontro

Celebrate il 70° anniversario dell’istituzione... Provenite da diversi Paesi e da tre continenti, ognuno con le proprie, apprezzate competenze. Così garantite la dimensione internazionale e il carattere pluridisciplinare del Comitato, la cui attività di ricerca, convegnistica ed editoriale si inscrive in una dinamica multiculturale feconda e propositiva.

La bella Collana «Atti e Documenti», festeggia quest’anno anch’essa un settantesimo: il 70° volume edito.

Ciò testimonia un impegno nella ricerca della verità storica su scala mondiale, in uno spirito di dialogo con differenti sensibilità storiografiche e con molteplici tradizioni di studi.

È bene che collaboriate con altri, espandendo le relazioni scientifiche e umane, ed evitando chiusura mentale e istituzionale.

Mantenere questo approccio arricchente, fatto di ascolto costante e attento, libero da ogni ideologia — le ideologie uccidono — e rispettoso della verità.

Sviluppare [una] “diplomazia della cultura”... oggi tanto più necessaria nel contesto del pericoloso conflitto globale a pezzi in atto, al quale non possiamo assistere inerti.

Proseguire nel lavoro di ricerca storica aprendo orizzonti di dialogo, dove portare la luce del Vangelo, quella speranza che non delude.

Mi piace pensare al rapporto tra la Chiesa e gli storici nei termini di prossimità. C’è una relazione vitale tra Chiesa e storia.

San Paolo vi ha sviluppato un’intensa riflessione, ravvisando il punto di incontro privilegiato tra la Chiesa e gli storici nella comune ricerca della verità e nel comune servizio alla verità. Ricerca e servizio.

La Chiesa cammina nella storia, accanto alle donne e agli uomini di ogni tempo, e non appartiene a nessuna cultura particolare, ma desidera vivificare con la testimonianza mite e coraggiosa del Vangelo il cuore di ogni cultura, così da costruire insieme la civiltà dell’incontro.

Invece, le tentazioni dell’autoreferenzialità individualistica e dell’affermazione ideologica del proprio punto di vista alimentano l’inciviltà dello scontro.

Testimoniate di saper resistere a tali tentazioni, vivendo con passione, attraverso gli studi, l’esperienza rigenerante del servizio all’unità, a quell’unità composita e armonica che lo Spirito mostra a Pentecoste.

Sessant’anni fa, in quell’evento benedetto che è stato il Concilio Vaticano ii , San Paolo vi pronunciò parole che suonano come monito a ogni lusinga di compiaciuta autoreferenzialità ecclesiale, dalla quale occorre proteggere il vostro servizio.

Gli studi storici vi rendano maestri in umanità e servitori dell’umanità.

(Alla plenaria del Pontificio comitato
di Scienze storiche)

Preghiera
studio
fraternità e missione

Il nostro incontro si svolge alla vigilia della domenica del Buon Pastore. Voi, seminaristi, avete ricevuto una chiamata dal Signore e, con l’aiuto dei vostri formatori, vi state preparando per essere pastori secondo il Cuore di Cristo.

In altre occasioni ho detto che questo cammino di configurazione con Gesù buon pastore va fatto curando la vita spirituale, lo studio, la vita comunitaria e l’attività apostolica.

Questa integrazione è necessaria, urgente, per diventare sacerdoti completi e rispondere alla vocazione ricevuta, nel dono totale di sé a Dio e ai fratelli, specie a quelli più sofferenti.

Uno tra i tanti santi pastori che ha avuto la terra andalusa nel corso della storia, [è stato] il beato cardinale Marcelo Spínola y Maestre.

Questo maestro di sacerdoti, diceva: «Virtù e scienza sono le due cose che si devono insegnare con preferenza agli aspiranti al sacerdozio, perché la scienza senza virtù gonfia e non edifica e la virtù senza scienza edifica ma non istruisce».

Ciò significa che tutto nel sacerdote — preghiera, studio, fraternità, missione — va unito.

Approfittate di questo tempo di formazione, con il cuore rivolto a Dio, con le mani aperte e un grande sorriso per trasmettere la gioia del Vangelo a quelli che incontrate.

(Ai seminaristi dell’arcidiocesi spagnola
di Siviglia)

Domenica 21

Chiamati
per nome

Questa domenica è dedicata a Gesù Buon Pastore. Nel Vangelo Gesù dice: «Il buon pastore dà la propria vita per le pecore» e insiste su questo aspetto, tanto da ripeterlo per ben tre volte.

Ma in che senso il pastore dà la vita per le pecore?

Essere pastore, specie al tempo di Cristo, non era solo un mestiere, era tutta una vita.

Non si trattava di avere un’occupazione a tempo, ma di condividere le intere giornate, e pure le nottate, con le pecore, di vivere in simbiosi con loro.

Gesù spiega di non essere un mercenario, a cui non importa delle pecore, ma colui che le conosce.

È così, Lui, il Signore, pastore di tutti noi, ci conosce, ognuno di noi, ci chiama per nome e, quando ci smarriamo, ci cerca finché ci ritrova.

Di più: Gesù non è solo un bravo pastore che condivide la vita del gregge; è il Buon Pastore, che per noi ha sacrificato la vita e, risorto, ci ha dato il suo Spirito.

Ecco cosa vuol dirci il Signore con l’immagine del Buon Pastore: non solo che Lui è la guida, il Capo del gregge, ma soprattutto che pensa a ciascuno di noi, e ci pensa come all’amore della sua vita.

Pensiamo a questo: io per Cristo sono importante, Lui mi pensa, sono insostituibile, valgo il prezzo infinito della sua vita.

Non è un modo di dire: Lui ha dato veramente la vita per me, è morto e risorto per me.

Perché? Perché mi ama e trova in me una bellezza che io spesso non vedo.

Quante persone si ritengono inadeguate o persino sbagliate!

Quante volte si pensa che il nostro valore dipenda dagli obiettivi che riusciamo a raggiungere, dal successo agli occhi del mondo, dai giudizi degli altri!

E quante volte si finisce per buttarsi via per cose da poco!

Oggi Gesù ci dice che noi per Lui valiamo tanto e sempre.

Allora, per ritrovare noi stessi, la prima cosa da fare è metterci alla sua presenza, lasciarci accogliere e sollevare dalle braccia amorevoli del nostro Buon Pastore.

Chiediamoci: so trovare ogni giorno un momento per abbracciare la certezza che dà valore della mia vita?

So trovare un momento di preghiera, di adorazione, di lode, per stare alla presenza di Cristo e lasciarmi accarezzare da Lui?

Il Buon Pastore ci dice che se lo fai, riscoprirai il segreto della vita: ricorderai che Lui ha dato la vita per te, per me, per tutti. E che per Lui siamo tutti importanti.

Ai nuovi preti di Roma

Oggi la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni ha per tema “Chiamati a seminare la speranza e a costruire la pace”.

È una bella occasione per riscoprire la Chiesa quale comunità caratterizzata da una polifonia di carismi e di vocazioni al servizio del Vangelo.

In tale contesto saluto i nuovi presbiteri della diocesi di Roma, che sono stati ordinati ieri pomeriggio nella Basilica di San Pietro.

Ricordo di un missionario
instancabile:
padre Pettinari

Con dolore ho appreso la notizia della morte, in un incidente, di padre Matteo Pettinari, giovane missionario della Consolata in Costa d’Avorio, conosciuto come il “missionario instancabile”, che ha lasciato una grande testimonianza di generoso servizio.

(Regina Caeli in piazza San Pietro)

Lunedì 22

I bambini
dei Paesi
in conflitto
riprendano
a sorridere

Rendo grazie al Signore per [il] vostro carisma: l’evangelizzazione dei bambini e dei giovani attraverso l’educazione. Questo Capitolo si colloca nel bicentenario dell’Istituto, e vi offre l’occasione per tornare alle intuizioni fondamentali che hanno guidato il Venerabile Jean-Marie de La Mennais e Padre Gabriel Dashayes.

La loro opera è presente in diversi Paesi, perché hanno creduto che tutto è possibile a chi si affida totalmente al Signore e si mette al servizio dello sviluppo umano integrale di ogni persona.

Non dimenticare da dove proveniamo e conservare la memoria delle motivazioni del nostro agire.

Voi lavorate in regioni dove imperversano povertà, disoccupazione dei giovani, crisi sociali di ogni genere.

Vi esorto a essere per coloro a cui siete inviati padri che riflettono il volto amorevole e compassionevole di Dio.

In un mondo in continuo cambiamento, vi ponete generosamente al servizio dei giovani, attenti alle loro aspirazioni e nello stesso tempo sempre rivolti a Cristo, regola suprema della vostra vita.

Andare dove altri non vanno, in periferia, verso le persone che formano la categoria dei rifiutati, dei feriti dalla vita e delle vittime. Che la vostra presenza sia sorgente di speranza per molti.

Nel vostro spirito di fraternità e di accoglienza riconoscano un altro volto dell’umanità sfigurata dalle guerre, dall’indifferenza e dallo scarto dei più deboli.

Quei bambini, quei giovani, quelle persone hanno anch’essi dei sogni, ma oggi, per tanti motivi, sono sogni frantumati.

Possiate aiutarli a rivivere i loro sogni, a credere in essi e a realizzarli!

I bambini giocano, anche sotto le bombe, nei Paesi in guerra.

Quando vediamo le fotografie di questi Paesi, ci sono bambini che giocano.

Ma una cosa mi colpisce, quando vengono a Roma bambini dell’Ucraina, non sorridono: hanno perso il sorriso.

La guerra fa perdere il sorriso dei bambini. Lavorate perché riprendano la capacità di sorridere!

La Chiesa è una famiglia e tutti noi, nella varietà dei carismi e delle vocazioni, cooperiamo per la salvezza dell’uomo.

In questo mistero di comunione, posso contare sulla vostra fiducia filiale e sul vostro attaccamento al ministero del Successore di Pietro.

Vi incoraggio a lavorare in stretta collaborazione con le diocesi dove siete in missione e con il Popolo fedele di Dio; a tenere lontano dalla vostra vita ogni spirito di orgoglio, di chiusura, di divisione e di pettegolezzo.

Il pettegolezzo fa male alle comunità religiose. Un bel proposito per un religioso e una religiosa sarebbe mordersi la lingua ogni volta che viene voglia di sparlare.

Al termine del Capitolo, rinnoverete la consacrazione dell’Istituto al Cuore Immacolato di Maria.

La vostra pedagogia sia sempre ispirata a colei che, col suo “sì” totale, ha acconsentito che si compisse nella sua persona il progetto salvifico di Dio per l’umanità.

Coltivare lo zelo di mettervi in strada per servire, coltivare l’umiltà, la fiducia in Dio e la gioia di essere servitori della sua tenerezza e della sua misericordia.

(Al capitolo dei Fratelli dell’istruzione cristiana
di Ploërmel)

Mercoledì 24

Fondamento
dell’agire
morale
del cristiano

Nelle scorse settimane abbiamo riflettuto sulle virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. Queste quattro appartengono a una sapienza molto antica, che precede anche il cristianesimo.

Già prima di Cristo si predicava l’onestà come dovere civile, la sapienza come regola delle azioni, il coraggio come ingrediente per una vita che tende verso il bene, la moderazione come misura necessaria per non essere travolti dagli eccessi.

Questo patrimonio tanto antico dell’umanità, non è stato sostituito dal cristianesimo, ma messo bene a fuoco, valorizzato, purificato e integrato nella fede.

C’è nel cuore di ogni uomo e donna la capacità di ricercare il bene. Lo Spirito Santo è donato perché chi lo accoglie possa distinguere chiaramente il bene dal male, avere la forza per aderire al bene rifuggendo dal male e, così facendo, raggiungere la piena realizzazione.

Ma nel cammino verso la pienezza della vita, che appartiene al destino di ogni persona – il destino di ogni persona è la pienezza, essere piena di vita –, il cristiano gode di una particolare assistenza dello Spirito di Gesù.

Essa si attua con il dono di altre tre virtù, prettamente cristiane, che spesso vengono nominate insieme negli scritti del Nuovo Testamento.

Questi atteggiamenti fondamentali, che caratterizzano la vita del cristiano, sono tre: la fede, la speranza e la carità.

Le virtù
cardinali: fede speranza
e carità

Gli scrittori cristiani le hanno chiamate virtù “teologali”, in quanto si ricevono e si vivono nella relazione con Dio, per differenziarle dalle altre quattro chiamate “cardinali”, in quanto costituiscono il “cardine” di una vita buona.

Queste tre sono ricevute nel Battesimo e vengono dallo Spirito Santo. Le une e le altre, sia le teologali sia le cardinali, accostate in tante riflessioni sistematiche, hanno così composto un meraviglioso settenario, spesso contrapposto all’elenco dei sette vizi capitali.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica definisce l’azione delle virtù teologali: «Fondano, animano e caratterizzano l’agire morale del cristiano. Esse informano e vivificano tutte le virtù morali. Sono infuse da Dio nell’anima dei fedeli per renderli capaci di agire quali suoi figli e meritare la vita eterna. Sono il pegno della presenza e dell’azione dello Spirito Santo nelle facoltà dell’essere umano» (n. 1813).

Mentre il rischio delle virtù cardinali è quello di generare uomini e donne eroici nel compiere il bene, ma tutto sommato soli, isolati, il grande dono delle virtù teologali è l’esistenza vissuta nello Spirito Santo.

Il cristiano non è mai solo. Compie il bene non per un titanico sforzo di impegno personale, ma perché, come umile discepolo, cammina dietro al Maestro.

Le virtù teologali sono il grande antidoto all’autosufficienza. Quante volte certi uomini e donne moralmente ineccepibili corrono il rischio di diventare presuntuosi e arroganti!

È un pericolo davanti al quale ci mette bene in guardia Gesù, [che] raccomanda ai discepoli: «Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili”».

La superbia è un veleno potente: ne basta una goccia per guastare tutta una vita improntata al bene.

Una persona può avere compiuto anche una montagna di opere benefiche, può aver mietuto riconoscimenti ed encomi, ma se tutto ciò l’ha fatto solo per sé, può dirsi ancora virtuosa? No!

Il bene non è solo un fine, ma anche un modo... ha bisogno di tanta discrezione, di molta gentilezza... [e] soprattutto di spogliarsi di quella presenza a volte troppo ingombrante che è il nostro io.

Quando il nostro “io” è al centro di tutto, si rovina tutto.

Se ogni azione la compiamo solo per noi stessi, è davvero così importante questa motivazione?

Il povero “io” si impadronisce di tutto e nasce la superbia.

Per correggere queste situazioni che a volte diventano penose, le virtù teologali sono di grande aiuto... soprattutto nei momenti di caduta, perché anche coloro che hanno buoni propositi morali a volte cadono.

Tutti cadiamo, nella vita, perché tutti siamo peccatori. Come anche chi si esercita quotidianamente nella virtù a volte sbaglia: non sempre l’intelligenza è lucida, non sempre la volontà è ferma, non sempre le passioni sono governate, non sempre il coraggio sovrasta la paura.

Ma se apriamo il cuore allo Spirito Santo, il Maestro interiore ravviva in noi le virtù teologali: se abbiamo perso la fiducia, Dio ci riapre alla fede; se siamo scoraggiati, Dio risveglia in noi la speranza; e se il nostro cuore è indurito, Dio lo intenerisce col suo amore.

Decennale
della
canonizzazione di Giovanni Paolo ii

Saluto i polacchi. Sabato prossimo ricorre il decimo anniversario della canonizzazione di san Giovanni Paolo ii . Guardando la sua vita, possiamo vedere che cosa può raggiungere l'uomo accettando e sviluppando in sé i doni di Dio: fede, speranza e carità. Rimanete fedeli alla sua eredità. Promuovete la vita e non lasciatevi ingannare dalla cultura della morte. Per sua intercessione, chiediamo a Dio il dono della pace per la quale egli, come Papa, si è tanto impegnato.

(Udienza generale in piazza San Pietro)