· Città del Vaticano ·

Nelle favelas di Rio de Janeiro si moltiplicano gallerie e spazi espositivi per strappare i giovani a una quotidianità fatta di violenza e narcotraffico

Brasile
Dall’arte un ponte per la vita

Brazilian artist Maxwell Alexandre shows one of his studios at the Rocinha favela in Rio de Janeiro, ...
20 aprile 2024

L’arte come via di fuga da violenza e povertà. È la visione di un gruppo di artisti brasiliani che ha raccolto la sfida di aprire gallerie ed organizzare mostre in spazi espositivi ospitati nel cuore delle favelas di Rio de Janeiro. Si chiamano Maxwell Alexandre, Allan Weber, Malvo: in comune hanno l’idea che l’arte non sia «qualcosa di esclusivo», per pochi, spiega all’agenzia Afp Maxwell Alexandre, che l’anno scorso ha aperto lo spazio “Pavilhao 2” a Rocinha, la seconda favela più popolosa del Brasile, dov’è nato 33 anni fa. Questo non vuole dire che le sue opere non abbiano mai varcato i confini del Paese: nel 2023 ha tenuto una mostra in Francia, precedentemente anche in Spagna e Stati Uniti.

Alcune delle sue opere raffigurano scene ispirate alla vita quotidiana di Rocinha, slum di 180.000 abitanti dove nella povertà generale si consuma la guerra tra gang per il controllo del narcotraffico e degli affari illeciti. Ma l’artista non si accontenta di mostrare le proprie opere. Vuole anche venderle a un prezzo accessibile: 1.000 reais, circa 185 euro. Si tratta di cifre che, anche se lontane da quelle del mercato dell’arte, sono tuttavia fuori dalla portata di molti residenti. Eppure l’insegnante Mariana Furloni si dice comunque entusiasta dell’esposizione: «È fantastica, perché l’arte è generalmente molto elitaria» e le gallerie di Rio, spiega, sono concentrate soprattutto nei quartieri benestanti.

Qualche chilometro più a nord, c’è un’altra galleria: l’ha aperta nel 2020 Allan Weber, artista trentunenne della favela “Cinco Bocas”. Le sue opere sono state esposte di recente alla fiera d’arte contemporanea di Miami, ma nel suo spazio espositivo di Rio de Janeiro punta a dare risalto ad artisti meno conosciuti. «È un luogo di scambio tra la favela e chi viene da fuori» dice, spiegando che l’ha fondata pensando a coloro che non hanno accesso ai grandi musei come pure a chi ha sempre avuto timore di visitare le zone periferiche. Da settembre la galleria espone “Tô de Pé — Sono in piedi”, una mostra del giovane artista Cassio Luis Brito da Silva, 22 anni, soprannominato Malvo, che presenta foto di feste al ritmo di musica carioca, sculture fatte di sigarette e dipinti impressi su vecchi cellulari. Ma le attività della galleria non si fermano qui. Si porta avanti pure un progetto sociale che vuole avvicinare all’arte tutti i giovani della favela, come fosse un “ponte”. Tra loro c’è anche il figlio di Cintia Santos de Lima. «È affetto da autismo e prima non usciva quasi mai», racconta la donna: la galleria è diventata, assicura, «un bene per tutti noi». (giada aquilino)