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Il racconto

Solidarietà che unisce

 Solidarietà che unisce  QUO-088
17 aprile 2024

«Il nostro pensiero va alle popolazioni in guerra. Pensiamo alla Terra Santa, alla Palestina, a Israele. Pensiamo all’Ucraina, la martoriata Ucraina». All’udienza generale Papa Francesco torna a farsi voce delle speranze di pace del mondo di fronte ai due tragici conflitti che insanguinano il Medio Oriente e l’Europa dell’est. E il dramma del popolo ucraino, in particolare, si riflette sui volti sofferenti di Viktorija Kalic e di don Marjan Zovak, presenti stamane in piazza san Pietro. Sono i referenti di “Accompanying when trauma hits”, un corso svoltosi dal 3 al 17 aprile presso l’Università pontificia Salesiana a Roma, dedicato a quanti non riescono a superare lo shock causato da violenze e guerre. Senza dimenticare ciò che sta accadendo nello scenario bellico mediorientale: «Abbiamo voluto venire qui oggi, nell’ultimo giorno del corso, per chiudere questa bella esperienza davanti al Pontefice» spiega la giovane donna ucraina. «In queste due settimane — aggiunge — 26 educatori delle strutture salesiane e diocesane dell’Ucraina e del Medio Oriente hanno ricevuto una formazione in grado di prepararli a operare nei loro contesti di origine, trasmettendo competenze per trasformare l’ambiente socio-educativo e gestire in modo preventivo le esperienze traumatiche». Il programma, frutto della collaborazione tra ateneo, Fondazione Don Bosco e Don Bosco Network, è suddiviso in tre aree tematiche — pedagogica, psicologica e di impostazione salesiana — guidate da esperti in ciascuna disciplina, che si occupano di individuare percorsi di psicoeducazione. «L’ispirazione è sorta — continua Viktorija — grazie alle ispettorie salesiane situate in queste aree di conflitto, che condividono le sofferenze delle popolazioni locali e hanno espresso la necessità di un intervento strutturale». La risposta è allora arrivata dalla Facoltà di Scienze dell’educazione dell’Università pontificia, che ha sviluppato un percorso formativo pilota, capace di fornire un modello applicabile anche ad altri contesti di emergenza.

Un analogo percorso, nell’ottica della solidarietà e dell’assistenza, è stato seguito anche da un’associazione di donne ucraine presenti in piazza con il rettore dell’arcicattedrale di San Giorgio a Leopoli, Roman Kravchyk, e l’ambasciatore presso la Santa Sede, Andrii Yurash. Di ragazze madri che vivono nella povertà assoluta, ammassate nelle baraccopoli di Nairobi, in Kenya, si occupa invece il progetto presentato al Pontefice da Arnoldo Mosca Mondadori, presidente della Fondazione “Casa dello spirito e delle arti”. Esso, ha spiegato, prevede di accogliere 15 donne con i loro bambini in una casa dove potranno svolgere lavori come la produzione di ostie e con il guadagno diventare più autonome.

Presente all’udienza generale anche un nutrito gruppo di studenti dell’Istituto “De Castro” di Oristano, la maggior parte dei quali proveniente da situazioni particolari di povertà e di disabilità cognitive e fisiche. Ciò non ha impedito loro — tiene a precisare l’insegnante di religione don Massimiliano Giorri — di «creare dei ponti con il territorio portando avanti progetti di inclusione anche tra coetanei e attivandosi negli ambiti della carità e della salvaguardia del creato».

Hanno festeggiato invece significativi anniversari di ordinazione alcuni gruppi di sacerdoti presenti in piazza: 50 anni i religiosi della congregazione di San Giuseppe (Giuseppini del Murialdo), 30 anni i preti provenienti dalla diocesi di Milano e 25 quelli giunti da Andria insieme con il loro vescovo Luigi Mansi: tutti sono stati ricordati dal Papa nei saluti.

La statua di sant’Antonio Abate, patrono di Agerola, è stata portata a Francesco per la benedizione da don Giuseppe Milo, che guida la parrocchia di San Pietro apostolo nella cittadina campana. «Ricorrono — racconta — i trecento anni dalla ricostruzione del busto raffigurante il santo, contenente una sua reliquia. Accanto all’effigie, inoltre, abbiamo messo la nuova croce, in sostituzione di quella trafugata qualche tempo fa. Vogliamo così rendere testimonianza della nostra fede in Cristo attraverso il patrono, che ci invita ancora alla preghiera e al silenzio in tempi drammatici».

di Rosario Capomasi