· Città del Vaticano ·

La ragazza cristiana è detenuta in una prigione israeliana in regime di detenzione amministrativa

La lunga notte di Layan

 La lunga notte di Layan  QUO-088
17 aprile 2024

Sono le quattro del mattino, del primo sabato di aprile. Le strade di Birzeit, una cittadina della Palestina, sono ancora buie e deserte. Il silenzio nella casa della famiglia Nasir è improvvisamente rotto da violenti e ripetuti colpi alla porta. Assonnata, la mamma Lulu Aranki si affretta ad aprire la porta e davanti le appaiono 15 soldati israeliani armati. Cercano sua figlia Layan di 23 anni, ma non hanno in mano alcun mandato d’arresto per un’accusa circostanziata. Aranki e suo marito Sami cercano di capire cosa stia succedendo ma vengono zittiti a brutto muso con le pistole puntategli contro, come poi racconteranno in un crescendo di ansia e disperazione ai cronisti del quotidiano inglese «The Guardian». Inglese, perché la giovane Layan e la sua famiglia sono cristiani, cattolici e anglicani. Venti minuti dopo l’irruzione, Layan è portata via dai militari, bendata e ammanettata, senza che ai suoi genitori sia permesso di salutarla, o di capire di cosa sia accusata. Per quanto è dato sapere Layan è al momento l’unica cristiana detenuta in una prigione israeliana in regime di detenzione amministrativa.

In realtà Layan non è accusata di nulla. Viene prelevata in regime di “detenzione amministrativa”. Come altri 3.500 palestinesi in questo momento. Che cos’è la detenzione amministrativa in Israele? In pratica consiste in un lungo fermo di polizia, disposto dalle autorità militari (il comandante militare dei Territori occupati o un suo delegato), che si differenzia dal fermo di polizia praticato negli Stati democratici occidentali sotto due profili: la motivazione e la durata. Infatti, mentre il fermo di polizia è eseguito in relazione al sospetto di un reato commesso, la detenzione amministrativa ha un carattere “preventivo”, riguarda cioè la possibilità che il soggetto arrestato commetta un reato in futuro, anche se non ha alcun precedente penale. Quindi in via teorica chiunque potrebbe essere arrestato senza alcuna colpa, o sospetto di colpa, accertata. Il soggetto colpito dal provvedimento non è intitolato a conoscerne subito le motivazioni, quindi non può confutarle. Quanto alla durata, la detenzione è di sei mesi, ma prima della scadenza del termine, se le autorità militari ritengono che permangano le ragioni che l’hanno motivata, possono chiederne la reiterazione anche più volte. In sostanza si può rimanere in uno stato di detenzione, senza un’accusa precisa da cui difendersi e senza un processo, per un tempo indefinito. In alcuni, non pochi, casi la detenzione amministrativa è proseguita anche per anni. Entro 8 giorni dall’arresto, o dalla reiterazione, il caso deve essere portato all’esame di un giudice militare, che però quasi sempre lo ratifica.

Il provvedimento di detenzione amministrativa in un piccolo numero di casi è stato applicato anche nei confronti di cittadini israeliani, non solo di provenienza araba, ma anche per esempio a coloni israeliani particolarmente violenti. In media circa un centinaio di persone ogni mese vengono sottoposte alla detenzione amministrativa, in alcuni casi riguardando anche minori di 18 anni. Il caso di Layan, differentemente dagli altri, ha creato un certo rumore in ragione di un Tweet pubblicato su x dal Primate anglicano, l’arcivescovo Justin Welby, che ha espresso la sua viva preoccupazione sul caso, insieme all’auspicio che la ragazza venga presto liberata. Secondo i dati forniti dall’ong palestinese per i diritti umani Addameer, i casi di detenzione amministrativa dopo il 7 ottobre sarebbero aumentati considerevolmente da circa 1.300 a oltre 3.500. Il «New York Times» ha rivelato che quando tra il 24 e il 30 novembre scorso venne negoziato un cessate-il-fuoco a Gaza, che consentì il rilascio di 105 ostaggi prigionieri di Hamas, dei circa 240 palestinesi contestualmente liberati da Israele, circa 3/4 di essi provenivano dalla detenzione amministrativa, o comunque non risultavano condannati per un crimine commesso.

Layan era stata già arrestata tre anni fa, mentre era ancora studentessa, con l’accusa di appartenere ad un’associazione universitaria di sinistra considerata illegale dal governo di Israele. Molte organizzazioni umanitarie, anche internazionali, e anche media israeliani come il quotidiano «Haaretz» hanno recentemente sollevato il problema, accanto all’istituto della detenzione amministrativa, delle effettive condizioni di vita all’interno delle carceri israeliane, che, malgrado le richieste di ulteriore inasprimento formulate dal ministro della Sicurezza nazionale, il nazionalista religioso Itamar Ben Gvir, appaiono già ora eccezionalmente dure e lesive della dignità dei prigionieri.

da Gerusalemme
Roberto Cetera