· Città del Vaticano ·

L’arcivescovo prelato di Pompei, Tommaso Caputo, ha celebrato cinquant’anni di sacerdozio

Sotto la luce
e la guida di Maria

 Sotto la luce e la guida di Maria  QUO-087
16 aprile 2024

«Grazie, Maria!». L’inno di riconoscenza scaturito dal cuore di monsignor Tommaso Caputo per il suo cinquantesimo di ordinazione sacerdotale è risuonato sotto forma di preghiera alla Vergine durante la celebrazione eucaristica presieduta sabato sera, 13 aprile, nel santuario di Pompei. «Affido a Te il mio rendimento di grazie, mentre rinnovo la mia totale consacrazione a Dio» ha scandito rivolgendosi alla Madonna del Rosario venerata nel tempio mariano, dove numerosi confratelli nell’episcopato, sacerdoti, religiosi, autorità civili e fedeli si sono uniti alla lode e al ringraziamento dell’arcivescovo prelato per «il dono del sacerdozio» ricevuto il 10 aprile 1974 dall’allora arcivescovo di Napoli, il cardinale Corrado Ursi.

Mezzo secolo di ministero presbiterale sotto la luce della misericordia di Dio e la guida della Madonna: un itinerario spirituale e pastorale distintosi «per i servizi resi alla nostra carità fraterna — come ha sottolineato Papa Francesco in un breve messaggio in latino inviato nella circostanza al presule — e per il sollecito impegno svolto a favore della salvezza delle anime, nel quale è animato dal costante e sapiente servizio a Cristo e al bene della sua Chiesa, sostenendo premurosamente nella carità il popolo di Dio, della cui gioia è divenuto collaboratore».

In contesti e ambienti diversi — prima in parrocchia, poi nella Segreteria di Stato e nelle rappresentanze pontificie, infine a Pompei — il sacerdozio di monsignor Caputo si è sempre nutrito della consapevolezza che il prete «per essere tale, dev’essere un crocifisso vivo come lo fu Gesù». Impegno che — ha confidato — «fa tremare i polsi», ma di cui «oggi sento il debito di dover rendere conto», confortato dalla certezza «che l’amore di Dio per me è stato immenso e si è manifestato, in modo particolare, tutte le volte nelle quali sono stato sostenuto dalla Sua infinita misericordia per gli errori commessi, accolti dal Suo divino perdono».

«Quante volte — ha riconosciuto l’arcivescovo — ho sentito Maria vegliare sui miei passi e su questa Chiesa particolare a me affidata! Quante volte ho sperimentato, meditando i misteri del Rosario, come la Beata Vergine, Madre di Dio e Madre nostra, è davvero la porta per andare verso Cristo Salvatore». Proprio Pompei — «il luogo dove innumerevoli eventi di grazia parlano con più eloquenza e raccontano ogni giorno e a ogni passo il compimento della storia della salvezza» — è stata il terreno fertile della maturità sacerdotale di monsignor Caputo. «Questa città così straordinaria che racconta il Vangelo fin nelle pietre — ha detto — è diventata da undici anni l’esigente verifica del mio sacerdozio e del mio apostolato». E non poteva essere altrimenti, alla luce dell’esperienza personale di monsignor Caputo e di una vocazione che ha avuto come sbocco quasi naturale l’approdo nella cittadella mariana, dove fede e carità da 150 anni incrociano quotidianamente le loro strade, dando vita a «una sola grande opera del Signore per mano e per cuore di Maria». Da qui l’invocazione finale rivolta alla Madonna del Rosario: «Tu, icona della nuova umanità, possa sostenere e vivificare la mia vita nell’annuncio della gioia del Vangelo, frutto della contemplazione con i tuoi occhi, nella preghiera del Rosario, del volto di Cristo Risorto».