· Città del Vaticano ·

La buona Notizia
Il Vangelo della IV domenica di Pasqua (Gv 10, 11-18)

Il gregge si affida
all’amore del pastore

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16 aprile 2024

Dando la propria vita, il Signore fa la storia, una storia che si distacca da qualsiasi precedente o attesa. Per rassicurare i suoi discepoli, spiega loro in prospettiva ciò che noi comprendiamo in retrospettiva dell’imminente futuro, che per noi è il lontano passato. Morirà per scelta, come atto d’amore. Come trovare una metafora per descrivere un evento che non ha precedenti, che si verificherà nella trasformazione profonda della conoscenza umana di Dio? Ci sono eroi che muoiono per difendere una fede, una città o una nazione, o per onorare una causa destinata a fallire. Ma che significato può avere la morte di Gesù? C’erano stati, e ci sarebbero stati, molti martiri ebrei per la loro fede. Perché questa morte, quando il mondo aveva tanto bisogno del suo insegnamento e della sua guarigione? Perché quell’uomo doveva incarnare la santità e poi sacrificare di buon grado e volutamente una vita così preziosa per tanti?

Conosciamo la ragione: perché noi non morissimo, ma avessimo la vita eterna. La conosciamo perché i discepoli l’hanno compresa durante i loro incontri con il Cristo risorto e alla presenza dello Spirito santo. Sono tutte affermazioni della loro successiva credenza che nella morte di Gesù è stata cambiata la realtà stessa. Non c’era motivo perché i discepoli — perché chiunque — prevedessero che la sua morte potesse avere questi effetti. Fu un grande atto di Dio, eguagliato solo dalla creazione stessa.

Ma Gesù volle consolare i suoi amici e aiutarli a comprendere quel che stava per accadere. Essi conoscevano la figura del buon pastore dalle Scritture ebraiche, per esempio in Salmi, 23. L’uso che Gesù fa della metafora la trasforma da un’immagine del pastore come custode e protettore all’immagine di una sua identificazione talmente profonda con il gregge da dare la propria vita per esso. Il pastore lo fa perché le pecore gli appartengono. Le pecore sono presenti ovunque nelle Scritture. La distinzione che Gesù fa qui è tra la cura che mantiene in vita e in salute un gregge, e l’umanità, i verdi pascoli e le acque tranquille che possiamo accettare, e accettiamo, come comune nutrimento, e l’amore appassionato che sta dietro al dono divino di tutte le cose buone. Senza un attacco, che richiede così tanto alla dedizione del pastore, il gregge difficilmente saprebbe che il pastore lo ama per tutto il giorno, ogni giorno, e che la prova del suo amore è sempre stata imminente, senza che il pastore abbia dovuto agire per questo.

Gesù ci ha detto che le pecore conoscono e ascoltano la voce del loro pastore e che lui le conosce per nome. Le persone creano un legame con i propri animali. Tuttavia, la perdita di una vita umana per difendere le pecore sembra sproporzionata, stravagante, proprio come appare estrema la morte del Figlio dell’Uomo per un’umanità inconcludente: un atto che solo l’esperienza della più grande devozione può iniziare a rendere comprensibile. L’amore è stravagante per natura, e Dio è amore. 

di Marilynne Robinson